Lavoro: il Covid passa, il gender gap no. Per le donne 8.000 euro in meno l’anno

Lavoro: il Covid passa, il gender gap no. Per le donne 8.000 euro in meno l’anno

Lapandemiapassa, laquestione di genereresta. Nel 2022 ilavoratori dipendentidel settore privato (esclusi operai agricoli e domestici) sono stati poco meno di 17 milioni, con una media di 244 giornate retributive e una paga di circa 22.800 euro l’anno. SecondoInps, che ha diffuso i dati, “non solo sono stati riassorbiti gli effetti dell’emergenza legata allapandemia da Covid-19a causa della caduta della produzione e dei consumi nel 2020, ma è statosuperato anche il livello pre-pandemia del 2019“. Quello che resta è il divario tra uomini e donne nel mondo del lavoro. I dipendenti maschi infatti rappresentano oltre il 57 per cento del totale, il 14 per cento in più rispetto alle femmine. Anche la retribuzione è “significativamente differenziata” in base algenere del lavoratore.Essa infatti “è costantementepiù alta per il genere maschile(26.227 euro contro 18.305 euro per le femmine)”. Conti alla mano, una differenza diquasi ottomila euro l’anno. Leggi anche –Giovani millennials senza lavoro al Sud. La Sicilia è l’isola delle incertezze Secondo l’Istituto nazionale di statistica, la disparità dipende soprattutto dal tipo di impiego. “Ildifferenziale retributivoper genere risulta significativamente correlato alla maggiore presenza di lavoropart time tra le femmine“. I dati parlano chiaro. “Il numero di lavoratrici che nel 2022 hanno avuto almeno un rapporto di lavoro part time è pari aoltre 3,5 milioni, contro due milioni di maschi“. In termini percentuali, “nel 2022 il 21 per cento dei dipendenti maschi ha avuto almeno un rapporto dilavoro a tempo parziale,mentre tra le femmine la quota con almeno un part time nell’anno è pari a circa il 49 per cento”. Inps precisa che ilpart time “è un fenomeno rilevante”,e che nel 2022 ha interessato “oltre un terzo dei lavoratori (33 per cento)”. Allo stesso tempo, “la composizione per genere evidenzia che il part-time è una modalità che caratterizza soprattutto lapartecipazione femminile“, di solito per la difficoltà di coniugareimpegni lavorativi e familiari. Leggi anche –Lavoro in Sicilia: si trova subito se sei muratore, cameriere o commesso Nel tempo pienola presenza di donnerisulta minore.“Nel 2022 il numero medio di lavoratori dipendenti con un orario di lavoro a tempo pieno risulta pari a 10,3 milioni, il 72,5 per cento circa del totale”. Il dato è in crescita dicirca 600 mila unitàrispetto all’anno precedente, ma dipendesoprattutto dagli uomini.Secondo Inps sono circa il doppio rispetto alle donne, e iltasso di crescitasegue lo stesso andamento. Ilavoratoria tempo pieno infatti passano da 6,6 a sette milioni, con una crescita di circa 400 mila unità. Lelavoratriciinvece passano da 3,1 a 3,3 milioni, con una crescita di 200 mila unità. L’analisi evidenzia un altro dato. “A livello territoriale il 77,6 per cento di dipendenti delNord-ovestha un orario di lavoro a tempo pieno. Tale percentuale diminuisce passandoda Nord a Sudfino al 60,7 per cento nelle Isole”.In Sicilia e Sardegna, infatti, “è più diffuso il tempo parziale, 39,3 per cento, rispetto al 27,5 per cento nazionale”. Leggi anche –Morti sul lavoro, cosa fare subito. I risarcimenti per i familiari superstiti Ildivario territorialeriguarda il lavoro in generale. Secondo Inps, infatti, “il 31,6 per cento dei lavoratori è impiegato nelNord-ovest;segue ilNord-estcon il 23,5 per cento, ilCentrocon il 20,7 per cento, ilSudcon il 16,9 per cento, leIsolecon il 7,3 per cento”. Uno 0,1 per cento, infine, vive in Italia ma lavora all’estero. Quanto alle tipologie di impiego, “una quota significativa di dipendenti risulta nel settoremanifatturiero(3,9 milioni di lavoratori, pari al 23,2 per cento). Seguono isettori delcommercio(14,6 per cento), delnoleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese(11,1 per cento) e delle attività dialloggio e ristorazione(10,6 per cento)”. Da non sottovalutare poiil contributo degli stranieri.“Nel 2022 l’11,2 per cento dei lavoratori dipendenti ha cittadinanza extracomunitaria”. Inps sottolinea che il 36,5 per cento si collocasotto 10 mila euro di retribuzione.Per i lavoratori comunitari meno del 24 per cento è sotto questa soglia.