Milioni di euro persi, così come tanti anni dedicati a progetti per trasformare il sole in energia termica mai andati in porto. Sei impianti avrebbero dovuto sorgere in Sicilia: a Carlentini, Gela, Aidone, Priolo, Trapani e Palermo. Ne è stato realizzato, a oggi, solo uno. Un paradosso in una terra baciata dal sole e che vorrebbe diventare più green. “L’Italia che fa vanto di politiche rinnovabili e di capacità geniali di inventare e di innovare, l’Italia che nel settore termodinamico sviluppa brevetti che il mondo ci invidia, ecco quell’Italia non vuole l’energia solare termodinamica”. È la denuncia di Anest, l’associazione nazionale energia solare termodinamica che ha annunciato il suo scioglimento. Colpa di “leggi impraticabili, burocrati vecchi, politici mediocri e comitati nimby calunniosi e talvolta fin troppo aggressivi”.
Italia patria della tecnologia che non usa
Come dicono da Anest, l’Italia è la patria della tecnologia che prevede l’utilizzo dei sali fusi come fluido termovettore (sodio e potassio). L’ha sviluppata l’Enea a partire dal 2000 con il progetto Archimede, guidato dal premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia. Si tratta però di “tecnologie nuove e inizialmente molto costose, che hanno bisogno di incentivi finché non sono abbastanza mature da poter reggere la prova del mercato”. Anche per questo il settore non è riuscito a decollare. Gli unici impianti solari termodinamici sperimentali sono piccoli, “per appena 5,35 megawatt contro progetti avviati, già autorizzati ma non decollati, per centinaia di megawatt”. La tecnologia solare termodinamica, spiegano da Anest, nota come Csp (Concentrating solar power) o solare a concentrazione, non è sinonimo di fotovoltaico. Qui, il silicio colpito dalla luce emette un flusso di elettroni, ovvero una corrente elettrica. Nel termodinamico invece si concentrano i raggi del sole in modo da ottenere il massimo riscaldamento possibile. In pratica, grazie a specchi riflettenti, si focalizzano i raggi solari su un tubo o un serbatoio altamente assorbente, all’interno del quale scorre il fluido che conduce il calore.
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A Palermo e Trapani previsti nuovi piccoli impianti
Nelle province di Trapani e Palermo “potrebbero essere presto in fase di realizzazione” nuovi piccoli impianti. È qui che hanno base i quattro progetti che secondo Anast hanno ottenuto oltre l’80 per cento delle risorse stanziate per gli impianti di produzione di energia da fonte solare termodinamica con il decreto ministeriale del 23 giugno 2016. La Sicilia però non brilla per iniziative positive. A Carlentini (Siracusa) il progetto prevedeva una capacità di 58 megawatt ma anche in questo caso non è mai stato realizzato. L’unico progetto realizzato è a Priolo, dove Enel ha sperimentato un impianto Archimede al fine di contribuire al ciclo combinato della centrale convenzionale del gruppo. Un’esperienza che, pur essendo realtà, “non ha realizzato i sogni che preconizzava”.
Per Aidone un progetto da 53,5 megawatt
Anche per gli impianti più grandi, quelli che superano i 5 megawatt, la Sicilia potrebbe essere protagonista. Nonostante passino gli anni, però, non si è ancora riusciti a installare nulla. Eppure, secondo Anest, gli unici due progetti che sono riusciti ad avere l’autorizzazione per un totale di 53,5 megawatt sono previsti nel territorio di Aidone, in provincia di Enna, e a Gela. Per Aidone, in campo ci sarebbe il “progetto Madonia”. La produzione prevista è di 41 megawatt ,grazie alla tecnologia Fresnel, ovvero con l’utilizzo di speciali lenti ottiche o specchi Fresnel.
Roccazzelle sito italiano più baciato dal sole
La centrale di Gela avrebbe dovuto sorgere in contrada Roccazzelle, non lontano dalla stazione abbandonata di Butera Scalo. Al suo posto continua ad esserci un campo e per di più arato. Eppure l’impianto proposto dalla Reflex, un’azienda veneta che produce specchi tecnologici, avrebbe potuto rappresentare una grande fetta dell’energia green italiana perché la contrada di Gela è considerato il sito “baciato dal sole migliore d’Italia”. Secondo i progetti, dopo i due anni per la costruzione dell’impianto, si sarebbero prodotti 12,5 megawatt elettrici, da specchi distribuiti su una superficie di 350 mila metri quadri. Servivano 88 milioni di euro, dei quali 44 milioni per opere civili, strutture e impianti. Per la sua costruzione si prevedevano due anni di lavori durante i quali sarebbero state assunte 150 persone tra diretti e indiretti. “Trenta operai su tre turni per i 25-30 anni di esercizio” sarebbero stati impiegati invece per il funzionamento dell’impianto. I primi studi sono del 2011. “Sono stati firmati e controfirmati alcuni ettometri di carta protocollata e di sentenze del Tar, ma sul terreno di Roccazzelle non è stato piantato nemmeno un paletto”.