Criticità importanti nelle infrastrutture viarie, l’insularità che non aiuta e una pianificazione dell’emergenza che non ha avuto finora la giusta attenzione. Anche se la grande esercitazione “Sisma dello Stretto” che si è svolta da venerdi a domenica tra Messina e Reggio Calabria ha risvegliato un pochino gli animi, il livello di preparazione a un evento disastroso come un grande terremoto è ancora un quadro con più ombre che luci. A parlarne è stato il direttore regionale dei Vigili del Fuoco, Ennio Aquilino, nel tracciare un primo bilancio della situazione, dalla sua prospettiva di disaster manager già impegnato in grandi emergenze nazionali. Il direttore, al suo arrivo in Sicilia, a luglio, ha avuto “l’impressione che la macchina fosse abbastanza ferma”, e mentre l’Isola è stata trattata come una grande regione al pari di Lombardia e Lazio, per Aquilino “c’è un errore di fondo: “Non si è tenuto conto dell’insularità. I soccorsi da fuori regione non arrivano – ha spiegato – con quella celerità che si può garantire dalle regioni limitrofe. Se il terremoto colpisce Reggio Calabria e Messina, è facile aspettarsi che i transiti dal continente siano azzerati o complessi”. La strada più facile diventa quindi quella di imbarcare via nave da Genova, Napoli o Livorno. “Questo vuol dire – ammette Aquilino, che per almeno 48 ore o 72 – i siciliani se la devono vedere da soli”.
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Nessun dato sulla vulnerabilità delle autostrade
“La partita è complessa – prosegue l’esperto – e proprio nelle prime 72 ore, quando si fa la differenza tra la vita e la morte di chi rimane sotto le macerie, il sistema di protezione civile regionale nel suo complesso deve fare fronte da solo all’emergenza”. C’è poi il grande problema delle infrastrutture dei trasporti, che per Aquilino comincia dal capoluogo. Diventa infatti difficoltoso muovere le colonne dei soccorsi e “arrivare da Palermo a Catania e Messina – ipotizza – se non si ha certezza della vulnerabilità degli assi stradali”. E quanto siano sicure le nostre autostrade, in caso di terremoto, ufficialmente non lo sa nessuno. “Questo seppure abbiamo richiesto i dati sulla vulnerabilità già da un anno – ricorda Aquilino – nel corso di una riunione con Cas, Anas e il dipartimento del ministero dei Trasporti che coordina le consociate autostradali. Non abbiamo ancora dati certi ma ci rassicurano che ci stanno lavorando”.
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Il Ponte sullo Stretto ridurrebbe i tempi dei soccorsi
La percorribilità autostradale è insomma una “spada di Damocle” – così la definisce Aquilino – che rimane ancora un’incognita. “C’è un impegno del direttore della Protezione civile nazionale, Curcio, del presidente della Regione, dello stesso ministro dei Trasporti Salvini, di andare a fondo sul tema – evidenzia Aquilino – e probabilmente si rilancerà anche il progetto del Ponte sullo Stretto. Questo sgraverebbe moltissimo il quadro, perché potremmo porre fine a quell’insularità che tendenzialmente grava sui bilanci e che costa sei miliardi di euro l’anno. Ci si fa il Ponte tranquillamente con queste cifre e il Ponte gioverebbe moltissimo al sistema complessivo di risposta. Ma al momento non c’è, quindi dobbiamo predisporre un ragionamento di tipo diverso”.
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Risorse e pianificazione locale da potenziare
I vigili del fuoco in Sicilia possono contare su un centinaio di gruppi Usar (Urban search and rescue) estremamente pronti e appartenenti a un sistema “che è tra i migliori d’Italia come capacità operativa – spiega Aquilino, ma 100 unità vuol dire cercare di fermare l’acqua con lo scolapasta. Altre 150 unità sarebbero di pronto impiego ma saremmo in grande difficoltà numerica, per cui c’è l’esigenza si rilanciare gli organici della Sicilia e con una diversa allocazione delle risorse che veda contrapposti i due poli della Sicilia orientale e occidentale”. Anche la pianificazione locale ha un ruolo importante per il funzionamento complessivo del sistema di risposta. “Ho trovato pianificazioni non approfondite – ammette il direttore regionale – c’è la Provincia il sindaco o il prefetto più attento e quello meno attento. Eppure, il ruolo dei sindaci è assolutamente rilevante. Bisogna comprendere – e non molti l’hanno chiaro – che il sindaco è la prima autorità di Protezione civile. Se andate a vedere i grandi processi tenuti dopo le grandi emergenze nazionali, spesso e volentieri sono stati assolutamente colpiti per primi i sindaci, perché la legislazione nazionale è assolutamente chiara e ci sono degli oneri importanti”.