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“La Sanità siciliana mi ha salvato la vita. Ma servono fondi”. L’appello di Giudice

Il segretario di Cgil Caltanissetta è vivo "grazie al reparto di neurochirurgia dell'ospedale Garibaldi di Catania". E a un mese dall'intervento al cervello chiede maggiori risorse per il settore. Senza dimenticare le storiche vertenze del territorio

“Cinquecentomila euro. Non sono nulla in confronto a quanto si spende per la Sanità, circa la metà del bilancio della Sicilia da venti miliardi. Eppure il professor Giovanni Nicoletti che mi ha operato al cervello al Garbaldi di Catania non aveva a disposizione nemmeno una tac intraoperatoria di questo costo”. Lo dice Ignazio Giudice, segretario operativo di Cgil Sicilia e segretario generale del sindacato a Caltanissetta. Esattamente un mese fa si trovava in terapia intensiva nel reparto di neurochirurgia dell’ospedale etneo.

“Liste d’attesa di 500 persone”

“Ho subito ore di intervento e poi dopo sono stato trenta ore in terapia intensiva. Nelle stesse ore in cui io ero lì per una emergenza in un reparto con solo 20 posti letto c’era una lista d’attesa di 500 pazienti per gli interventi programmabili”, racconta in diretta a FocuSicilia Giudice, che dopo un malore il 29 maggio e la corsa in ospedale nella sua Gela, dopo gli accertamenti che hanno evidenziato il tumore alla testa è stato prontamente trasferito nel reparto specialistico dell’ospedale di Catania. Una vicenda personale, conclusasi nel migliore dei modi, che per il sindacalista fa uce su alcuni scenari della Sanità siciliana spesso sottovalutati. “Ho sofferto di emicrania, ma non ho mai fatto un controllo in 45 anni. Nell’emergenza mi sono ritrovato uno staff eccezionale, che ringrazio nuovamente. Ma che opera senza avere i migliori mezzi”. Una situazione che porta i cittadini a emigrare in cerca di cure, e la Sicilia a spendere troppo per le cure fuori dalla Regione. “Potenziare mezzi e personale costerebbe molto meno”, fa notare il sindacalista.

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A Gela ci sarà un reparto di neurologia

Giudice ha raccontato la sua vicenda pubblicamente già nelle scorse settimane, perché convinto “che quel poco di notorietà che ho possa contribuire a cambiare le cose”. Un convincimento fatto proprio anche dal sindacato a livello regionale, con il segretario Alfio Mannino che nei giorni scorsi ha rilanciato, insieme al segretario della Funzione Pubblica Gaetano Agliozzo, un appello affinché dopo le assunzioni per l’emergenza Covid “si passi alle stabilizzazioni, non ai tagli“. E le cose, ne è convinto Giudice, possono cambiare a iniziare dalla sua città Gela. “Mi stavo occupando del tema del potenziamento dell’ospedale Vittorio Emanuele due giorni prima del ricovero ero a Palermo all’assessorato”. Giudice è tornato nel capoluogo pochi giorni fa “e mi hanno dato la notizia che giorno 12 aprirà il reparto di neurologia atteso da anni. Credo che spesso molti parlino senza poi agire nel territorio: le cose vanno denunciate non per il gusto della polemica, ma per fare qualcosa di concreto”.

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Infrastrutture: “Per ogni applauso ricevuti due pugni”

L’impegno sulla Sanità è però solo l’ultimo di tante vertenze per il territorio, che è destinatario di ingenti finanziamenti infrastrutturali per porto, ferrovia. Nuovi investimenti da 800 milioni sono previsti per lo sfruttamento di due giacimenti dl gas naturale da parte di Eni, che dovrebbe completare l’opera di riconversione dello storico e inquinante impianto pereolchimico. Il totale delle opere previste facirca un miliardo e mezzo di euro. Investimenti finora rimasti sulla carta, se non per alcune opere secondarie. Giudice non nasconde l’amarezza per gli accordi pubblici presi, e mai giunti a compimento, con due membri dell’esecutivo Conte bis: il ministro per il Sud Giuseppe Provenzano e il viceministro alle Infrastrutture Giancarlo Cancelleri, oggi sottosegretario anche nel governo Draghi. Ed entrambi, peraltro, provenienti dalla provincia nissena. “Ho consegnato personalmente le richieste per il territorio ai due ministri, e nessun punto dei dieci è stato attuato. Nel frattempo il porto ha più sabbia di prima, l’autostrada è rimasta ferma a Ispica e mai un metro in cinquant’anni è stato fatto a Gela”. Un quadro che non sembra essere cambiato con il nuovo governo guidato da Mario Draghi, con il Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che non prevede interventi specifici per il territorio come richiesto negli scorsi mesi da Cgil, Cisl e Uil. Per il sindacalista il piano “è molto deludente. Eppure tutto quello che si potrebbe inserire vale più dei fondi della Cassa del Mezzogiorno. Credo che quello che viene detto nei comizi valga poco. Per ogni applauso fatto, abbiamo ricevuto due pugni”.

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“Su 265 mila persone, 92 mila sconosciute al fisco”

Sanità e infrastrutture mai realizzate sono però affiancate a un terzo problema, di pari urgenza: la legalità. Un problema diventato ancora più evidente il 3 giugno 2020 con l’omicidio di Adnan Siddique, trentaduenne pakistano residente a Caltanissetta, e accoltellato per aver difeso dei connazionali costretti a lavori massacranti nei campi. “Nel processo contro la Stidda, il corrispondente di Cosa Nostra nel resto della Sicilia, saremo parte civile. Le condizioni di lavoro vedevano 12 euro al giorno, e non ci sono aggettivi per descrivere quello che viene fatto da questi delinquenti”. Ma per Giudice non bastano i processi, quello che deve esserci “sono i controlli, con ispettori del lavoro numerosi e presenti. Ma al momento nessuno fa controlli”. Nella provincia inoltre, “su 265 mila abitanti, 92 mila sono sconosciuti al fisco. Questo dà le proporzioni di un problema enorme. Che è lo stesso per cui nessuno a oggi viene a investire qui, anche perché una vertenza per un mancato pagamento è complicatissima”. Un dato confermato da Questione Giustizia, che negli scorsi mesi ha stilato una classifica del costo medio di un procedimento civile e penale nei tribunali italiani. Caltanissetta è il tribunale più caro d’Italia, con rispettivamente 2059 euro per il penale e 644 per il civile, calcolando solo gli esborsi medi per lo Stato. E subito dopo c’è Gela. “Nonostante questo, abbiamo enormi potenzialità soprattutto turistiche. Credo che bisogna solo fare le cose, costringendo la politica all’angolo per agire”, conclude il sindacalista.

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Leandro Perrotta
Leandro Perrotta
Catanese, mai lasciata la vista dell'Etna dal 1984. Dal 2006 scrivo della cronaca cittadina. Sono presidente del Comitato Librino attivo, nella città satellite dove sono cresciuto.

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