Colpire gli interessi economici della mafia “funziona”, lo studio di UniCT

Colpire gli interessi economici della mafia funziona: a dirlo è uno studio appena pubblicato. “La mafia non è mai stata espressione delle istanze delle classi deboli, e dall’altro latonon è mai stata uno Stato nello Stato. Perònon è mai stata fatta una analisi di questi affari. L’Università di Catania lo sta facendo”. Parole diIsaia Sales, docente di Storia della mafie all’Università Sant’Orsola Benincasa di Napoli, e il riferimento è aglistudi effettuati in questi annial Dipartimento di Economia e Impresa (Dei)dell’Università etnea, in particolareda Livio Ferrante, professore di Economia Politica. I due studiosi sono stati ospiti lo scorso 11 marzo deiSeminari d’Ateneo sulla mafiacoordinati dal professore Antonio Pioletti e dedicati alla memoria del magistratoGiambattista Scidà. Leggi anche –Immobili confiscati: a Catania solo 36 su 792 per scopi sociali Gli studi si sono concentrati sull’efficacia delle misure a contrasto dell’organizzazione mafiosa. “Quando un boss muore, subito viene sostituito all’interno dell’organizzazione. Ma i provvedimenti di tipo economico come la confisca e la riassegnazione dei beni funzionano meglio di provvedimenti personali opersino dello scioglimento dei Comuni per mafia“, sintetizza Ferrante. Parole che confermano nei fatti la bontà della legislazione di riferimento, laLegge 646/1982 “Rognoni-La Torre”. A oggi, secondo idati dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC) lo Stato gestisce 3.125 aziende, di cui 913 in Sicilia. Quelle destinate a unariassegnazionesono invece1.790, di cui 551 in Sicilia. Dati che manifestano tutte le difficoltà del sistema dei Beni confiscati,più volte denunciati anche dagli studi di Ferrante. “Le imprese mafiose – spiega Ferrante – operano sul mercato usando la propria influenza per ottenere un vantaggio ingiusto nei confronti dei potenziali competitors creando disamenità che si traducono in maggiori costi per le imprese commerciali”.Eliminare l’ingiusto vantaggio ha quindi solo benefici. Leggi anche –Beni confiscati: “Con la vendita rischiano di tornare alle mafie” Riassegnare i beni permette di fatto “dinon gettare il bambino con l’acqua sporca“, sintetizza Ferrante e a Cataniane è un esempio l’azienda di trasporti Geotrans, precedentemente di proprietà della famiglia Ercolano, insieme ai Santapaola a capo dell’omonimo clan “Santapaola-Ercolano” legato a Cosa Nostra. Ma cosa succede se si elimina dal mercato un’azienda mafiosa?. “L’esclusione di una impresa mafiosadal mercato porta ad unincremento del valore di affitto e vendita degli immobili commerciali di circa il 4%.Cresconoin quel Comune anche il numero delleimprese e degli addetti e il livello medio dei redditi di impresa. Diminuiscono nella provincia anche il numero di reati di tipo mafioso”, dicono gli studi dell’Università di Catania. Ma c’è ancora molto da fare. Secondo Sales “lo Stato la mafia l’ha affrontata con forza quando ha voluto, ma non l’ha mai sconfitta, ha solo evitato gli eccessi di quelli che possiamo definire imprenditori di due mondi, criminale e legale”. Leggi anche –La mafia distrugge il libero mercato. Lo studio Unatesi corroborata anche dalle stimesu quanto sia grande l’economia mafiosa. “Parliamo di oltre 3,7 miliardi di euro per la Camorra, di 1,6 per la Ndrangheta, di circa 1,5 miliardi per Cosa Nostra“. Ovvero,l’economia mafiosa vale oggi più che negli anni delle stragi di mafiae “il ruolo della Camorra come entità non ha precedenti nella storia dell’economia”. I proventi sono frutto di unasempre maggiore “zona grigia”, che prospera nell’economia legale “storicamente con il lavoro a bassa tecnologia, tipicamente quello edile e della movimentazione terra, ma anche dei rifiuti”, con interessi estesi in questi anni anche alNord Italia“dove gli imprenditori ricorrono alle aziende collegate alle mafie perché conviene“, spiega Sales. Tuttavia a oggi, secondo lo studio, la mafia ha diversi interessi economici. Quel che Sales dà per certo è che, a oggi, “non hanno straordinarie capacità in settori nevralgici come quelli dell’innovazione tecnologia e scientifica”. Leggi anche –Solo il 37% degli italiani ha conoscenze finanziarie base. E in Sicilia va peggio Presente al Seminario ancheAntonio Fisichelladel Comitato per il contrasto alla dispersione scolastica e al disagio giovanile, che haricordato come per anni l’economia catanese fosse stata dominata dai rapporti “documentati” tra il boss di Cosa Nostra Nitto Santapaola con i cosiddetti “cavalieri del lavoro”,titolaridelle grandi imprese Costanzo, Graci, Rendo e Finocchiaro. Rapporti ora non più visibili pubblicamente. Le dinamiche di estorsione tipiche dell’economia mafiosa non sono però sparite. Un esempio ne è la testimonianza diSebastiano Costa, imprenditore che aZafferana Etneaproducemielema ha soprattutto un’attività legate al turismo agricolo, “conpresenze annue anche di 170 mila persone“, racconta. Nel2015ha deciso di allargare la propria attività, ma nelcorso dei lavori ha subito vari atti vandalici con danni per decine di migliaia di euro. Le denunce, supportate dall’associazione antiracket Asaec, hanno portato a trovare i responsabili, il cui fine era quello di far andare via Costa e la sua attività “concorrente”. La storia non ha però ancora avuto un lieto fine. “Sono quasi dieci anni che corro tra vari processi,perché negli anni si sono succeduti altri episodi di minacce dalle stesse persone. Ho vissuto inSvizzeraprima di tornare in Italia a fine anni ’80, e sono certo che lì non ci sarebbero stati tutti questi rimandi delle sentenze definitive”, si sfoga Costa. Leggi anche –Beni confiscati, la riassegnazione funziona. Diversi i benefici. Lo studio Leminacce subite da Costahanno inoltre portato a degliaumenti dei costi, non solo per i danni. “Al momento hodue dipendentiche pago per fare lavigilanza notturna, una spesa di40-45 mila euro annui“, racconta Costa. Secondo Ferrante questicosti sono tipici del fenomeno mafioso e della “scelta” che deve fare l’imprenditore. Ovvero “Pagare i banditiperché non taglieggino, opagare per difendersi dalla cosiddettadiversioncon vigilanza, telecamere o altro”. La cosiddettadiversiondelle risorse “avviene quando queste vengono tolte da unità di produzione a causa di furti, corruzione, pizzo”. Questo il motivo per cui “una economia ha bisogno di infrastrutture sociali che incoraggino gli individui a fare impresa. E che indirizzino le risorse verso laproduzionepiuttosto che dirottarle su altro”, conclude il professor Ferrante.