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Rifiuto quanto mi costi. A Catania la Tari più cara

Il capoluogo etneo è l'unico che sfonda la soglia dei 500 euro. Altre quattro province siciliane tra le dieci in cui la tassa è più alta. Scarseggia anche la trasparenza: si salva solo Palermo

Catania è il capoluogo di provincia in cui la tassa sui rifiuti costa di più in Italia. Nel 2019 i suoi abitanti hanno sborsato per la Tari 504 euro. Colpa di un ritocco che rispetto allo scorso anno sfiora il 16 per cento. Catania è in buona (anzi, cattiva) compagnia. Perché sono siciliani cinque dei dieci capoluoghi più cari del Paese. E la regione è la seconda più costosa, alle spalle della sola Campania. Lo afferma l’Osservatorio Prezzi e Tariffe di Cittadinanzattiva.

Il confronto con le altre regioni

In Sicilia la Tari è costata in media 394 euro, quasi un terzo in più rispetto a quella nazionale (di 300 euro). Davanti a sé, l’Isola ha solo la Campania, dove i rifiuti costano 421. A livello di aree geografiche, i rifiuti costano meno al Nord (in media 258 euro), segue il Centro (299 euro). Infine il Sud (351 euro): tutte le ultime dieci sono città meridionali. I dati medi raccontano le forti differenze regionali. In Trentino la spesa è appena di 190 euro, meno della metà di quella siciliana. Analizzando i 112 capoluoghi di provincia, nell’ultimo anno quasi uno su due ha ritoccato le tariffe. In 31 casi al ribasso, in 27 al rialzo.

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Catania rincara, Trapani risparmia

Anche in Sicilia le città hanno preso direzioni diverse. A Caltanissetta e Siracusa, le tariffe non si sono mosse. Ad Agrigento, Messina e Palermo sono state aumentate di pochi euro. Calano invece a Enna (-3,4 per cento) e Ragusa (-5 per cento). I due “casi” dell’anno sono però Catania e Trapani, che conquistano (una in positivo, l’altra in negativo) due primati. La prima si distingue per un caro del 15,9 per cento; la seconda per la più consistente flessione d’Italia, vicina al 17 per cento. Tra pareggi, segni più e meno, viene fuori un Regione in cui, nel complesso, si paga (poco) meno: il risparmio è di cinque euro rispetto al 2018.

Leggi anche – Tributi locali, la Sicilia è tra le più care. I dati della Uil

Dove si paga di più e dove meno

Catania è davvero un unicum. Nessun altro capoluogo sfonda la soglia dei 500 euro. Alla già salata Tari del 2018 (435 euro) ha sommato un rincaro da 69 euro. Risultato: la conquista della poco ambita vetta in classifica. La seconda, Cagliari, si ferma a 490 euro. Giusto per avere un confronto: la Tari catanese è oltre quattro volte quella della città più economica d’Italia (Potenza) e il 68 per cento in più rispetto alla media nazionale. Unicum sì, ma pur sempre in compagnia di altri quattro capoluoghi siciliani che frequentano le peggiori dieci. È vero che a Trapani c’è stato un risparmi netto vicino ai cento euro. Ma forse è ancora presto per stappare lo spumante: il capoluogo partiva dai 571 euro del 2018 e, al netto del taglio Tari, resta il terzo capoluogo più caro (475 euro). Tra le più salate anche Siracusa (442 euro), Agrigento (425 euro) e Messina (419 euro). Rifiuti costosi anche a Ragusa (405 euro). Palermo è poco oltre la media nazionale (309 euro), mentre le sole città siciliane che ne restano al di sotto sono Caltanissetta (288 euro) ed Enna (280). E così da queste parti il risparmio rispetto a Catania e Trapani è attorno ai 200 euro.

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Se il rifiuto non è trasparente

Non stupisce allora che le famiglie siciliane siano tra le più insoddisfatte: otto su dieci pensano di pagare troppo. Anche perché – e non è un caso – la Tari, costa di più (Campania e Sicilia) dove la quota di differenziata è minore. A questo si aggiunge la scarsa trasparenza. Solo Messina, Catania e Palermo hanno una “Carta della qualità del servizio”. Cioè un documento che dice come funziona la raccolta. Ad Agrigento, Ragusa, Siracusa e Trapani la carta, afferma Cittadinanzattiva, la “non reperibile”, a Caltanissetta “non esistente” e a Enna è “in fase di redazione”. Anche nei capoluoghi che hanno un documento ufficiale, però, regna l’opacità. Si salva Palermo, dove i cittadini possono conoscere il tipo di raccolta, la frequenza di igienizzazione dei cassonetti, i riferimento all’esistenza dei centri di raccolta, indicazioni su giorni e orari di conferimento presso i centri di raccolta, sul recupero e la valorizzazione dei rifiuti. E ancora su raccolta di rifiuti ingombranti a domicilio, frequenza della pulizia stradale e svuotamento dei cestini getta carte. Nulla di tutto questo è invece presente della Carta dei servizi di Catania e Messina.

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Paolo Fiore
Paolo Fiore
Leverano, 1985. Leccese in trasferta, senza perdere l'accento: Bologna, Roma, New York, Milano. Ho scritto o scrivo di economia e innovazione per Agi, Skytg24.it, l'Espresso, Startupitalia, Affaritaliani e MilanoFinanza. Aspirante cuoco, sommelier, ciclista, lavoratore vista mare. Redattore itinerante per FocuSicilia.

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