Nel 2023 l’economia siciliana resterà – ben che vada – sui livelli del 2022. Quattro aziende siciliane su cinque prevedono di chiudere l’anno in utile, mentre una dichiara di non avere questa certezza. Il Pil cresce dell’1,3 per cento, “in linea con l’anno precedente“, soprattutto grazie “al calo dei costi energetici e all’incremento dei prezzi“. Sono i dati dell’Aggiornamento sull’economia della Sicilia pubblicato da banca d’Italia. Le imprese dell’Isola faticano – in particolare l’edilizia, “per il progressivo indebolimento degli incentivi fiscali” – e hanno bisogno di contributi pubblici per molti investimenti fondamentali. “Nei primi nove mesi dell’anno oltre un terzo ha ottenuto incentivi per la Transizione 4.0“. L’innovazione non è l’unico settore in cui le aziende siciliane chiedono un aiuto economico allo Stato. “Circa un quinto ha avuto incentivi per l’efficienza energetica e l’autoproduzione da fonti rinnovabili, e una quota analoga ha ricevuto altri incentivi, per esempio su ricerca e sviluppo, internazionalizzazione o formazione“.
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Addio al Superbonus, pagano le costruzioni
L’economia dell’Isola, insomma, vive un momento di bonaccia. Con alcuni segnali preoccupanti, messi nero su bianco nel report. Le imprese infatti “risentono dell’indebolimento della domanda interna ed estera“, e se reggono è solo “grazie al calo dell’energia, che ha contribuito a sostenere la redditività e l’accumulazione della liquidità”. Alcuni settori sono più colpiti di altri. Come detto il mattone risente della progressiva cancellazione degli incentivi. Banca d’Italia cita i dati di Enea, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile, secondo cui “il numero complessivo di asseverazioni per interventi relativi al Superbonus è cresciuto del 10 per cento nel primo semestre del 2023, a fronte del 73 del semestre precedente”. Il giro d’affari innescato dagli incentivi è significativo. “Alla fine di giugno il numero di interventi realizzati dall’introduzione della misura era pari in Sicilia a oltre 26.300 (di cui poco più di 3.800 in condomini), cui corrispondevano investimenti per quasi cinque miliardi“.
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L’industria va peggio che nel Mezzogiorno
Ad arretrare nell’Isola è anche l’industria. “L’attività del settore, che aveva ristagnato
lo scorso anno, è diminuita nella prima parte del 2023″. In particolare “è proseguito il calo in atto dall’ultimo trimestre del 2022, che si è associato a una diminuzione delle esportazioni di merci. Sia per la componente petrolifera, sia per il complesso degli altri settori”. Per determinare le dimensioni del calo, Bankitalia ha condotto un sondaggio su oltre 150 imprese industriali siciliane con almeno venti addetti. Il risultato è che “le aziende che nei primi nove mesi del 2023 hanno registrato un fatturato superiore allo stesso periodo dell’anno precedente hanno ancora prevalso su quelle che ne hanno subito un calo”. Al contempo però “il saldo tra le due quote si è ridotto significativamente rispetto al 2022”, con un andamento “simile tra le classi dimensionali di impresa“. Da qui la conclusione che in Sicilia il calo del settore industriale “è stato più intenso rispetto a quello registrato nella media del Mezzogiorno”. E di conseguenza del resto d’Italia.
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Lavoro in crescita, ma l’inflazione mangia tutto
Se in generale il quadro è di stagnazione, alcuni indicatori sono positivi, a cominciare dall’occupazione. “Nel primo semestre del 2023 è proseguito il miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro siciliano. Il tasso di attività è salito, collocandosi su livelli superiori a quelli osservati in regione prima della pandemia”. L’effetto positivo dell’aumento dell’occupazione, precisano però i tecnici di Banca d’Italia, viene completamente assorbito dall’aumento dei prezzi. “I consumi delle famiglie siciliane, valutati in termini reali, registrerebbero nel 2023 una decisa decelerazione. In conseguenza della riduzione del potere d’acquisto dovuta al perdurare di elevati livelli di inflazione”. Il report dà conto del contributo delle diverse categorie produttive all’aumento del lavoro. “L’incremento dell’occupazione ha interessato i lavoratori alle dipendenze; nel settore privato non agricolo, le attivazioni, al netto delle cessazioni, sono state trainate in particolare dalla componente a termine e dal settore del turismo“. Uno dei comparti con maggiore crescita.
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Bene gli aeroporti, ma pesa l’incendio di Catania
Nello specifico “l’incremento è stato trainato dai pernottamenti di stranieri (46 per cento del totale) ed è stato superiore nelle strutture extra-alberghiere“. Il numero di passeggeri negli scali siciliani “è cresciuto dell’11,3 per cento nei primi otto mesi del 2023 (62,0 per cento nel 2022). In linea con la media del Mezzogiorno, ma meno che in quella nazionale”. Su questo, ipotizzano i tecnici, pesa anche l’incidente avvenuto in estate a Fontanarossa. Bankitalia cita infatti “la temporanea sospensione delle operazioni di volo nello scalo di Catania a causa dell’incendio sviluppatosi nell’aerostazione nel mese di luglio, con conseguente dirottamento dei voli su altri scali“. Quanto ai porti, “è proseguita la crescita del traffico passeggeri (26,1 per cento nei primi sei mesi del 2023), con un incremento notevole dei crocieristi (75 per cento)”. Scende invece la movimentazioni di merci, “che però non ha interessato il petrolchimico (che rappresenta il 60 per cento circa del totale) il cui traffico è rimasto sostanzialmente invariato”.