Siccità, sotto l’Etna tubi marci e perdite al 75%. Il Gestore unico e l’ipotesi rincari

Ai piedi dell’Etna larete idricafa acqua da tutte le parti, e per affrontare la situazionenon si escludono rincarinelle tariffe idriche. È lo stato dell’arte – fotografie alla mano – delle condotte pedemontane. “Alcuni tubisembrano rami d’albero,per quanto sono consumati e pieni di buchi. Non a caso ladispersione idricatocca il 75%”, dice aFocuSiciliaAntonio Coniglio, direttore generale di Acoset,azienda che fornisce l’acqua a 20 Comuni etnei. La sostituzione delle condotte è urgente. “Acoset si è aggiudicata 19 milioni del Pnrr per interventi sulla rete idrica, che salgono a 150 milioni per tutti i 58 Comuni dell’Ato, Ambito territoriale ottimale“. Per usarli, tuttavia, “serve ilGestore unico integrato“. Un nuovo soggetto, previsto dalla legge, ritardato negli anni da“nodi politici e burocratici”.Per sbloccare l’impasse, a dicembre 2023 la Regione siciliana ha nominato commissarioad actaFrancesca Spedale, Dirigente delDipartimento Acqua e Rifiuti.“Il Commissario può operare con poteri sostitutivi rispetto all’Ati, Assemblea territoriale idrica,che nei giorni scorsi si è riunita senza raggiungere ilnumero legale“, dice Coniglio. Leggi anche –Arance siciliane a rischio per caldo e malattie. Sul mercato frutta importata Per il direttore di Acoset la nomina rappresentauna vera e propria svolta.“L’avvocato Spedale è unaspecialista della materia.In questo momento sta studiando le carte e sono certo che, con i necessari tempi tecnici, a breve ci saranno delle novità sulGestore unico“. Gli interventi necessari per efficientare la rete idrica, osserva il dirigente, sono così rilevanti che non si può escludere un aumento dalletariffe a carico degli utenti.“Va detto che oggi letariffe nella zona etneasono più basse della media nazionale e al livello di Paesi come la Bugaria”. L’eventuale aumento, in ogni caso, “sarebbe deciso daArera, Autorità di regolazione per energia reti e ambiente,e dovrebbe restare nell’ordine del 7-8%”. Un rincaro che, se confermato, sarebbe dettato dalla necessità. “L’acqua è un bene sociale che non ha prezzo. Ilmeccanismo di erogazione,tuttavia, ha un costo. Dobbiamo chiederci se abbia senso distruggere il mare, pregiudicare il riutilizzo della risorsa,andare incontro a razionamentipur di non affrontare tutti insieme unpiccolo sacrificio“, dice Coniglio. Leggi anche –Stato di calamità per l’agricoltura, c’è il via libera della Regione siciliana La rete idrica etnea, del resto, ha un’organizzazione peculiareche non favorisce gli interventi. “Ipozzi di estrazionee gliacquedotti,che sono ben 74 e si sviluppano perdiverse migliaia di chilometri,sono gestiti da soggetti diversi, con tutto ciò che ne consegue in termini di efficienza”, spiega il dirigente. Ilciclo dell’acquasi articola in tre fasi principali. “Ci sono la captazione, cioè il recupero dell’acqua dalle falde, l’adduzione, con cui viene convogliata lungocondotte principali dette arterie,e ladistribuzione,che avviene attraverso tubi minori detti capillari”. Discorso a parte merita la depurazione. “Si tratta del processo attraverso cui le acque reflue vengono ‘pulite’ e rimesse in circolo. Ambito sul qualein Sicilia c’è molto da fare“. Coniglio ricorda che Acoset è soltanto uno dei gestori della rete idrica. “Ci sono ancheSidra, Sogit, Ama e altri soggetti,che singolarmente non possono intervenire in modo risolutivo su una rete così ampia e che presenta problematiche così complesse”.Gocce nel mare,per restare nella metafora idrica. Leggi anche –Il clima adesso presenta il conto. Ventuno eventi estremi in Sicilia nel 2023 Gli ultimiinterventi strutturalisulle condotte, infatti, risalgono a decenni fa. “Parliamo di trenta, in alcuni casi anche di cinquant’anni, attraverso finanziamenti della Cassa del Mezzogiorno. Ecco perché i tubi sonoridotti a colabrodo,come dimostrano le foto che abbiamo scattato”. Il problema non riguarda soltanto il catanese. La Sicilia, infatti, è laterza regione italiana per dispersione idrica(52,5 per cento), dietro soltanto all’Abruzzo(60 per cento) e allaBasilicata(62 per cento). La conseguenza più immediata è l’aggravamento dellasiccità che sta colpendo l’Isola,e che rischia di peggiorare ulteriormente con l’approssimarsi dell’estate. “L’emergenza è alle porte, e in alcune zone, come nel palermitano, è già arrivata”, avverte il direttore di Acoset. In questa situazione, osserva Coniglio, l’acqua va ufficialmente considerata come una“risorsa scarsa”e salvaguardata attraverso cospicui investimenti. “Se riuscissimo a ridurre leperdite delle conduttureappena del 20%,potremmoaffrontare i prossimi mesinon dico in modo sereno, ma sicuramente meno infelice”. Sicilia, piove solo quando non dovrebbe. Sias: ‘Segno del cambiamento climatico’ Si torna così al gestore unico. IlSie, Servizi idrici etnei,un ente che riunisce tutti i soggetti che a vario titolo gestiscano il servizio idrico. A prevederlo, ricorda Coniglio, sono “laLegge 36/1994,meglio nota come legge Galli, contenente‘Disposizioni in materia di risorse idriche’,e lo stessoTesto unico dell’ambiente.Peccato che da circa vent’anni, come ho detto, tali norme siano disattese”. Le strade percorribili, dice Coniglio, erano tre. “Si può optare per unasocietà in house,per l’affidamento a unprivatoo per unagestione pubblico/privatoattraverso una spa”. Proprio quest’ultima è la strada scelta nei primi anni Duemila ai piedi dell’Etna. “Sie dovrebbe essere unasocietà mistacomposta al51 per cento dai 58 Comuni dell’Atoe al49 per cento da Hydro Catania,soggetto che racchiudeAcoset, Sidra, Sogip, Amae le altre società di gestione”. Tale ente, dice Coniglio, catalizzerebberisorse molto più ingentiper intervenire sulla rete. “Parliamo di circa due miliardi, attraverso cui sarebbe possibile dare una svolta ai servizi idrici etnei.Occorre fare presto“.