La polvere vulcanica può essere utilizzata anche per realizzare bottiglie e contenitori in vetro. Proteggendo il contenuto dalla luce, caratteristica molto utile nel caso di olio e vino. A mettere in commercio il vetro “vulcanico” è Mediterranea Vetri, impresa catanese leader nella vendita all’ingrosso di vetro e imballaggi. “In realtà la polvere non viene utilizzata per fare il vetro, ma per rivestire la bottiglia attraverso un particolare processo di lavorazione, che unisce i materiali rendendoli indistinguibili l’uno dall’altro”, spiega a FocuSicilia Mattia Indelicato, uno dei responsabili commerciali dell’azienda. Il risultato è un prodotto “particolare, sicuramente di nicchia, che però suscita un certo interesse in una clientela selezionata“. A essere utilizzata per la realizzazione delle bottiglie non è la cenere vulcanica, ma la polvere ottenuta dalla lavorazione della pietra lavica. Il riutilizzo della cenere, infatti, è bloccato dalla burocrazia, malgrado una norma ad hoc del 2021.
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Cenere “bloccata” dalla burocrazia
Come raccontato da FocuSicilia in diversi articoli, il riuso della cenere vulcanica è stato inserito nel Testo unico dell’ambiente. La norma prevede che possa essere utilizzata “in sostituzione di materie prime all’interno di cicli produttivi, mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né la salute umana”. Proprio ciò che si potrebbe far con le bottiglie di vetro “vulcanico” distribuire da Mediterranea. Peccato che i decreti attuativi per l’applicazione della legge non siano mai arrivati. Il risultato è che gli Enti locali continuano a trattare la cenere come un rifiuto, e a sopportare costi enormi in caso di eruzioni, come quella che lo scorso 14 agosto ha portato alla chiusura per 24 ore dell’aeroporto di Catania. Durante il ciclo di eruzioni del 2022, il costo di conferimento in discarica della cenere ha raggiunto i 20 euro a tonnellata, mettendo in difficoltà diversi enti. Alcuni di essi hanno preso carta e penna per chiedere risposte al ministero dall’Ambiente, senza troppa fortuna.
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Come nascono le bottiglie “vulcaniche”
Nel frattempo tutto resta bloccato. Anche la possibilità di utilizzare la cenere per realizzare le bottiglie vulcaniche, idea che sta riscuotendo un certo successo. “Uno dei nostri clienti ci ha chiesto un migliaio di bottiglie da mezzo litro”, racconta Indelicato. A realizzarle fisicamente è stata un’azienda che resta top secret. “Si tratta di una cava di pietra lavica con sede sull’Etna, che utilizza la polvere di lavorazione e preferisce mantenere la riservatezza”, spiega Indelicato. “Per ogni bottiglia servono 600/700 grammi di polvere, che vengono applicati attraverso un sistema di stampi in silicone“. Questo procedimento, compreso di manodopera, è pagato all’ingrosso da Mediterranea. “Per questo lotto di mille bottiglie abbiamo speso circa 10 euro al chilo, tra sei e sette euro a bottiglia“, stima il responsabile commerciale. Calcolando confezionamento, trasporto e ricarico, si arriva a un prezzo finale di circa 14 euro a pezzo. Contro i 60/70 centesimi di una bottiglia “normale”.
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Valorizzare il territorio etneo
Un prezzo consistente dovuto all’innovatività del prodotto, secondo Indelicato. “Prima esistevano alcune bottiglie, utilizzate per un famoso liquore dell’Etna, il cui rivestimento in pietra lavica era applicato in modo abbastanza grossolano”. Il contrario di quanto avviene con le nuove bottiglie distribuite da Mediterranea, “in cui il vetro sembra fatto proprio con la polvere vulcanica, e non semplicemente incollato”. Benché di nicchia, il prodotto ha una sua versatilità. “È ottimo per la conservazione dell’olio e del vino, che hanno bisogno di essere tutelati dalla luce, ma potrebbe essere utilizzato anche per liquori, distillati o altre bevande”. Un impiego innovativo per un materiale che ciclicamente viene “donato” dal vulcano al territorio catanese. Ma che rimane bloccato per l’assenza di una carta. “Se si possono creare prodotti interessanti per qualità e funzionalità, sarebbe un peccato non farlo. Anche per valorizzare un aspetto unico del nostro territorio”, conclude Indelicato.