fbpx

Voglia di autonomia? “Presa per fessi a danno del Sud”

Le regioni settentrionali chiedono più autonomia ma secondo l'esperto di Svimez, Pietro Busetta, la proposta cela una maggiore richiesta di denaro. E a rimetterci è il Mezzogiorno

“È una presa per fessi, una strategia politica a danno del Mezzogiorno esattamente come accade da 160 anni a questa parte”. Non usa mezzi termini Pietro Busetta, docente di Scienze economiche, aziendali e statistiche dell’Università di Palermo, nonché consigliere di amministrazione Svimez. Il tema è l’autonomia differenziata. Una proposta partita da alcune regioni del Nord, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna in primis, non solo a trazione leghista. Nonostante i cambi di governo infatti, l’idea continua a rimane in auge. Il ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Francesco Boccia, pugliese in quota Pd, ha proposto delle modifiche alla bozza precedente e sta girando l’Italia per parlare dell’argomento. Eppure, secondo l’economista, la sostanza non sembra molto diversa. “Boccia vuol portare l’autonomia, che ha chiesto anche l’Emilia Romagna, prima delle elezioni regionali”.

Autonomia vs Costituzione

Il docente non cassa del tutto la proposta d’autonomia ma considera assolutamente negative le modalità scelte e soprattutto le conseguenze. Busetta si dice convinto che la richiesta delle regioni del Nord sia una “finzione”. In realtà, dietro, “c’è la decisione, da parte delle regioni più ricche, di trattenere i soldi che hanno sempre avuto e averne anche di più”. Il principio su cui fondano questa richiesta sarebbe quello della spesa storica, “ovvero – spiega Busetta – vogliono avere il denaro in relazione a quanto si è speso in passato per i livelli essenziali di prestazioni. Il problema però è che il budget dovrebbe essere uguale per tutto il Paese”. Il riferimento è ai “diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” come stabilito dall’articolo 17 del titolo V della Costituzione italiana.

Il Nord e un debito da 60 miliardi

Malgrado il criterio sia costituzionale, secondo il docente non è mai stato applicato. Al contrario, “da dieci anni a questa parte, si sono dati i soldi alla regioni in base alla spesa storica quindi le realtà a sviluppo compiuto hanno sempre avuto maggiore spesa. Con quest’autonomia si intende stabilizzare questa situazione e anzi, avere qualche soldo in più. Si è quindi perpetrata una differenza tra le due parti del Paese – continua Busetta – che è di circa 60 miliardi. Questo vuol dire che se applicassimo il concetto per cui tutti abbiamo gli stessi diritti e le stesse risorse per il solo fatto di essere cittadini italiani, il Nord dovrebbe dare 60 miliardi in più al Mezzogiorno”.

Perequazione infrastrutturale

Della proposta del ministro Francesco Boccia due, in particolare, sono gli aspetti negativi che fanno sì che rappresenti una presa in giro per il Sud: la tempistica di attuazione per i livelli essenziali di prestazione e la perequazione infrastrutturale. I primi arriverebbero a 12 mesi dall’avvio dell’autonomia, la seconda è irreale. “Come a dire: intanto diamo loro l’autonomia, poi per i livelli essenziali di prestazione ne riparleremo. Questi 60 miliardi però, di certo non li restituiranno”, spiega Busetta. La perequazione infrastrutturale invece, è irrealizzabile perché fino ad oggi si è investito quasi solo al Nord e ci vorrebbe davvero una somma ingente per recuperare il divario. Somma che non è né stanziata né stanziabile perché i soldi non ci sono. “Mettono tre miliardi e mezzo fino al 2023, ma anche questo è ridicolo: soltanto per l’alta velocità da Salerno ad Augusta servirebbero trenta miliardi di euro. La questione, in realtà, è che non c’è alcuna intenzione di fare la perequazione: a Sud restiamo coi treni a scartamento ridotto, a Nord continuano i cantieri per l’alta velocità”, dice ancora Busetta.

Leggi anche – L’insostenibile lentezza dell’isola: Ue a velocità tripla

Autonomia sì, ma solo economica

Per l’esperto Svimez non ci sono dubbi: le disparità nel Paese sono troppe e questo progetto di legge le aumenterebbe mettendo a rischio il principio di unità nazionale. “Ci troviamo a mettere in crisi un principio fondamentale: chi nasce in Italia ha gli stessi diritti di cittadinanza perché ha anche gli stessi doveri. L’autonomia differenziata mette in discussione proprio l’unità nazionale ma solo a livello economico. Chi chiede a gran voce l’autogestione non vuole davvero separarsi, ai tavoli internazionali fa comodo giocarsi la carta di un Paese da 60 milioni di abitanti per chiedere le Olimpiadi o l’Expo. Insomma, da un lato ci sono i vantaggi di uno Stato importante, fondatore dell’Europa, dall’altro invece qualcuno spera di ottenere dei vantaggi in qualità di zona più ricca”.

- Pubblicità -
Desirée Miranda
Desirée Miranda
Nata a Palermo, sono cresciuta a Catania dove vivo da oltre trent'anni. Qui mi sono laureata in Scienze per la comunicazione internazionale. Mi piace raccontare la città e la Sicilia ed è anche per questo che ho deciso di fare la giornalista. In oltre dieci anni di attività ho scritto per la carta stampata, il web e la radio. Se volete farmi felice datemi un dolcino alla ricotta

DELLO STESSO AUTORE

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Iscriviti alla newsletter

Social

21,128FansMi piace
511FollowerSegui
376FollowerSegui
- Pubblicità -

Ultimi Articoli