Istat, ad aprile crescono i prezzi al consumo. Sale l’energia, cala il cibo

Tornano a crescere i prezzi in Italia. Nel mese di aprile, secondo il rapporto periodico dell’Istat, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic) è cresciuto su base mensile di quasi mezzo punto (più 0,4 per cento), al lordo dei tabacchi. Rispetto a dodici mesi fa la crescita supera il punto (più 1,1 per cento) migliorando la performance di marzo (più 0,8 per cento), e confermando la stima preliminare. L’accelerazione, annota l’Istituto di statistica, è dovuta in buona parte “al confronto con aprile 2020, quando i prezzi, anche a causa dell’emergenza sanitaria, avevano subito una diminuzione marcata rispetto al mese precedente”. L’accelerazione tendenziale dell’inflazione si deve essenzialmente ai prezzi dei beni energetici, la cui crescita passa da più 0,4 per cento di marzo a più 9,8 per cento, a causa sia dei prezzi della componente regolamentata (che invertono la tendenza da meno 2,2 per cento a più 16,8 per cento) sia di quelli della componente non regolamentata (che accelerano da più 1,7 per cento a più 6,6 per cento); tale dinamica è solo in parte compensata dall’inversione di tendenza dei prezzi dei beni alimentari non lavorati (da più un per cento a meno 0,3 per cento) e di quelli dei Servizi relativi ai trasporti (da più 2,2 per cento a meno 0,7 per cento). Leggi anche –Istat, a marzo 34 mila occupati in più. Restano indietro donne e over 35 La cosiddetta “inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, e quella al netto dei soli beni energetici decelerano e si portano entrambe a più 0,3 per cento (da più 0,8 per cento di marzo). L’aumento congiunturale dell’indice generale è dovuto prevalentemente alla crescita dei prezzi dei beni energetici regolamentati (più 3,6 per cento), dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (più 1,4 per cento), degli energetici non regolamentati e degli Alimentari non lavorati (più un per cento per entrambi), solo in parte compensata dalla diminuzione dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti (meno 1,2 per cento). Leggi anche –Istat: “In Sicilia il 40 per cento dei lavoratori in aziende a rischio” L’inflazione acquisita per il 2021 è pari a più 1,2 per cento per l’indice generale e a più 0,6 per cento per la componente di fondo. I prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona amplificano la loro flessione (da meno 0,1 per cento a meno 0,7 per cento), mentre quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto accelerano (da più 0,7 per cento a più un per cento). L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) registra un aumento su base mensile dello 0,9 per cento e dell’un per cento su base annua (da più 0,6 per cento di marzo), confermando la stima preliminare. Leggi anche –Istat, dall’inizio dell’emergenza Covid perso quasi un milione di posti di lavoro L’aumento congiunturale dell’Ipca, più marcato rispetto a quello del Nic, è spiegato dalla fine dei saldi stagionali prolungatisi anche a marzo e di cui il Nic non tiene conto; i prezzi di Abbigliamento e calzature registrano infatti un aumento congiunturale pari a più 5,1 per cento e una flessione meno marcata su base annua (da meno 0,7 per cento a meno 0,2 per cento). L’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (Foi), al netto dei tabacchi, registra un aumento dello 0,4 per cento su base mensile e dell’1,2 per cento su base annua.