Rdc, a che punto è l’obbligo per i lavori di pubblica utilità

A circa dieci mesi dalla nascita, alReddito di cittadinanzasi aggiunge un altro tassello della “Fase 2”. Entra nel vivo, infatti, l’obbligo per i soggetti coinvolti di svolgere lavori socialmente utili tramite l’adesione ai cosiddetti Puc (progetti utili alla collettività). Palermo si è già mossa in anticipo. Altri Comuni lo stanno facendo in questi giorni. Sono infatti i municipi a definire i progetti (con la possibilità di collaborare con enti del terzo settore) e decidere quali attività mettere in atto scegliendo tra gli ambiti indicati dal ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali: culturale (organizzazione di manifestazioni ed eventi e supporto a strutture che svolgono attività informative quali ad esempio biblioteche, centri di lettura, videoteche…), sociale (sostegno a persone anziane e con disabilità, accompagnamento scuolabus…), artistico (supporto nella gestione delle strutture museali…), ambientale (riqualificazione dei percorsi paesaggistici, supporto alle campagne informative, riconversione di aree cittadine dismesse…). Come
funzionerà la selezione dei soggetti coinvolti e l’assegnazione di
questi ai singoli progetti? Il piano è quello di un dialogo continuo
tra cittadini, Centri per l’impiego e Comuni (Cpi), in un’ottica
di condivisione tale da permettere che le aspirazioni dei soggetti
coinvolti trovino riscontro nei progetti di pubblica utilità. Nello
specifico, almeno sulla carta, i percettori di reddito di
cittadinanza idonei al lavoro (convocati dai centri per l’impiego)
saranno chiamati a indicare le proprie preferenze tra gli ambiti a
disposizione e i Comuni a predisporre progetti adeguati a queste
ultime. Gli enti locali, infatti, dialogheranno con i Cpi per
soddisfare le richieste in modo da far coincidere domanda e offerta.
Chiaramente, questo sarà possibile solo quando il meccanismo sarà
consolidato. Per il momento i Comuni stileranno una serie di progetti
generici, per poi adeguarsi lentamente alle richieste. Tutti i
progetti, una volta determinati, verranno inseriti nella piattaforma
Gepi (l’applicazione nata per gestire i patti per l’inclusione
sociale) per permettere la pubblica consultazione. La
collaborazione prevista (da svolgere nel Comune di residenza) dovrà
impegnare i soggetti coinvolti per almeno otto ore settimanali (che
possono essere aumentate fino a sedici). Le attività da svolgere,
specifica il ministero, “non sono assimilabili ad attività di
lavoro subordinato, parasubordinato o autonomo” e l’adesione al
progetto “non determina l’instaurazione di un rapporto di
lavoro”. I percettori di Rdc, infatti, potranno solo offrire
supporto ai lavoratori coinvolti nei progetti ma non potranno
subentrare a “lavoratori assenti per malattie o congedi o sopperire
alle carenze d’organico”, né sostituirsi ai responsabili. Per
fare un esempio concreto: un soggetto coinvolto in progetto per la
riqualificazione del verde pubblico potrà fornire supporto agli
operatori dell’ente locale (ad esempio tramite la raccolta di
rifiuti abbandonati) ma non potrà ricoprire in toto il suo ruolo, né
assumere alcuna posizione di responsabilità. L’adesione
ai Puc, come detto, è obbligatoria pena la decadenza del beneficio.
Per monitorare la reale partecipazione dei soggetti, ogni ente
attuatore dovrà predisporre un apposito registro delle presenze e
monitorare le attività svolte, segnalando eventuali irregolarità e
assenze all’Inps. Vi sono, tuttavia, alcune categorie di
beneficiari “esonerate”. Tra queste: persone frequentanti corsi
di studio o di formazione, persone con disabilità o in condizioni di
salute che non consentano la partecipazione ai lavori, persone con
età pari o superiore a 65 anni. Resta ferma comunque, per i soggetti
non tenuti agli obblighi, la possibilità di aderire in maniera
volontaria ai progetti previsti nei proprio comuni di residenza. Leggianche–Reddito di cittadinanza: il simulatore per sapere se e quanto spetta Su chi ricadranno le spese per la progettazione e la messa in atto dei Puc? Non sui Comuni (per fortuna). Tutti gli oneri sono a carico del Fondo Povertà e del Pon inclusione. Le risorse economiche serviranno, tra l’altro, a coprire le spese assicurative contro gli infortuni e le malattie professionali, quelle relative alla formazione base, alla forniture di materiali e strumenti, al rimborso di trasporto e buoni pasto e a tutte le attività di tutoraggio, coordinamento e supervisione. La
“Fase 2” dovrebbe in parte contribuire a sfatare la visione dei
percettori di reddito di cittadinanza come nullafacenti in attesa di
convocazione. Il primo bilancio sui risultati in ambito
occupazionale, infatti, ha suscitato non poche perplessità. Secondo
l’Anpal (l’Agenzia nazionale per le Politiche attive per il
lavoro), su circa 791 mila beneficiari di Rdc risultati idonei al
lavoro, appena 28.763 hanno trovato un’occupazione. Il rischio di
questa seconda fase, però, è che si protragga troppo a lungo,
scoraggiando il reale inserimento lavorativo dei soggetti coinvolti.
L’impiego nei lavori socialmente utili, infatti, dovrebbe essere
solo un passaggio in attesa dell’individuazione da parte dei Cpi di
occupazioni idonee. Ma non c’è nessuna certezza che questo accada
davvero e, nel decreto che disciplina le modalità di attuazione dei
Puc, non c’è alcun riferimento sulle tempistiche massime d’impiego
dei singoli beneficiari nei vari progetti. Il bandolo della matassa, in questo momento, è in mano ai Comuni impegnati nella definizione dei Puc. In Sicilia (dove i nuclei familiari percettori di reddito di cittadinanza sono, secondo gli ultimi dati Inps, circa 162 mila) alcuni municipi (tra cui ad esempio Caltagirone, Marsala e Porto Empedocle) hanno già riunito le proprie amministrazioni per affrontare la questione. In altri, invece, l’impiego dei percettori di Rdc nello svolgimento dei lavori socialmente utili (anche se in forma volontaria) è già realtà. È il caso di Palermo dove i beneficiari sono già stati coinvolti nei mesi scorsi nella riqualificazione di alcune strade e aree verdi della città. I primi passi, insomma, sono già stati mossi. Chi è rimasto indietro, adesso, sarà costretto ad adeguarsi.