Olio Evo, scorte in calo del 30% rispetto al 2022. Perché è migliore degli altri oli

È uno dei protagonisti assoluti delladieta mediterranea, ma è messo a rischio dallacrisi internazionale: parliamo dell’olio d’oliva, “vittima” delclimama anche dell’inflazioneaggravata dalla guerra inUcraina. Come spiegato aFocuSiciliadagli agronomiPaolo CarusoeRiccardo Randello, le riserve nazionali sono ridotte e con l’attuale ritmo potrebbero esaurirsi presto. A fornire i dati sullescorte di olioin Italia è l’Icqrf, Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari. Al 31 luglio 2023, lostock di olio extravergineprodotto in Italia supera di poco le52 mila tonnellate. In generale, si legge nel report, “le giacenze di olio risultano del 24,8 per cento inferiori rispetto allo stesso periodo del 2022”. Ciò è dovuto prevalentemente “allariduzione delle giacenzedi olio Evo (meno 29,5 per cento) e olio di sansa di oliva (meno 17,5 per cento)”. Definizioni che nascondonocaratteristiche qualitative ben precise. Leggi anche –Olio, in Sicilia produzione in calo. “Seri danni dai cambiamenti climatici” L’olio viene classificato in modo differente in base al metodo diestrazione(meccanico o chimico) e allaqualitàdel prodotto. In Italia la materia è regolata dalDecreto ministeriale 509/1987, e a livello europeo dalladirettiva 136/66. Il requisito principale è l’acidità. Nell’olio extravergine d’oliva, estratto meccanicamente, deve essere inferiore allo0,8 per cento. Secondo il report dell’Icqrf, alle 52.759 tonnellate di olio Evo prodotto in Italia bisogna aggiungere anche quello di origine europea (53.413 tonnellate) ed extra-Ue (12.320), oltre ai blend tra diversi continenti (3.834). Numeri che portano il totale delle scorte di olio extravergine a 144.853 tonnellate. C’è poi l’olio vergine, estratto sempre con metodo meccanico, la cuiaciditàpuò raggiungere ildue per cento. Le caratteristiche organolettiche, sottolineano tuttavia gli esperti, sono meno apprezzabili dell’Evo. Le scorte nazionali ammontano a 3.517 tonnellate, di cui 1.174 di origine italiana. Leggi anche –Olio Dop Monte Etna, nuovo disciplinare “nato dal cambiamento climatico” Altre tipologie di olio sonomeno indicateo addiritturavietateper il consumo umano. È il caso dell’olio lampante, prodotto meccanicamente ma con “gravi difetti”, così chiamato perché in passato veniva utilizzato per l’alimentazione delle lampade. Le scorte italiane ammontano a 15.228 tonnellate. Questo prodotto può essere raffinato, cioè trattato chimicamente per portare l’acidità sotto la soglia del due per cento. Le scorte diolio raffinatosono di 18.935 tonnellate. C’è poi l’olio di sansa, estratto attraverso solventi dallo scarto della lavorazione delle olive. In questo caso le scorte ammontano a 15.656 tonnellate. Sia l’olio raffinato che l’olio di sansa, combinati con una quantità di olio vergine, danno vita all’olio d’oliva, le cui qualità organolettiche sono parecchio inferiori a quelle dell’olio extravergine. Ci sono poi 3.298 tonnellate di olio ancora “in attesa di classificazione” da parte dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità. Leggi anche –Morgantinon, dalla Regione riconoscimento ai produttori siciliani di olio Il rapporto dell’Icqrf fornisce anche il dettaglio deglistock regionali. A farla da padrone è ilMezzogiorno. “Il 44,7 per cento della giacenza nazionale di olio di oliva è presente nelle regioni del Sud Italia, con il significativo contributo delle regioniPugliaeCalabria(26,7 per cento e 8,9 per cento, rispettivamente)”. Quanto allaSicilia, ospita il 6,1 per cento delle scorte, a pari merito con laCampania. Per quanto riguarda le province, si legge ancora nel report “è da segnalare il 16 per cento delle giacenze nella provincia diBarie il 10,5 per cento nella provincia diPerugia“. Il capoluogo pugliese primeggia anche per le indicazioni territoriali di qualità. “LaDopTerra di Bari da sola rappresenta il 26,6 per cento del totale delleDenominazioni di originein giacenza”. A livello nazionale, le indicazioni di qualità sono solo una piccola parte del prodotto. “L’olio aDop/Igpin giacenza è pari al 4,2 per cento del totale presente in Italia e il 5,8 per cento dell’olio Evo stoccato”.