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In Sicilia si lavora oltre la metà dell’anno solo per pagare le tasse. Agrigento la peggiore

Nell'Isola le imposte statali, regionali e locali erodono in media il 53,6 per cento dei ricavi d'impresa. Agrigento la peggiore nel Paese, Siracusa a metà classifica, Enna tra le migliori eguagliando i dati del Veneto. Lo studio “Comune che vai fisco che trovi” realizzato dalla Cna

In Sicilia si lavora 196 giorni soltanto per pagare le tasse, che coprono il 53,6 per cento dei guadagni complessivi delle aziende. Il “free tax day” – cioè l’ultimo giorno di lavoro necessario per creare il reddito che serve a pagare il fisco – nell’Isola arriva il 13 luglio. Peggio di Friuli Venezia Giulia (primo luglio), Valle d’Aosta (tre luglio) e Veneto (cinque luglio), ma meglio di Campania (15 luglio), Molise (19 luglio) e Trentino Alto Adige (20 luglio). Sono i dati dello studio “Comune che vai fisco che trovi” realizzato dall’Osservatorio economico della Cna, Confederazione nazionale artigiani. Benché alto, il dato siciliano è migliorato negli ultimi anni. Nel 2021 e nel 2020 i giorni lavorativi necessari per pagare le tasse erano 223, nel 2019 addirittura 225. I contribuenti dell’Isola hanno risparmiato dunque circa un mese di lavoro, e il dato migliora ancora considerando le diverse agevolazioni attive dal 2022. Chi applica l’Imposta sul reddito d’impresa (Iri) al 10 per cento – imprese individuali e società di persone – deve lavorare “soltanto” 181 giorni per pagare le tasse. I lavoratori dipendenti che beneficiano di detrazioni devono lavorare 183 giorni, mentre chi applica l’Imposta sostitutiva del 10 per cento – sui premi di produzione fino a tremila euro l’anno – 187 giorni. Gli autonomi che pagano l’Iri al 24 per cento, infine, devono lavorare 190 giorni per pagare le imposte.

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Agrigento il centro più tassato d’Italia

La situazione più critica in Sicilia è quella di Agrigento, dove il “total tax rate” – il totale delle tasse al netto di esenzioni e deduzioni – copre in media il 58 per cento dei ricavi di impresa. Si tratta del dato peggiore tra i 114 capoluoghi italiani. Le imposte nazionali e previdenziali pesano per il 31,7 per cento, quelle comunali per il 25,6 per cento e quelle regionali per lo 0,7 per cento. I giorni necessari per pagare le tasse sono 212, e il “tax free day” arriva il 30 luglio. Il secondo capoluogo dove si paga di più è Catania, 106° a livello nazionale. Ai piedi dell’Etna il totale delle tasse copre il 56 per cento dei ricavi. Le imposte vanno per lo più allo Stato e alla previdenza (33,7 per cento), mentre scende la quota comunale (21,7 per cento) e resta fissa quella regionale (0,7 per cento). Si lavora 205 giorni per pagare le tasse, con “free tax day” il 23 luglio. Il terzo capoluogo più caro è Messina, 91° a livello nazionale. Nella città dello Stretto il “total tax rate” è del 54,2 per cento. La fetta maggiore va sempre allo Stato e ai contributi (35,8 per cento), mentre sono più basse le imposte comunali (17,7 per cento) e invariate quelle regionali (0,8 per cento). Si lavora 198 giorni per pagare le tasse, con “free tax day” fissato il 16 luglio.

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Siracusa a metà classifica nazionale

Proseguendo verso i capoluoghi meno cari in Sicilia, a Caltanissetta il totale delle tasse copre il 53,3 per cento dei ricavi d’impresa, ponendo il Comune all’81° posto nazionale. Lo Stato e la previdenza incamerano la parte maggiore (36,5 per cento), seguiti dal Comune (16 per cento) e dalla Regione (0,8 per cento). I giorni lavorativi necessari per pagare le tasse sono 195 (“free tax day” il 13 luglio). Non molto diversi i dati di Trapani, dove il “total tax rate” è del 53 per cento, 74° a livello nazionale. Le imposte vanno per lo più allo Stato e alla previdenza (37 per cento), mentre scende la quota comunale (15,2 per cento) e resta fissa quella regionale (0,8 per cento). Si lavora 193 giorni per pagare le tasse, con “free tax day” l’11 luglio. Alla posizione successiva troviamo Siracusa, dove il totale delle tasse copre il 52,4 per cento dei ricavi d’impresa, 57° a livello nazionale, esattamente a metà della classifica dei capoluoghi italiani per tassazione. Come di consueto la fetta maggiore va allo Stato e ai contributi (37,5 per cento), mentre risultano più basse le imposte comunali (14,1 per cento) e invariate quelle regionali (0,8 per cento). I giorni lavorativi necessari per pagare le tasse sono 191 (“free tax day” il nove luglio).

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Enna virtuosa come il lontano Veneto

Venendo ai capoluoghi meno cari dell’Isola, a Palermo il “total tax rate” è del 52,1 per cento, 50° a livello nazionale. Le imposte vanno in modo più marcato allo Stato e alla previdenza (37,9 per cento), mentre scende la quota comunale (13,4 per cento) e resta fissa quella regionale (0,8 per cento). Nel capoluogo di Regione servono 190 giorni di lavoro per pagare le imposte, con “free tax day” fissato il nove luglio. Il secondo capoluogo meno caro è Ragusa, dove il totale delle tasse copre il 51,9 per cento dei ricavi d’impresa, 44° a livello nazionale. Cresce ancora la quota statale e previdenziale (38 per cento), mentre scende quella comunale (13,1 per cento) e resta fissa quella regionale (0,8 per cento). Nel centro ibleo i giorni lavorativi per pagare le tasse sono 189 (“free tax day” il sette luglio). Il capoluogo meno caro in assoluto in Sicilia è Enna, dove il totale delle tasse copre il 51,3 per cento dei ricavi d’impresa, guadagnando il 25° posto nazionale. Lo Stato e la previdenza incamerano la parte maggiore (38,8 per cento), ma è decisamente più bassa quella comunale (11,7 per cento) mentre rimane fissa quella regionale (0,8 per cento). I lavoratori ennesi devono faticare “soltanto” 187 giorni per pagare i tributi, e il “free tax day” arriva il cinque luglio, accomunando il capoluogo ennese al lontano Veneto.

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Valerio Musumeci
Valerio Musumeci
Valerio Musumeci (Catania, 1992), è giornalista e scrittore. Nel 2015 ha esordito con il pamphlet storico-politico "Cornutissima semmai. Controcanto della Sicilia buttanissima", Circolo Poudhron, con prefazione della scrittrice Vania Lucia Gaito, inserito nella bibliografia del laboratorio “Paesaggi delle mafie” dell'Università degli Studi di Catania. Nel 2017, per lo stesso editore, ha curato un saggio sul berlusconismo all'interno del volume "L'Italia tradita. Storia del Belpaese dal miracolo al declino", con prefazione dell'economista Nino Galloni. Nel 2021 ha pubblicato il suo primo romanzo, "Agata rubata", Bonfirraro Editore.

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