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“Talent shortage”, Sicilia da record: -43% di assunzioni di ingegneri e tecnici

In Sicilia quasi un’azienda su due non riesce a trovare le figure specializzate di cui necessiterebbe. Statistiche alla mano, si registra una particolare penuria di ingegneri e tecnici specializzati. Cos'è il "talent shortage" e quali sono le sue cause secondo gli esperti

Gli addetti ai lavori lo chiamano “Talent Shortage”, ovvero la difficoltà di reperimento di figure professionali specifiche da parte delle aziende: secondo gli ultimi studi, si tratta di uno dei problemi più importanti che si stanno verificando sul mercato del lavoro in Italia e in Sicilia. Tra 2012 al 2022, come mostrato dal grafico prodotto dall’agenzia americana Manpower Group, le proporzioni del problema a livello nazionale sono quintuplicate. Si è passati dal 14 per cento al 72 per cento delle assunzioni previste. A livello regionale invece, stando alle stime del Sistema informativo Excelsior realizzato da Unioncamere e Anpal, la difficoltà di reperimento sperimentata dalle aziende siciliane si attesta – per il trimestre luglio-settembre – al 43 per cento delle assunzioni programmate. In Sicilia, quindi, quasi un’azienda su due non riesce a trovare le figure specializzate di cui necessiterebbe.

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Le “vittime” del talent shortage

Gli studi forniscono alcune informazioni sul tipo di professionalità richieste. Restando in Regione, secondo la società specializzata Ingenn, le realtà del territorio che ricercano maggiormente personale qualificato sono soprattutto industrie alimentari, industrie metalmeccaniche ed elettroniche e aziende operanti in ambito metallurgico. Passando ai dati per provincia, si evince come nel solo settore manifatturiero vi sia un’ampia richiesta di figure tecniche. Il maggior numero di assunzioni è previsto a Catania (21,2 per cento), seguita da Palermo (17,6 per cento), Messina (13,3 per cento) e Trapani (11,1 per cento). A livello nazionale, invece, le figure lavorative più ricercate sul mercato del lavoro appartengono al settore dell’IT, ovvero delle tecnologie informatiche. Si tratta di professionisti che hanno completato l’istruzione terziaria (università). In classifica vengono seguite a ruota da figure amministrative, di logistica, dell’ambito delle risorse umane (HR) e infine al quinto posto del settore vendite e marketing.

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Investimenti insufficienti in istruzione

Di fronte a una domanda così ingente, e così differenziata, è legittimo chiedersi perché si incorra nel “talent shortage”. La risposta risiede nell’analisi sul dato dei laureati italiani. Difatti secondo l’University Report redatto dall’Osservatorio Job Pricing: “L’Italia fa parte dei Paesi UE con una percentuale molto bassa di giovani laureati (28,3 per cento nella fascia d’età 24-35 anni); e anche la statistica di coloro che possiedono un titolo di istruzione terziaria in una fascia d’età avanzata (55-64 anni) è molto basso, ovvero 12,7 per cento”. Questo dato è conseguenza degli investimenti evidentemente insufficienti che il nostro Paese riserva all’istruzione. Nello studio già citato, infatti, viene evidenziato come la cifra messa a disposizione in quest’ambito sia ancora troppo bassa. Nel 2021 è stata del 4,3 per cento del Pil, a confronto con una media europea del cinque per cento. Quindi i laureati in Italia sono molto pochi, e c’è anche un altro problema: sono tra i meno pagati in assoluto.

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Il problema delle retribuzioni

Difatti le retribuzioni medie degli italiani sono fra le più basse nei paesi del gruppo OCSE, in cui attestiamo al 23°esimo posto su 34; e nell’Eurozona all’11°esimo posto su 17 Paesi. Ma le disparità di salario esistono non solo tra la dimensione nazionale e quella europea, ma anche e soprattutto tra le stesse regioni del nostro paese. Stando ai risultati dello studio JP Salary Overlook 2023 infatti fra Nord e Sud/Isole vi è un gap di circa quattromila euro in termini di Ral (Retribuzione annua lorda) a parità di ruolo da ricoprire. Inoltre viene fatto rilevare come “al sud i salari sono in media più bassi, a prescindere dal titolo di studio conseguito”. Anche le medesime lauree hanno un peso diverso a seconda di dove siano state conseguite e di dove si abbia intenzione di “spenderle”. Laurearsi al Nord porta a percepire una retribuzione in media più alta del tre per cento rispetto a laurearsi in atenei del Centro Italia, e al sette per cento in più rispetto ai laureati di un’università del Mezzogiorno.

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La complicazione dell’inflazione

Ma esistono anche numerosi altri problemi che portano l’Italia (e la Sicilia) a non essere il bacino ideale per le figure professionali specializzate. Come sappiamo il tessuto economico del nostro Paese si basa sulla presenza di piccole e medie imprese in una maniera molto più capillarizzata di quanto avviene in altri Stati. Purtroppo – come confermato dall’University Report “in questo tipo di realtà i tassi di investimento in Ricerca e Sviluppo sono ancora troppo bassi; questo aspetto influisce negativamente sul processo di innovazione e di assorbimento dei lavoratori altamente qualificati”. A mettersi di traverso in questo “assorbimento” vi è anche l’elevata inflazione. Il dato medio dell’anno 2022 in Italia è stato del 8,2 per cento, e ciò “ha contribuito sensibilmente ad erodere il potere d’acquisto dei salari”. Questo aspetto può aver in qualche modo contribuito a far spostare i lavoratori qualificati altrove.

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Ancora troppi contratti irregolari

Un aspetto molto più concreto che sicuramente incide in questo senso è anche la presenza di problematiche endemiche e illegali sul territorio nazionale e regionale. Difatti nello studio JP Salary Overlook 2023 si rileva come Al Sud vi è una maggiore concentrazione di violazione dei minimi tabellari dei Ccnl, sottopagando di fatto i lavoratori. Contemporaneamente, è più diffuso l’utilizzo di forme irregolari di contrattazione e, dulcis in fundo, la rappresentanza del Ccnl è minore”. Da tutti questi dati emerge come, in un quadro già critico come quello italiano, i laureati siciliani siano davvero tra i più svantaggiati di tutta Europa, e comprensibilmente diano vita al fenomeno definito come “fuga di cervelli” all’estero, contribuendo a generare il problema della mancanza di lavoro qualificato in Sicilia e in Italia.

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Sara Obici
Sara Obici
Sara Obici, catanese classe ‘92. Sono laureata in Ingegneria Informatica all’Università degli Studi di Catania, ma ho preso "una sbandata" per il mondo della scrittura e della comunicazione online. Con una raccolta di racconti auto-pubblicata all’attivo - Emozioni Intrecciate - YoucanPrint, e un romanzo completo in attesa del giusto editore; collaboro spesso anche con diverse testate giornalistiche, essendo a tutti gli effetti una giornalista pubblicista registrata all'albo da Gennaio 2021. Sono piena di passioni e interessi, e sempre alla ricerca di nuovi progetti innovativi in cui applicare le mie conoscenze e la mia vena inventiva.

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