Pensioni 2026, la beffa clamorosa: chi non ha mai lavorato prenderà più soldi di chi ha versato contributi per 20 anni

Pensioni 2026, la beffa clamorosa: chi non ha mai lavorato prenderà più soldi di chi ha versato contributi per 20 anni

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Una rivoluzione che farà discutere: dal prossimo anno migliaia di italiani scopriranno che l’assegno previdenziale più alto non andrà a chi ha lavorato di più, ma a chi non ha mai versato un euro di contributi.

In Italia il tema delle pensioni è sempre stato un terreno accidentato, fatto di riforme, correttivi e una lunga serie di nodi irrisolti. Ma dal 2026 arriva quello che molti stanno già definendo un vero paradosso: chi non ha mai lavorato un solo giorno potrà ricevere un assegno più alto rispetto a chi ha passato vent’anni della propria vita tra fabbrica, ufficio o turni massacranti. Un ribaltamento totale dell’idea tradizionale di previdenza, che inevitabilmente sta facendo discutere.

Il punto è che nel sistema previdenziale italiano convivono due realtà molto diverse: da una parte gli assegni calcolati sui contributi versati, dall’altra una misura assistenziale come l’Assegno sociale, pensata per chi non ha maturato diritto alla pensione. Ed è proprio qui che si crea la sorpresa più inattesa, perché dal 2026 l’importo riconosciuto agli over 70 senza contributi salirà in modo significativo, fino a superare l’assegno di molti pensionati con una carriera lavorativa alle spalle.

Pensioni minime più basse di chi non ha mai lavorato: cosa succederà davvero nel 2026

L’Assegno sociale, oggi pari a 538,69 euro al mese, viene infatti rivalutato ogni anno. Con l’inflazione prevista per il 2026, l’importo salirà fino a circa 547,84 euro mensili. Un valore più basso dei circa 620 euro che spetta a chi ha maturato la pensione minima dopo vent’anni di contributi, ma la differenza si azzera – e anzi si ribalta – quando entra in scena l’incremento al milione, previsto per chi compie 70 anni e vive in condizioni economiche difficili.

Questo aumento porta l’assegno sociale a circa 770 euro al mese, superando così di oltre 150 euro l’importo della pensione minima. Una vera e propria anomalia che fa sì che, nel 2026, un 70enne senza un solo contributo riceva più di un pensionato di 67 anni che ha lavorato due decenni. Una disparità che nasce da norme pensate per evitare povertà estrema tra gli anziani ma che, nella pratica, genera un effetto che molti faticano ad accettare.

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Chi avrà diritto all’assegno più alto e perché il divario continua a crescere

L’Assegno sociale resta una prestazione vincolata al reddito: può richiederlo chi vive con meno di 7.002,97 euro l’anno se single o meno di 14.005,94 euro se coniugato. Una misura assistenziale, dunque, completamente scollegata dalla carriera lavorativa ma fondamentale per evitare un’emergenza sociale. Ed è proprio per questo che, una volta compiuti i 70 anni, si applica l’incremento che fa impennare l’importo a livelli decisamente più alti della pensione minima.

Il risultato finale è un sistema che, agli occhi di molti, appare profondamente ingiusto. Con contributi sempre meno determinanti e con importi così vicini tra chi ha lavorato e chi no, il dibattito politico sulle pensioni è destinato a infiammarsi. E non è difficile immaginare che il 2026 sarà un anno cruciale per capire se questa distanza tra assistenza e previdenza verrà ridotta, oppure se la frattura continuerà ad allargarsi.