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Transizione ecologica a rischio: in Sicilia spreco d’acqua e troppi siti inquinati

Nell'ultimo Rapporto 2023 sulla situazione del Paese l'Istituto nazionale di statistica dedica ampio spazio alle preoccupazioni ambientali, diventate prioritarie per gli italiani. Le situazioni più critiche sono quelle legate all'acqua, risorsa particolarmente carente nel 2022, e ai siti inquinati, molti dei quali sono in Sicilia

Nel 2022 oltre 70 per cento degli italiani considerava il cambiamento climatico o l’aumento dell’effetto serra tra le preoccupazioni prioritarie. Nello stesso anno la risorsa naturale per eccellenza, l’acqua, ha raggiunto il suo minimo storico, con una disponibilità idrica di quasi il 50 per cento in meno rispetto all’ultimo trentennio 1991-2020. La media del 2022 è stata di circa 83 miliardi di metri cubi contro i 133 miliardi di metri cubi medi dei trent’anni precedenti, ed era già inferiore del 20 per cento rispetto al periodo dal 1921-1950 (166 miliardi di metri cubi). Il dato viene da Istat, che in capitolo specifico del suo ultimo “Rapporto 2023 sulla situazione del Paese” collega il fenomeno al cambiamento climatico. Per territori come la Sicilia, tra i più colpiti, si tratta di un problema particolarmente urgente anche per lo sviluppo economico: senza acqua non c’è produzione non solo di cibo, ma anche di manufatti.

Perdite d’acqua: Catania, Ragusa e Siracusa da record

La Sicilia nel rapporto Istat è tra le aree più critiche del Paese su più aspetti. Riguardo all’acqua particolare attenzione è posta non tanto alla scarsità delle risorse – “aumentano i volumi d’acqua negli invasi“, scriveva pochi giorni fa la Regione siciliana in merito all’approvvigionamento estivo per l’agricoltura -, quanto per le Perdite idriche totali nelle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile per provincia. I dati, al 2020, vedono in particolare le province di Catania, Siracusa e Ragusa con perdite di oltre il 55 per cento dell’acqua immessa. Le percentuali sono comunque ben più alte della media nazionale del 42,2 per cento anche nelle province di Agrigento, Enna, Palermo e Trapani, che contano perdite oltre il 45 per cento. Meglio della media nazionale, ma con perdite superiori a un terzo del totale, solo a Messina e Caltanissetta. L’incremento dell’efficienza delle reti di distribuzione dell’acqua rientra peraltro tra gli indicatori del Goal 6 “Acqua pulita e servizi igienico-sanitari” dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) stanzia inoltre una parte delle risorse finanziarie necessarie per l’ammodernamento della rete idrica italiana. Secondo il Piano Nazionale di Transizione Ecologica (PTE), le azioni del PNRR dovrebbero ridurre del 15 per cento le perdite di rete, ma la messa a regime “è prevista entro il 2040“, sottolinea Istat. Vi è inoltre una qualità delle acqua allarmante in molte aree, come certificato dai controlli dell’Arpa nel 2021 che hanno messo in evidenza la presenza fuori norma di nitrati e pesticidi.

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Il secondo punto critico riguarda invece la forte presenza di siti inquinati. La Sicilia è, insieme a Toscana e Puglia, sede di quattro “Siti di interesse nazionale” (Sin), con solo il Piemonte (sei siti) e la Lombardia (5 siti) con una situazione peggiore. Si tratta dei tre poli petrolchimici, ovvero quello di Augusta-Melilli-Priolo, di Gela e di Milazzo, ai quali si aggiunge l’area di Biancavilla dove è presente una forte concentrazione, naturale, di fluoroedenite un materiale simile all’amianto. I rischi ambientali, e soprattutto quelli legati alla salute di chi vive in prossimità delle aree industriali, ancora oggi tra le più importanti per l’economia siciliana, sono stati documentati da anni. Ma la Sicilia, a oggi, conta ancora oltre il 10 per cento delle aree a rischio in Italia. A livello nazionale, i Sin occupano una superficie di 149.052 ettari a terra e 77.733 a mare e di questi 16.910 ettari di superficie a mare e 7.488 ettari di superficie terrestre si trovano in Sicilia.

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In Italia si muore più che in Europa per l'aria inquinata

In questo contesto l'Italia risulta tra i Paesi europei con i dati peggiori per i decessi prematuri attribuibili alla qualità dell'aria, in particolare per l’esposizione a lungo-temine di particolato PM₂,₅ ponderata con la popolazione, confronto tra la media Ue27 e i paesi europei con maggiore ampiezza demografica: nel 2020 la media dell'Unione europea era di 54 decessi ogni centomila abitanti, mentre l'Italia raggiungeva gli 88. Meglio della media europea fanno gli altri grandi Paesi dell'Unione, ovvero Spagna (38 decessi) Germania (35) e soprattutto Francia (25). In questo contesto in regioni fortemente a rischio come la Sicilia sette siti inquinati da bonificare su dieci restano in attesa da anni di interventi. Nell'Isola sono 1.171 sui circa 16 mila di tutta Italia.

Cosa ne pensano gli italiani secondo Istat

Nel 2022, i cambiamenti climatici e l’inquinamento dell’aria si confermano ai primi posti tra le preoccupazioni per l’ambiente. Secondo i dati raccolti da Istat nel rapporto sono stati indicati, rispettivamente, dal 56,7 per cento e dal 50,2 per cento della popolazione dai 14 anni di età. Quasi 4 cittadini su 10 esprimono preoccupazione per lo smaltimento e la produzione dei rifiuti, l’inquinamento delle acque (38,1 per cento), l’effetto serra e il buco nell’ozono (37,6 per cento). Le persone con livelli di istruzione più elevati tendono a esprimere più frequentemente le proprie preoccupazioni. Solo l’1,4 per cento dei laureati dichiara di non avere alcuna preoccupazione, a fronte del quattro per cento delle persone con al più la licenza media.

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Leandro Perrotta
Leandro Perrotta
Catanese, mai lasciata la vista dell'Etna dal 1984. Dal 2006 scrivo della cronaca cittadina. Sono presidente del Comitato Librino attivo, nella città satellite dove sono cresciuto.

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