Nella Sicilia del caro voli per il trasporto passeggeri e del caro navi per le merci, a soffrire non sono solo coloro che devono lasciare l’isola: in vent’anni il trasporto pubblico locale ha perso i tre quarti degli stanziamenti a bilancio. Fondi destinati a compagnie come Ast, alle ex municipalizzate del trasporto urbano (Amat a Palermo, Amt a Catania e Atm a Messina), ma anche alle grandi aziende private come Sais o Giamporcaro che effettuano i collegamenti interni nell’isola, e che rischiano di dover ridurre tratte e personale.
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Un regolamento europeo mai applicato
La situazione potrebbe precipitare già alla fine di questo anno: la Regione dovrà infatti adeguarsi alla normativa europea – il regolamento 1370 del 2007 -, che prevede non più una assegnazione annuale delle tratte, e un contributo in base al numero medio di passeggeri, ma la messa a bando delle varie tratte al miglior offerente. Con il rischio di non poter garantire il servizio pubblico ai numerosi piccoli comuni dell’interno. O, se le tratte verranno mantenute, senza un contributo pubblico la conseguenza automatica sarebbe un naturale aumento dei biglietti a prezzi di mercato. La norma europea, che prevedeva un adeguamento entro il 3 dicembre 2019, è stata prorogata di un ulteriore anno.
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Dal 2000 meno 350 milioni di euro
Nelle more dell’adeguamento alle regole europee stabilite ormai 13 anni fa, per effettuare il servizio di trasporto pubblico locale la Regione siciliana stanzia ogni anno a bilancio le somme necessarie per garantire i collegamenti interni. La voce di spesa in quattro lustri ha subíto però una costante contrazione, passando dai 470 milioni del 2000, quando il capitolo di Bilancio (il numero 48629) era a carico dell’assessorato Turismo, per arrivare ai 115 milioni del capitolo di bilancio numero 476521 del bilancio di previsione 2019. Fondi che, ha segnalato Asstra Sicilia – l’associazione datoriale che riunisce le compagnie che effettuano servizi di Trasporto pubblico locale (Tpl) nell’isola – in occasione dell’audizione in commissione Bilancio Ars dello scorso ottobre, sono però insufficienti: il fabbisogno calcolato è di 163 milioni per il 2019. Quarantotto milioni di euro che, se non arriveranno, potrebbero causare “tagli ai servizi del 30 per cento”.
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Le tratte a lunga percorrenza e il nodo Roma
Ad aggravare il quadro, il previsto spostamento del terminal bus a lunga percorrenza di Roma. I mezzi provenienti dalla Sicilia hanno attualmente il proprio capolinea alla stazione Tiburtina, in una posizione semi-centrale all’interno della capitale e con collegamenti ferroviari per tutta Italia. L’alternativa, individuata dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, sarebbe invece la stazione Anagnina, nella periferia sud est di Roma e punto terminale della linea metro A. Una scelta che, secondo Asstra, “costringerebbe i passeggeri a dover prendere almeno altri due mezzi per spostarsi dentro la città”. Le compagnie siciliane che effettuano il servizio, a prezzi di mercato, soffrono peraltro la concorrenza di compagnie internazionali come Flixbus, che in Sicilia collega già 30 comuni e che ha annunciato il raggiungimento dei 10 milioni di passeggeri in Italia.