Semplificazione: la nota n. 1357 dell’INL sui controlli alle attività economiche

Semplificazione: la nota n. 1357 dell’INL sui controlli alle attività economiche

Connota numero 1357 del 31 luglio 2024l’Inl, Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito le prime indicazioni operative suldecreto legislativo 12 luglio 2024 numero 103recante “Semplificazione dei controlli sulle attività economiche, in attuazione della delega al Governo di cui all’articolo 27, comma 1, della legge 5 agosto 2022, n. 118”. Il decreto, attuativo dell’art. 27 della L. n. 118/2022, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 167 del 18 luglio 2024, e entrato in vigore lo scorso 2 agosto, introduce diverse disposizioni che incidono sull’attività dell’Ispettorato, sia sulla programmazione della vigilanza, sia sulla sanzionabilità delle condotte. Il decreto si applica “ai controlli amministrativi sulle attività economiche svolti dalle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, deldecreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”. La stessa disposizione introduce inoltre la nozione di“diffida amministrativa”,da intendersi quale “invito, contenuto nel verbale di ispezione, rivolto dall’accertatore al trasgressore e agli altri soggetti di cui all’articolo 6 dellalegge 24 novembre 1981, n. 689, prima della contestazione della violazione, a sanare la stessa”. Trattasi dunque di un atto diverso dalla diffida di cui all’art. 13 delD.Lgs. n. 124/2004e prodromico alla contestazione degli illeciti oggetto di accertamento. Occorre inoltre evidenziare la necessità del “rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento europeo e dal diritto internazionale”, come meglio chiarito in seguito. L’art. 2 introduce alcune disposizioni, non ancora effettivamente operative, finalizzate ad una semplificazione degli adempimenti amministrativi. Si prevede, infatti, di impegnare le amministrazioni interessate ad introdurre discipline o accorgimenti “al fine di garantire una piena conoscenza degli obblighiai quali i soggetti controllati sono tenuti e di eliminare sovrapposizioni e duplicazioni di controlli” e in particolare: –uno schema standardizzato,da parte del Dipartimento della funzione pubblica, per il censimento dei controlli e la pubblicazione, da parte delle PP.AA. nei propri siti istituzionali, del censimento di loro competenza; –una ricognizione,da parte delle PP.AA. entro il 30 giugno 2025 ed a cadenza triennale, deicontrolli operati nell’ultimo triennioe dei relativi esiti anche in relazione alla dimensione e tipologia dei soggetti controllati; –l’elaborazione,da parte del Dipartimento della funzione pubblica, entro il 30 ottobre 2025 ed a cadenza triennale, di un documento contenente ilquadro di sintesi dei controllial fine di individuare aree di sovrapposizione e duplicazione tra i controlli svolti a diversi livelli amministrativi. L’art. 3 del decreto istituisce un“sistema di identificazione e gestione del rischio su base volontaria”,riferito ad alcuni ambiti omogenei, tra cui quello della sicurezza dei lavoratori ma anche, ad esempio, quello della protezione ambientale, dell’igiene e salute pubblica e della sicurezza pubblica. Rispetto a ciascun ambito l’Ente nazionale italiano di unificazione (UNI) (art. 4, L. n. 317/1986) elabora norme tecniche o prassi di riferimento idonee a definire un livello di rischio basso “al quale è associabile un Report certificativo”. Il Report potrà essere rilasciato, a domanda, “da organismi di certificazione, ispezione, validazione o verifica, accreditati presso l’Organismo nazionale di accreditamento riconosciuto e firmatario degli accordi di mutuo riconoscimento (MLA) dell’Associazione di cooperazione europea per l’accreditamento (EA)” e inserito dall’Organismo unico di accreditamento “nel fascicolo informatico di impresa” di cui all’art. 2, comma 2 lett. b), della L. n. 580/1993. L’art. 4 del decreto, sebbene non immediatamente operativo, fornisce importanti indicazioni ai fini dellaprogrammazione dell’attività di vigilanza. La disposizione stabilisce che “le amministrazioni che svolgono funzioni di controllo, prima di avviare le attività di vigilanza consultano ed alimentano con gli esiti dei controlli il fascicolo informatico di impresa” tenuto dalle Camere di commercio ai sensi dell’art. 2, comma 2 lett. b), della L. n. 580/1993. Con le modalità che saranno definite con apposito decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy, ogni amministrazione dovrà accedere al fascicolo informativo “ai fini del coordinamento, programmazione e svolgimento dei controlli”. Sotto altro profilo si stabilisce, analogamente a quanto previsto da altre disposizioni (v. ad es. art. 43, D.P.R. n. 445/2000), che lePP.AA. non possono richiedere la produzione di documenti e informazioni già disponibili nel fascicoloinformatico o comunque in loro possesso. La disposizione è immediatamente operativa nella misura in cui tali documenti e informazioni siano effettivamente disponibili per l’Ispettorato nazionale del lavoro e rispetto alla quale il legislatore richiama la responsabilità dirigenziale ai sensi dell’art. 18-bis, comma 4, del D.Lgs. n. 82/2005. L’art. 5 del decreto introduce alcuni principi informatori sui controlli alle imprese di interesse. La disposizione rimette aMinisteri e Regioni il compito di pubblicare sui propri siti istituzionali apposite linee guida o FAQper agevolare la comprensione e il rispetto della normativa in materia di controlli; questi dovranno fondarsi sui principi di: -“fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta delle amministrazioni” -“efficacia, efficienza e proporzionalità”, minimizzando le richieste documentali e “secondo il criterio del minimo sacrificio organizzativo per il soggetto controllato”. Inoltre “ilcomma 3prevede che, salvo i casi di richieste da parte dell’Autorità giudiziaria o di specifiche segnalazioni di soggetti privati o pubblici, i casi previsti dal diritto dell’unione europea e i controlli per la sicurezza sui luoghi di lavoro oppure ogni qual volta si rilevano situazioni di rischio – casi per i quali i controlli vengono effettuati con immediatezza –le amministrazioni programmano i controlli e i relativi accessi ispettivi con intervalli temporali correlati alla gravità del rischio.Fatti salvi i casi di cui al comma 3,tale intervallo non può essere inferiore ad un annoper i soggetti che presentano un rischio basso ai sensi di quanto previsto all’articolo 3 (comma 4)”. Rispetto a tali indicazioni la disposizione, al comma 6, declina ulteriori previsioni che vanno in parte a sovrapporsi con la c.d. “Lista di conformità INL” disciplinata dall’art. 29, commi 7, 8 e 9, del D.L. n. 19/2024 (conv. da L. n. 56/2024).Il comma 6 stabilisce infatti il periodo di esonero dei controlli,stabilendo che l’operatore economico è esonerato nei successivi dieci mesi dall’ultimo controllo da parte della stessa amministrazione o altre amministrazioni che esercitano le funzioni di controllo, fatti salvi i casi di cui al comma 3 e nel rispetto delle disposizioni di attuazione del diritto dell’Unione europea. Tale beneficio non è però cumulabile con quello previsto dal decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19,convertito, con modificazioni dalla L. 29 aprile 2024, n. 56, il cui articolo 29 prevede, ai commi 7, 8 e 9, l’iscrizione, previo assenso, del datore di lavoro in un apposito elenco informatico, denominato appunto «Lista di conformità INL», in forza del quale i datori di lavoro non sono sottoposti, per un periodo di dodici mesi dalla data di iscrizione nella Lista di conformità INL, ad ulteriori verifiche da parte dell’Ispettorato nazionale del lavoro nelle materie oggetto degli accertamenti (fatte salve le verifiche in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, le eventuali richieste di intervento, nonché le attività di indagine disposte dalla Procura della Repubblica). La disciplina introdotta recentemente in materia di “Lista di conformità INL” è da considerarsi dunque norma speciale.Sarà tuttavia necessario che tali informazioni confluiscano nel fascicolo informatico d’impresaper consentire anche alle altre amministrazioni di poter programmare i controlli di competenza. L’art. 5 prevede, inoltre, che “non possono essere effettuate due o più ispezioni diverse sullo stesso operatore economico contemporaneamente,a meno che le amministrazioni non si accordino preventivamente per svolgere una ispezione congiunta”. Tale ultima disposizione richiede, quindi, un più attento e capillare coordinamento con le altre amministrazioni che operano controlli in materia di lavoro e legislazione sociale. Ulteriore indicazione contenuta nell’art. 5 è quella secondo cui le amministrazioni improntano la propria attività al rispetto del “principio del contraddittorio” e “adottano i provvedimenti di propria competenza, ivi incluse eventuali sanzioni, in modo proporzionale al livello di rischio (…) al pregiudizio arrecato, alle dimensioni del soggetto controllato e all’attività economica svolta”. Non appare invece applicabile agli accertamenti di competenza dell’Ispettorato nazionale del lavoro la previsione secondo cui le amministrazioni sono tenute a fornire, prima di un accesso nei locali aziendali, “l’elenco della documentazione necessaria alla verifica ispettiva”. L’art. 6 del decreto è quello che più impatta sulle attività di controllo di competenza dell’Ispettorato. Si prevede che “salvo che il fatto costituisca reato,per le violazioni per le quali è prevista l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria non superiore nel massimo a cinquemila euro, l’organo di controllo incaricato,nel caso in cui accerti, per la prima volta nell’arco di un quinquennio, l’esistenza di violazioni sanabili,diffida l’interessato a porre termine alla violazione, ad adempiere alle prescrizioni violate e a rimuovere le conseguenze dell’illecito amministrativo entro un termine non superiore a venti giorni dalla notificazione dell’atto di diffida. In caso di ottemperanza alla diffida, il procedimento sanzionatorio si estinguelimitatamente alle inosservanze sanate. L’istituto della diffida amministrativa di cui al presente decreto non si applica a violazioni di obblighi o adempimenti che riguardano la tutela della salute, la sicurezza e l’incolumità pubblica e la sicurezza sui luoghi di lavoro”. La diffida amministrativa, così come definita all’art. 1, troverà dunque applicazione nelle ipotesi seguenti. Laddove non trovi applicazione si seguiranno le “normali” procedure sanzionatorie. La diffida amministrativa quindi: – trova applicazione esclusivamente in relazione alle violazioni per le quali è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria, come tale soggetta alla disciplina di cui alla L. n. 689/1981; – non deve prevedere, nel massimo, un importo superiore ad euro 5.000. Tale importo va considerato come limite in astratto previsto dalla disposizione sanzionatoria e non come sanzione irrogata nel concreto. Esula dunque dall’applicazione della diffida amministrativa la maxisanzione per lavoro “nero” nonché tutte le sanzioni proporzionali poiché “non hanno limite massimo”; – la violazione sanabile deve essere stata per la prima volta accertata nell’arco di un quinquennio. Laddove il personale ispettivo accerti che nei cinque anni antecedenti all’accesso ispettivo sia stata commessa la stessa o un’altra violazione soggetta a diffida, la diffida amministrativa non sarà applicabile rispetto alla violazione da ultimo accertata; – la violazione deve essere materialmente sanabile, sono pertanto da escludersi tutte quelle violazioni per le quali l’interesse giuridico tutelato non è più recuperabile, come ad esempio avviene in caso di violazione delle disposizioni in materia di tempi di lavoro di cui al D.Lgs. n. 66/2003, peraltro da ritenersi comunque escluse in ragione in quanto espressione dell’adempimento a “vincoli derivanti dall’ordinamento europeo e dal diritto internazionale”; – la diffida amministrativa non si applica a violazioni di obblighi o adempimenti che riguardano, fra l’altro, la tutela della salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro. Appaiono invece ricompresi nell’ambito di applicazione della diffida parte delle violazioni amministrative di carattere documentale, nella misura in cui non siano ricollegabili alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro; – la sanzione prevista in relazione alla condotta accertata non deve essere espressione dell’adempimento a “vincoli derivanti dall’ordinamento europeo e dal diritto internazionale”, in relazione ai quali lo stesso decreto non trova applicazione (v. art. 1). La diffida amministrativa non sarà quindi applicabile, ad esempio, in relazione alla violazione degli obblighi di comunicazione al lavoratore delle informazioni di cui al D.Lgs. n. 152/1997, come peraltro modificato dal D.Lgs. n. 104/2022 e attuativo della direttiva (UE) 2019/1152. Una volta accertata la sussistenza delle condizioni sopra indicate e quindi l’applicabilità dello strumento disciplinato dall’art. 6 il personale ispettivo diffiderà l’interessato “a porre termine alla violazione, ad adempiere alle prescrizioni violate e a rimuovere le conseguenze dell’illecito amministrativo entro un termine non superiore a venti giorni dalla data della notificazione dell’atto di diffida”. Una volta notificata la diffida: – in caso di ottemperanza, il procedimento sanzionatorio si estingue limitatamente alle inosservanze sanate, senza dunque alcun addebito sanzionatorio. Nelle ipotesi in cui si accerti contestualmente sia la violazione sia l’avvenuta regolarizzazione, si avrà lo stesso effetto estintivo di cui si darà atto nei relativi atti ispettivi; – in caso di mancata ottemperanza alla diffida entro il termine indicato, il personale ispettivo procederà direttamente a contestare l’illecito entro novanta giorni dall’accertamento ai sensi dell’art. 14 della L. n. 689/1981 applicando gli importi sanzionatori di cui all’art. 16 della stessa legge. Il mancato adempimento alla diffida ovvero l’accertamento di altre violazioni diobblighi o adempimentiche riguardano, fra l’altro, la tutela la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro comportano la revoca del Report certificativo di cui all’art. 3, ove rilasciato all’operatore economico. Si prevede, infine che il soggetto controllato non è responsabile quando le violazioni sono commesse per errore sul fatto non determinato da colpa, analogamente a quanto già previsto in via generale dall’art. 3, comma 2, della L. n. 689/1981. In relazione alla tempistica di notificazione degli illeciti non sanati o non sanabili valgono le indicazioni fornite dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali con la circ. n. 41/2010, secondo cui “il termine di 90 giorni (…) non decorre più da tanti singoli verbali o atti provvedimentali, bensì la decorrenza dello stesso va individuata nel momento in cui si sono conclusi gli accertamenti nel loro complesso, comprendendo, quindi, anche i tempi tecnici ragionevolmente utili e necessari per l’analisi, l’elaborazione e la verifica degli elementi formati e raccolti”.