I venti giorni di chiusura dell’aeroporto di Catania per l’incendio scoppiato a metà luglio “porteranno a una riduzione di fatturato di circa il 20 per cento rispetto alle previsioni”. Una dimostrazione di come la Sicilia “non abbia bisogno di nulla, se non di una classe dirigente all’altezza che eviti questi boicottaggi“. Parola di Guido Coffa, titolare di Monaci delle terre nere, resort di lusso a Zafferana, sulle pendici dell’Etna. Dopo il Covid il settore è in ripresa, e secondo le stime del Cnr, Centro nazionale delle ricerche, crescerà “tra il sei e l’otto per cento da qui al 2025, per un valore di circa 360 miliardi di euro”. L’Isola è tra le scelte preferite dei “big spender“, i clienti internazionali con grandi disponibilità, e per gli addetti ai lavori il motivo è semplice. “La Sicilia è un vero e proprio continente, pieno di arte, storia, bellezza, enogastronomia. Abbiamo un territorio di una bellezza unica, che però andrebbe protetto meglio“, dice Coffa.
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Dagli agostiniani al turismo di lusso
Il resort di Zafferana è stato realizzato su un complesso di edifici del Settecento, costruito dai Monaci dell’ordine degli Agostiniani Scalzi di Valverde. La tenuta si estende su circa 25 ettari – che comprendono un frutteto con 150 specie e un vigneto per la produzione di vino biologico – e dà lavoro a circa 70 dipendenti. Malgrado i problemi legati alla chiusura temporanea dell’aeroporto, le le stime per l’anno in corso sono positive. “Puntiamo a un fatturato di cinque milioni di euro, con la prospettiva di arrivare a dieci da qui a tre anni”, spiega Coffa. Dall’anno scorso, Monaci è stata inserita nel prestigioso circuito Relais & Chateaux, associazione di hotel e ristoranti di lusso che conta appena sei strutture in Sicilia. “Questo ha portato a un incremento consistente del nostro business, da 3,5 a cinque milioni, aprendoci un mercato nuovo”, dice l’imprenditore.
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La sfida di uscire dalla Gdo
Un soggiorno a Monaci delle Terre nere costa dai 500 ai 1.500 euro a notte, con la possibilità di riservare delle ville indipendenti. I servizi offerti sono diversi, dalle escursioni in elicottero, a cavallo e in bici a trattamenti di benessere, degustazioni e yoga. La scelta delle materie prime, spiega Coffa, è uno degli impegni principali della struttura. “La nostra sfida è stata quella di rifornirci fuori dalla grande distribuzione. Siamo tra le pochi realtà a farlo, anche nell’ambito del turismo di lusso”. La cucina di Monaci “lavora solo con prodotti a chilometro zero e da presidi Slow-food“, e per questo le ordinazioni vengono effettuate con mesi di anticipo, “per dare alle piccole aziende il tempo di realizzarli”. A ciò si aggiungono una cantina prestigiosa, “con vini di nostra produzione e del territorio”, e un cocktail bar “di livello internazionale”.
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Il ritratto del “big spender” in Sicilia
La clientela di Monaci è molto selezionata. Coffa fa un “ritratto” del cliente tipo. “Circa il 40 per cento viene dagli Stati Uniti, dove il sette per cento della popolazione ha redditi a sei zeri. Un bacino di 22 milioni di clienti, che dopo il Covid hanno ripreso a venire in Europa”. Un’altra fetta importante di ospiti viene dal Regno Unito (20 per cento), dal Canada e dall’Australia (cinque per cento). Complessivamente la percentuale di clienti anglofoni “supera il 60 per cento”, mentre è modesto il contributo della Russia, “con una percentuale da zero virgola”. In questo senso il conflitto tra Russia e Ucraina non ha danneggiato molto il mercato, conclude Coffa. “Il peso si è sentito per l’inflazione e l’aumento delle materie prime. Speriamo che si risolva al più presto, e che le nostre classi dirigenti ci mettano in condizione di lavorare”.