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Turismo, altro che casinò: si punti su barocco e parmigiana

Dalla TTG Travel Experience di Rimini emerge una regione che ha bisogno di infrastrutture. Ma non di giocare d'azzardo. Meglio sfruttare le tradizioni e aumentare la professionalità

Specializzarsi e non arrangiarsi. Valorizzare i punti di forza e non giocare (letteralmente d’azzardo). Perché il turismo in Sicilia avrà successo grazie “al barocco e alla parmigiana di melanzane” e non con “il casinò e i Ferragnez”. È quello che è emerso dall’ultima TTG Travel Experience di Rimini. Durante la manifestazione si sono incontrati enti del turismo, tour operator, compagnie aeree, agenzie di viaggi e blogger. Al bar difronte allo stand siciliano, col caffè non offrivano il bicchiere d’acqua. In quello della Regione, operatori e albergatori, prima di pubblicizzare la loro terra, facevano assaggiare paste di mandorle, cioccolatini di Modica e granita al limone. Raccontarsi e offrire dolci, però, non è sufficiente per incrementare i flussi turistici.

La concorrenza africana

Nel 2018 (secondo i dati Istat dell’Osservatorio del Turismo), in Sicilia sono lievitate le presenze (+2,9 per cento, a 15,1 milioni). Gli stranieri che costituiscono più della metà dei turisti e crescono (+6,3 per cento), mentre restano piatte le presenze italiane. In Sicilia sono aumentate del 6 per cento anche le strutture ricettive, dando così la disponibilità di quasi 206 mila posti letto. Nel 2019, però, la Sicilia ha risentito dei cambiamenti politici del Mediterraneo ed in particolare dell’Egitto. Se per anni l’Italia, la Grecia e la Spagna hanno beneficiato delle difficoltà di alcuni mercati (Egitto, Mar Rosso, Tunisia e Turchia), quest’anno vi è stato un ritorno di fiamma, anche grazie a strutture ricettive e voli aerei offerti a costi meno onerosi. “Occorre che la Sicilia sia più competitiva da un punto di vista strutturale – suggerisce Benny Faro, sales account manager del network di agenzie viaggi Uvet Travel System. Le infrastrutture sono carenti, le piccole realtà locali (hotel a conduzione familiare, b&b e case vacanze) sono costrette a sopportare costi di manutenzione e mano d’opera elevati in bassa stagione. E lavorare per sei mesi l’anno non bastano. “I servizi offerti – aggiunge Faro – dovrebbero soddisfare una clientela esigente e la regione deve aprirsi a nuovi mercati esteri (come quelli arabi) che prediligono il lusso ai nostri marciapiedi scomodi e al personale non qualificato”.

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Ricchezze e punti deboli

Avere un personale poco qualificato è la spia di una cultura alberghiera che manca. Servirebbero professionisti selezionati e non il cugino o l’amico che si improvvisino cameriere e receptionist. “Invito i mie colleghi ad assumere gente specializzata, che conosca il suo mestiere e che sappia vendere e potenziare la struttura alberghiera in cui è impiegato”, afferma Alessandro Pablo Perrone, proprietario dell’hotel Baglio Oneto dei Principi di San Lorenzo. Il suo caso è la prova che anche l’alto di gamma paga: le presenze sono aumentate da quando la struttura è passata da quattro a cinque stelle. “La Sicilia – secondo Faro – ha un turismo di nicchia che sa cosa vuole, che sa di poter decidere e sa che l’offerta non manca. Non ci sono solo sole e mare. Ci sono sapori, colori ed esperienze da vivere 365 giorni l’anno, non solo nella stagione estiva. La Sicilia – aggiunge Faro – non è competitiva dal punto di vista delle infrastrutture, ma lo è qualitativamente perché offre un prodotto personalizzato: la parmigiana con le melanzane dell’orto della nonna, i percorsi sensoriali alla scoperta dei vigneti siculi e il suo immenso patrimonio culturale”. “Il turista in Sicilia non è quello della ‘bottiglietta d’acqua’, che compra al supermercato e non spende nei ristoranti”, aggiunge Perrone. “Il turista in Sicilia è invece consapevole delle ricchezze offerte, vuole vivere la nostra terra, e quindi spende. E ritorna. È questo il nostro punto di forza”.

Perché il casinò sarebbe un danno

“Il nostro punto debole sono invece i servizi”, spiega il sales account manager di Uvet Travel System. Ma questo non vuole dire giocare d’azzardo. “Il nostro Governatore Nello Musumeci aveva parlato della possibile costruzione di un casinò nei pressi di Taormina per incrementare il turismo e il lavoro. Ma dai tempi di Goethe e del suo ‘Viaggio in Sicilia’, Taormina è conosciuta e riconosciuta a livello internazionale come la perla della Sicilia. La realizzazione di un casinò – è convinto Faro – svaluterebbe la città e le sue bellezze perché chi decide di viaggiare per la Sicilia spende in cultura e non alle macchinette o alla roulette”. Così come, aggiunge, “Noto è diventata una delle mete più gettonate non per i Ferragnez ma per il suo barocco”.

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