Pensioni più povere, ma i nonni restano il principale sostegno delle famiglie

Sono “una delleprincipali fonti di sostegno delle famiglie“, ma stanno pagando caro “gli effetti della bruscacrescita dell’inflazionedovuta alla crisi energetica e all’invasione dell’Ucraina”. Parliamo deipensionati, la cui situazione è fotografata nelXXII rapporto annuale dell’Inpspresentato nei giorni scorsi al Parlamento. Secondo l’Istituto nazionale di previdenza sociale, “i pensionati sono circa16 milioni,di cui il 52 per cento sono femmine, e l’importo lordo della spesa pensionistica è poco sopra i320 miliardi di euro“. Per dare un’idea, si tratta di circa la metà del totale deiredditi da lavoro in Italia, che raggiungono i650 miliardima fanno capo a oltre28 milioni di posizioni. Una parte significativa delle pensioni viene utilizzata peraiutare familiari in difficoltà, anche nella gestione quotidiana degli impegni di famiglia visto che spesso iservizisono carenti. Secondo uno studio commissionato daFederanziani, nel 2022 “i nonni in Italia hanno contribuito con oltre38,2 miliardiai bilanci delle famiglie”. Durante la pandemia “il 92,8 per cento dei senior haaiutato economicamentefigli e nipoti”, ma anche dal punto di vista organizzativo. Leggi anche –Pensioni pignorate, in Sicilia “circa 10 mila casi”. Nuova legge non applicata Un aiuto irrinunciabile pertenere in piedi il Paese, insomma, che la crisi sta mettendo a rischio. Inps ha confrontato la situazione delle famiglie di solipensionaticon quelle deidipendenti. Tra il 2018 e il 2022 i redditi di questi ultimi sono cresciuti: del 23 per cento tra le famiglie più povere e del cinque per cento per quelle più ricche. Un aumento dovuto a “dinamiche particolarmente favorevoli“, a partire dallacrescita dell’occupazione. Così sono state recuperate “le perdite registrate nel 2020 a causa della pandemia”.Situazione oppostaper i pensionati, che subiscono in particolare l’inflazione. I più poveri hanno perso oltre il 10 per cento del reddito reale, i più ricchi il 7,5 per cento. Ciò malgrado le misure delDecreto Aiuti bis, che ha aumentato del due per cento i trattamenti fino a 35 mila euro all’anno e anticipato al 2022 gliadeguamentiprevisti a gennaio 2023. Per Inps “le misure del decreto non sono state sufficienti”, e in generale “la popolazione anzianarisultamolto espostaalle dinamiche dei prezzi”.Altre misuresono state introdotte con la Legge di bilancio 2023. Leggi anche –Famiglie, nel 2022 redditi più alti, anzi no: l’inflazione si mangia tutto Una tendenza confermata anche nello studio Federanziani. “Sono proprio i nonni, da semprecolonne portanti delle famiglieitaliane, a essere colpiti gravemente dalla crisi”, scrivono dal sindacato. Sottolineando che occorre “sostenere ancora di più gli anziani e le famiglie”, per contrastare “glieffetti economici negativiprodotti dalletensioni internazionalidovuti alla guerra in Ucraina, ilcaro bolletteper l’energia, il gas e il conseguente aumento della spesa e dell’inflazione”. Benché in difficoltà, osserva l’associazione, i nonni hannocontinuato a sostenere le famiglie. “Tra coloro che hanno aiutato i figli, il 41,8 per cento ha trasferito mensilmente unacifra compresa tra i 100 e i 500 euro. L’8,2 per centotra i 500 e i mille euro, e il 7,3 per cento addirittura ha contribuito conoltre mille euro“. Tendendo una mano ai nonni, dunque, sarà possibile “garantire un supporto all’intero tessuto sociale“. Supporto che passa anche da una equiparazione tra pensioni maschili e femminili. Leggi anche –Pensioni, ai lavoratori pubblici un assegno doppio rispetto a quelli privati Su questo fronte c’è ancora molto da fare. Le donne infatti vanno in pensione dopo e mediamente conimporti più bassirispetto agli uomini. I numeri dell’Inps parlano chiaro. L’età della pensione è passata dai62 anni per gli uomini e 61,3 anni per le donnenel 2012, ai64,2 anni per gli uomini e 64,7 anni per le donnenel 2022. “Il superamento dell’età dei maschi da parte delle femmine è legato alla diffusadiscontinuità delle loro carriere, che comporta ritardi relativi nel raggiungimento dei requisiti”, si legge nel report.Lavorare più a lungo, però, non significaguadagnare altrettanto. Nel complesso, infatti, “l’importo medio dei maschi è sempre maggiore di quello delle femmine”. Questo perché “l’uscita dal lavoro delle donne avviene prevalentemente con lapensione di vecchiaia, mentre quello degli uomini con lapensione anticipata“. L’importo di quest’ultima “è storicamente superiore a quella di vecchiaia,1.975 euroin media nel 2022 rispetto a1.092euro”.