Mutui, acquisti a rate e la difficoltà a far fronte agli impegni: una situazione comune a molti in una Sicilia dove il lavoro precario pesa ancora in modo preponderante sull’Economia dell’isola. Nel 2012 è stata approvata una legge nazionale sul tema del sovra indebitamento, la numero 3 del 27 gennaio, meglio nota come “salva suicidi”. Una norma che a distanza di sette anni torna a far parlare di sé grazie a una sentenza, della giudice Silvia Capitano del tribunale di Agrigento, che ha permesso ad una famiglia di ridurre la pressione debitoria mensile a un terzo, passando da 1.365 a 430 euro. Si tratta della prima sentenza nella provincia ottenuta da un’associazione consumatori. “L’unica fonte di reddito di questa famiglia – spiega Angelo Pisano, avvocato e presidente di Federconsumatori Agrigento che ha fornito assistenza legale alla famiglia -, era quella del padre, un marinaio imbarcato su una nave da pesca al tonno, con un reddito quindi non certo mensilmente”. Una situazione che ha permesso ai legali di utilizzare il Piano del consumatore previsto dalla legge, che consente la rimodulazione dei debiti senza alcun accordo con i creditori per “cause di forza maggiore”. Procedura che per Pisano “si è rivelata indispensabile non solo perché consente ai debitori di tornare a condurre un’esistenza libera e dignitosa ma anche perché contrasta l’estorsione ed il ricorso al mercato dell’usura del crimine organizzato che approfitta delle situazioni di disagio economico e sociale”.
A Catania nel 2014 il primo caso in Italia
Per l’associazione di consumatori non è il primo risultato del genere ottenuto in Sicilia: nel giugno del 2014 a Catania fu protagonista del primo caso di applicazione della norma in Italia. In quel’occasione l’ammontare complessivo del debito era passato da 112 a 72mila euro, con sentenza della giudice Marisa Acagnino della sesta sezione civile del Tribunale di Catania. “Siamo stati pionieri: il tribunale di Catania è stato il primo in Italia a omologare questa procedura facendo propria la richiesta del debitore”, spiega l’avvocato Fabio Liotta, legale di Federconsumatori Catania. Da allora, però, la procedura è cambiata: “Nel 2014 si nominava un consulente, un professionista privato individuato dal cittadino, mentre ora in tutti i grandi centri esiste la figura dell’Organismo di composizione della crisi, il cosiddetto Occ. Questi organismi sono misto pubblici, e l’utente va all’Occ, presenta la propria richiesta, uno dei gestori della crisi controlla che il piano sia fattibile e poi lo trasferisce al tribunale che valuta”. La differenza, rispetto a cinque anni fa, è che tutto all’epoca “era lasciato alla discrezionalità del giudice, con un rapporto più diretto”. A cambiare, in peggio, sono però stati i costi: “Adesso – spiega Liotta – un professionista percepisce un compenso abbastanza alto, proporzionato in maniera tabellare a quella dell’immobile di proprietà, una media tra i 1500 e i 3 mila euro a fronte delle poche centinaia di euro corrisposte al professionista che lavorava al di fuori degli Occ. La cifra può essere però pagata a rate”.
Collaborazione tra le parti per arrivare al risultato
Alla base del buon esito, nonostante la creazione degli Organismi di composizione pubblici, vi è però sempre un rapporto diretto tra le parti, con al centro la situazione specifica del debitore. “Siamo riusciti a farcela – prosegue Pisano -, perché si è creata una collaborazione tra l’avvocato Rosaria Puccio di Federconsumatori sia con l’avvocato Luca Vetro dell’organismo di composizione nominato dal tribunale che con l’advisor finanziario Domenico Raneri. Ma – conclude Pisano – se non ci fosse stato dietro il nome Federconsumatori con l’esperienza pregressa e un nome riconoscibile sarebbe stato davvero difficile arrivare al risultato”.