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Svimez, la Sicilia perde il Pil non la povertà. ‘Bene il Reddito di cittadinanza’

Oltre a tagliare le stime del Pil per i prossimi anni, l'Istituto analizza la situazione dell'isola sul fronte demografico e del welfare. Una fotografia in chiaroscuro, con piccoli miglioramenti che però non sono sufficienti a coprire i ritardi del passato, come ad esempio sulla Sanità

Un’isola in via di spopolamento, indietro sul piano sanitario – malgrado un lento miglioramento negli ultimi anni dei Livelli essenziali di assistenza – e ancora arretrata su alcuni temi chiave, tecnologia, istruzione, cultura. È la fotografia della Sicilia che emerge dall’ultimo rapporto Svimez sull’economia e la società del Mezzogiorno. Una parte consistente dello studio è dedicata all’analisi economico-finanziaria dell’isola – con un taglio consistente del Pil per gli anni post-Covid, rispetto a quello immaginato dalla Regione – ma anche agli aggiornamenti sul piano demografico e del welfare. Con particolare riferimento al Reddito di cittadinanza, che non ha abolito la povertà ma ha dato “un contributo sostanziale alla riduzione”, e che in Sicilia e Campania conta quasi il 40 per cento dei suoi fruitori. Una foto in chiaro scuro, insomma, tra problemi atavici e potenzialità inespresse, per una Regione come che dovrebbe mettere a frutto la sua posizione del Mediterraneo, come il resto del Mezzogiorno. “Invece di esserne il presidio, da anni siamo ospiti”.

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Popolazione in calo in Sicilia…

Il rapporto dedica ampio spazio alla situazione demografica, e all’impatto della pandemia da Covid-19 su di essa. Nel 2020 in Sicilia il tasso di crescita naturale – ovvero il saldo tra nascite e morti – è sceso del quattro per mille rispetto all’anno precedente. Nel 2019, la perdita era stata inferiore al tre per mille. Le regioni del Sud, scrive Svimez, “sono state interessate soprattutto dalla seconda ondata di Covid a partire da settembre 2020”, e la perdita di popolazione “è stata più intensa nelle regioni a più ampia base demografica come la Campania”. Quest’ultima registra comunque “il saldo negativo meno grave dell’area”, con una perdita del 2,5 per mille rispetto al’1,7 per mille del 2019. I dati peggiori, in ogni caso, sono quelli delle regioni del Nord, “nelle quali si è manifestata con maggiore intensità la pandemia”. Qui la perdita di popolazione è molto più alta che nel resto del Paese, specialmente in Lombardia (meno 6,7 per mille), in Piemonte (meno nove per mille) e in Veneto (meno 5,2 per mille), tutte in netto peggioramento rispetto al 2019.

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…ma l’isola è sul podio della natalità

Non tutti i dati sono negativi. Guardando al tasso di natalità la Sicilia è la terza regione italiana, con una crescita del 7,7 per mille dei nuovi nati nel 2020. Il dato scende al sette per mille nelle aree interne, in calo rispetto al 7,9 per mille del 2012. In queste zone il saldo demografico è negativo per oltre 15 mila unità, con uno spopolamento che si deve soprattutto alla distanza “dai centri di offerta dei servizi essenziali istruzione, salute e mobilità”. Tornando al tasso di natalità, a livello nazionale il primo posto spetta a una regione del Nord, il Trentino-Alto Adige, che con una crescita dell’8,5 per mille segna il dato più alto in Italia. La Campania è al secondo posto nazionale, con una crescita di nuovi nati del 7,9 per mille. Al terzo posto, come detto, si trova la Sicilia, seguita dalla Calabria (7,4 per mille), dalla Liguria (5,7 per mille) e dalla Sardegna (5,1 per mille).

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Welfare e Reddito di cittadinanza

Il rapporto scende nel dettaglio di alcuni strumenti di welfare, su tutti il Reddito e la Pensione di cittadinanza. Quasi il 60 per cento delle famiglie che hanno percepito il beneficio “sono residenti nel Mezzogiorno”, e di queste “oltre il 37 per cento risiedono in Campania e Sicilia”. A livello nazionale, i nuclei che hanno percepito almeno una mensilità di Reddito o Pensione di cittadinanza “sono più di 1,5 milioni, corrispondenti a quasi 3,7 milioni di persone”, con un’entrata mensile “pari mediamente a 530 euro”. Svimez interviene nel dibattito sull’utilità dello strumento, riconoscendo “i limiti che hanno contraddistinto la misura”, ma evidenziando al tempo stesso che “con l’introduzione del RdC anche l’Italia si è dotata di una politica nazionale di contrasto alla povertà”. Il welfare italiano ha avuto “un’accelerazione senza precedenti nel giro di due anni”, lanciando misure come il Reddito minimo d’inclusione (Rei) e poi il Reddito di cittadinanza, che hanno colmato “un vuoto più che decennale”.

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Sanità, ancora troppi ritardi

Svimez analizza anche le prestazioni del Servizio sanitario nazionale, attraverso i cosiddetti Lea, Livelli essenziali di assistenza. “Il sistema ha retto all’onda d’urto del Covid-19, ma ha riportato alla luce anche molte debolezze”. Una situazione che affonda le sue radici ben prima del virus. I valori di spesa pro capite in sanità, scrive infatti l’Istituto, “risultano mediamente più bassi nelle regioni del Mezzogiorno in tutto il decennio pre-pandemia”. Per quanto riguarda la Sicilia, dal 2012 al 2020 il punteggio Lea è salito da 157 a 173 punti. Un miglioramento che dimostra “una relazione positiva tra spesa sanitaria e livello dei servizi erogati”, anche se restano invariati “i divari con le regioni che, partendo da migliori condizioni di partenza, hanno avuto relativamente più risorse”. Uno scarto che diventa evidente guardando “al numero di posti per assistenza agli over 65 in strutture residenziali”. Questo dato “evidenzia il ritardo delle regioni del Mezzogiorno, che registrano valori mediamente più contenuti” di quelle del centro Nord.

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Scuola e Its, record di abbandoni

Continuando l’analisi dei servizi essenziali, Svimez osserva come al Sud sia ancora alto l’abbandono scolastico, soprattutto in Campania, Calabria e Sicilia. Queste Regioni “presentano tassi assai più elevati” del resto del Paese. “Nel 2020, ultimo anno per cui sono disponibili i dati, gli ‘early leavers’ meridionali erano il 16,3 per cento, a fronte dell’11,2 per cento delle regioni del Centro-Nord”. La situazione è stata aggravata dalla pandemia, che ha costretto il sistema scolastico all’utilizzo “massivo” della didattica a distanza. Questo strumento, benché non presentasse alternative, “ha rischiato di far venir meno il principio di equità”, per ragioni legate “al possesso o meno di adeguati spazi e strumenti tecnologici” da parte delle famiglie. Anche per quanto riguarda gli Its, percorsi post-scolastici alternativi alla laurea, il tasso di abbandono del mezzogiorno “è sensibilmente più elevato, con un dato pari al 30,6 per cento a fronte del 19,4 riscontrabile per il Centro-Nord”. La Sicilia è particolarmente indietro, con un tasso di abbandono del 64 per cento.

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Internet, Sicilia sotto la media

Per quanto riguarda le tecnologie digitali, nell’isola la percentuale di persone che usano regolarmente internet “è passata dal 40 del 2012 al 69 per cento del 2020, un filo sotto la media del Mezzogiorno del 70 per cento”. Ottiene un risultato migliore la Sardegna, con il 73 per cento. Per quanto riguarda le imprese, “il Mezzogiorno mostra un forte ritardo per quanto concerne l’integrazione delle tecnologie digitali”. La performance del Sud Italia “risulta essere la peggiore in relazione all’uso dei sistemi Erp, dei social media, dei big data, all’acquisto di servizi cloud e alla quota di fatturato derivante dalle vendite on line”. Le imprese meridionali “sono in media in ritardo nell’uso delle tecnologie”, ma non mancano “prestazioni degne di nota”. Per esempio il dato della Sicilia sul ricorso al “cloud” è superiore alla media nazionale (66 per cento) e anche la Puglia ottiene un ottimo risultato (62 per cento).

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Cultura, il Mezzogiorno non decolla

Deludenti, infine, le prestazioni del Mezzogiorno nel settore della Cultura. Con 13 miliardi di euro l’anno, il Sud-Italia vale solamente il 15 per cento del valore aggiunto italiano riconducibile al settore. “Una condizione che si riflette sul piano dell’occupazione del comparto culturale e creativo”, osserva Svimez. Su un un milione e mezzo di occupati a livello nazionale, “sono solo 281 mila quelli che lavorano al Sud, con una forte concentrazione in Campania, Sicilia e Puglia”. Queste regioni, da sole, “contribuiscono a circa il 70 per cento del valore aggiunto delle imprese culturali e creative del Mezzogiorno”.

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Valerio Musumeci
Valerio Musumeci
Valerio Musumeci (Catania, 1992), è giornalista e scrittore. Nel 2015 ha esordito con il pamphlet storico-politico "Cornutissima semmai. Controcanto della Sicilia buttanissima", Circolo Poudhron, con prefazione della scrittrice Vania Lucia Gaito, inserito nella bibliografia del laboratorio “Paesaggi delle mafie” dell'Università degli Studi di Catania. Nel 2017, per lo stesso editore, ha curato un saggio sul berlusconismo all'interno del volume "L'Italia tradita. Storia del Belpaese dal miracolo al declino", con prefazione dell'economista Nino Galloni. Nel 2021 ha pubblicato il suo primo romanzo, "Agata rubata", Bonfirraro Editore.

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