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Sicilia, trent’anni in retromarcia: peggiora la qualità della vita

Dal 1990 a oggi, le città capoluogo hanno fatto tutte passi indietro. Caltanissetta è ultima. A pesare non sono solo ricchezza e lavoro ma il fattore demografico: la regione si sta svuotando

Ci si abitua a tutto, anche a stare in coda alle classifiche. Ma c’è stato un tempo, non troppo lontano, nel quale la qualità della vita non era così disastrosa. Guardando all’annuale graduatoria del Sole24Ore, oggi Caltanissetta è il capoluogo italiano dove si vive peggio. Ed è accompagnato, nelle ultime 11 posizioni, da altri sei siciliani. Non una sorpresa, viste le ultime annate. Trent’anni fa (o poco meno) il quadro era diverso. Non brillante ma diverso. Nessuna provincia dell’isola si piazzava oltre la 100esima posizione. Nel 1991, Enna si è addirittura arrampicata fino alla 17esima.

Qualità della vita: da male a malissimo

La graduatoria del Sole24Ore, nel 2019 compie trent’anni. E per l’occasione offre anche un archivio dati per andare indietro nel tempo. Due numeri raccontano la caduta siciliana: nel 1990, la posizione media dei capoluoghi siciliani era l’84esima. Non proprio al vertice, ma comunque decisamente meglio dell’attuale: 98esima. In pratica, la città che oggi rappresenta l’eccellenza (Ragusa, in 80esima piazza), trent’anni fa sarebbe stata vicina al valore “medio”. È la testimonianza di un arretramento complessivo di tutta la regione e non solo di alcune sue aree.

Non solo ricchezza: la Sicilia si svuota

La classifica, com’è normale che sia, ha avuto oscillazioni (dovute anche ai parametri, cambiati nel corso del tempo) ed evidenziato differenze corpose tra una provincia e l’altra. Si notano però alcune costanti. La maggior parte dei capoluoghi siciliani ha raggiunto il proprio apice nella prima metà degli anni ’90. Da lì, un lento calo che pare essersi interrotto solo nei primi anni 2000, anche se con un recupero minimo. Una nuova flessione pare coincidere con la crisi del 2008-2009. Un colpo, dal quale la regione non si è ancora ripresa, che segna lo stretto legame tra condizioni economiche e qualità della vita. Per condizioni economiche, però, non vanno intese solo “ricchezza e consumi” (che non hanno mai brillato). Ci sono infatti altri parametri in cui il deterioramento è ancor più evidente, come quello dei demografici: la Sicilia si sta svuotando.

Il collasso di Enna, l’ultimo posto di Caltanissetta

Il caso più eclatante di tracollo è Enna. Nel ’91 è riuscita a raggiungere la 17esima piazza. Era prima (sì, prima) per ambiente e servizi (con la più bassa mortalità per tumore) e seconda per “demografia e società” (la sezione che include i trasferimenti di residenza). In sintesi: si stava bene (nonostante una ricchezza non certo da record), tanto da non sentire l’esigenza di emigrare. Oggi Enna è 104esima, ultima per “cultura e tempo libero”. Caltanissetta, che quest’anno si è schiantata in ultima posizione, trent’anni fa era 83esima e nel 1994 (anno in cui ha ottenuto il record di nuovi nati) 74esima. Ha perso parecchio terreno anche Messina, passata dall’81esima alla centesima piazza. Anche qui: i passi indietro non sono solo in termini di ricchezza. Nella prima metà degli anni ’90, nonostante ricchezza e consumi ridotti, la città dello Stretto si distingueva per i pochi fallimenti d’impresa e per i pochissimi trasferimenti di residenza. Il tracollo demografico pesa anche su Agrigento, che nel 1996 aveva raggiunto il 64esimo posto e oggi si ritrova alla 102esima dopo aver toccato il fondo nel 2009.

Le più costanti: Siracusa, Ragusa, Trapani

Siracusa è 90esima, dopo aver perso nove posizioni in tre decenni. A colpire non è tanto lo scivolone: la città rappresenta la massima espressione del caso demografico siciliano, con la cittadinanza passata in un quarto di secolo da ricchezza a risorsa in fuga. Nel ’94 e nel ’95, Siracusa è stato il primo capoluogo italiano per “demografia e società”. Nel 2016 si è ritrovata ultima nello stesso indicatore. Molto simile il percorso si Trapani, oggi 101esimo e trent’anni fa alla posizione numero 92. Ragusa è tra le più costanti: niente corse in avanti, ma neppure picchiate. Oggi è la migliore tra le città capoluogo, in 80esima posizione. Nel 1990 era solo tre posizioni più avanti e come miglior risultato ha il 61esimo posto del 1992. Perché, tutto sommato, ha retto? Non certo per la ricchezza e i consumi, che vedono Ragusa tra le ultimissime. E neppure per affari, tempo libero e servizi. Quello che ha retto meglio è stato proprio la voce “demografia”. Che, nonostante qualche passo indietro (nel 2004 nessun’altra città ha registrato meno trasferimenti di residenza) resta tra le migliori trenta.

L’attrattività di Palermo e Catania

Costanti sono anche i due maggiori capoluoghi: Catania ha perso solo due posizioni (alla 95 alla 97esima); Palermo cinque (dalla 93sima alla 98esima). Le loro classifiche non sono certo lusinghiere. In entrambe, ci sono segni di vitalità alla voce “cultura e tempo libero”, ma sono pessimi gli indicatori di “ambiente e servizio”, oltre a quelli più puramente economici (ricchezza, consumi, lavoro). Sia Catania che Palermo evidenziano una tenuta dal punto di vista demografico. O, meglio: dopo anni di discrete performance, dopo il 2000 hanno visto un deciso peggioramento. Negli ultimi due anni, però, la tendenza si è invertita: in una regione che si spopola, chi resta si coagula verso le città più grandi. Piccola consolazione, visto che anche Catania e Palermo perdono posizioni in classifica. L’Italia ha un’altra marcia.

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Paolo Fiore
Paolo Fiore
Leverano, 1985. Leccese in trasferta, senza perdere l'accento: Bologna, Roma, New York, Milano. Ho scritto o scrivo di economia e innovazione per Agi, Skytg24.it, l'Espresso, Startupitalia, Affaritaliani e MilanoFinanza. Aspirante cuoco, sommelier, ciclista, lavoratore vista mare. Redattore itinerante per FocuSicilia.

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