In Sicilia le piccolissime imprese innovative, le startup, sono cresciute del 40 per cento in un anno e mezzo. Nel registro pubblico nazionale, in vigore dal 2013, fino al 31 dicembre 2017 erano 370 le startup siciliane registrate. Al 30 giugno 2019 sono ben 522. Un aumento che lascerebbe ben sperare per il futuro dell’innovazione nell’isola, caratterizzato – rispetto ai dati di altre regioni, come Lombardia o la stessa Campania –, da poche aziende con alto tasso di mortalità già nel breve termine. Un cambio di tendenza, dunque? Non proprio: l’aumento potrebbe essere non tanto legato alla voglia di mettersi in gioco con nuove idee dei giovani siciliani, ma a una considerazione ben più pragmatica: l’arrivo di 43 milioni e 700 mila euro di fondi europei per le startup. La regione Sicilia, tramite il Po Fesr 2014-2020, si accinge a mettere a bando finanziamenti da minimo 100 mila euro, di cui l’80 per cento a fondo perduto. La dotazione complessiva di questa “azione 1.4.1 per il sostegno alla creazione di startup innovative”, dovrebbe quindi essere sufficiente a finanziare praticamente tutte le startup a oggi iscritte al registro. E forse non è un caso che la prima bozza di questa azione di sostegno sia stata resa pubblica a fine del 2017. Da allora la creazione di nuove startup in Sicilia non accenna a rallentare.
Bando regionale in fieri
L’arrivo nella Gazzetta ufficiale della Regione siciliana del bando è atteso per fine settembre. Ma, vista la portata del cofinanziamento richiesto – ben 20 mila euro, con un patrimonio netto di almeno 4 mila euro – sono molte le startup che rischiano di ricavarne più grattacapi e debiti piuttosto che vantaggi. “Attenzione a pensare che alle startup servano solamente i soldi, quello che realmente a loro serve è essere accompagnati nel mondo dell’imprenditoria”, mette in guardia Dario Zappalà, coordinatore di Assintel Catania, l’Associazione nazionale delle imprese che si occupano di Ict ed esperto del mondo startup etneo. Quella del bando, precisa Zappalà, “è sicuramente una buona opportunità, soprattutto se resterà il vincolo di iscrizione al registro delle startup innovative, inizialmente non previsto rischiando di creare il caos con autodichiarazioni. Io credo che ora bisogna abbassare il valore minimo dei progetti”. Un cambiamento che Zappalà definisce “di buon senso”, considerando anche che nella precedente azione 1.1.2 rivolta alle Pmi innovative, aziende quindi già ben avviate, il minimo finanziabile era 25 mila euro. Del resto “sono pochissime le startup che hanno bisogno di grossi investimenti, parliamo solo di quelle che fanno studi su materiali e poche altre ricerche dispendiose. Nemmeno il 5 per cento del totale”, spiega Zappalà.
La proposta
“Non si tratta di imprenditori rodati, ma spesso di studenti con un’idea ma poca o nessuna esperienza nel fare impresa”. In un quadro nel quale solo una startup su cinque riesce a superare i primi tre anni di vita, anche un impegno di 20 mila euro potrebbe risultare fin troppo oneroso. Zappalà propone quindi di “inserire una quota fissa nei progetti obbligatoria per la realizzazione del progetto da parte delle startup, come avviene nei normali progetti di accelerazione. Un percorso a step prefissati, che eviti errori nel percorso e la possibilità non così remota di dover restituire i soldi per errori di rendicontazione”, conclude il coordinatore Assintel Catania.