Pensioni 2026, la verità sugli importi | aumenti sì, ma non per tutti: cifre e sorprese nascoste nelle tabelle

Pensioni 2026, la verità sugli importi | aumenti sì, ma non per tutti: cifre e sorprese nascoste nelle tabelle

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Da gennaio gli assegni saliranno, ma con regole diverse tra minime, trattamenti bassi e pensioni più alte: ecco come funzionano davvero rivalutazione, bonus al milione e taglio dell’Irpef.

Dal 1° gennaio 2026 le pensioni aumenteranno, ma non nello stesso modo per tutti. Dietro l’annuncio degli importi più alti si nascondono almeno quattro meccanismi distinti che incidono sul lordo e sul netto: la rivalutazione ordinaria legata all’inflazione, la rivalutazione straordinaria per gli assegni al di sotto del minimo, l’incremento al milione con 20 euro in più al mese per chi ne ha diritto e, infine, il taglio dell’Irpef sul secondo scaglione. Il risultato è che nel 2026 qualcuno vedrà un aumento sensibile, altri solo pochi euro, e una parte dei pensionati resterà praticamente esclusa dai benefici fiscali.

Il ministero dell’Economia ha ufficializzato, su indicazione dell’Istat, un tasso di rivalutazione provvisorio dell’1,4%. È la classica perequazione che scatta ogni anno per difendere il potere d’acquisto degli assegni dall’aumento dei prezzi. A questa si aggiunge, per il 2026, una rivalutazione straordinaria dell’1,3% sulle pensioni pari o inferiori al minimo e un rafforzamento dell’incremento al milione per gli over 70 con assegni molto bassi, che potranno contare su 20 euro in più al mese. In parallelo, la riforma fiscale abbassa dal 35% al 33% l’aliquota del secondo scaglione Irpef (tra 28.000 e 50.000 euro), producendo un risparmio massimo di 440 euro l’anno sul netto.

Non tutto, però, sarà immediato: mentre la perequazione ordinaria parte in linea di principio da gennaio, per alcuni adeguamenti – come l’aggiornamento dell’incremento al milione o gli effetti concreti del nuovo scaglione Irpef – è possibile che gli importi corretti arrivino solo con le mensilità di febbraio, con eventuali conguagli. Per capire davvero quanto si prenderà, bisogna entrare nel dettaglio delle cifre e delle tabelle ufficiali.

Rivalutazione all’1,4% e aumenti sulle pensioni minime: tutte le nuove cifre

La rivalutazione ordinaria dell’1,4% segue le regole previste dalla legge n. 448/1998. Fino a 4 volte il trattamento minimo (cioè fino a 2.413,60 euro lordi al mese) la perequazione è riconosciuta al 100% del tasso; tra 4 e 5 volte il minimo (fino a 3.017 euro) la rivalutazione scende al 90% del tasso; oltre questa soglia viene riconosciuto solo il 75%. In pratica, chi ha una pensione più bassa ottiene una rivalutazione piena, mentre chi ha assegni più alti vede una percentuale ridotta sull’eccedenza.

Un riferimento centrale è quello della pensione minima, oggi pari a 603,40 euro mensili, per un totale annuo di 7.844,20 euro. Applicando il tasso dell’1,4%, il minimo sale a circa 611,85 euro al mese, per un importo annuo di circa 7.952,20 euro. La stessa logica si applica agli altri importi, come mostrano gli esempi di adeguamento lordi mensili con l’1,4% di rivalutazione:

Una pensione lorda di 800 euro sale a 811,20 euro, mentre un assegno di 1.000 euro arriva a 1.014 euro. Un importo di 1.400 euro diventa 1.419,60 euro, e una pensione di 2.000 euro sale a 2.028 euro. Ancora: da 2.400 euro si passa a circa 2.433,60 euro, da 2.600 euro a 2.636,40 euro, mentre una pensione di 3.000 euro raggiunge i 3.042 euro. Per importi più alti, come 3.200 euro o 5.000 euro, l’aumento è rispettivamente di 44,80 euro (nuovo importo 3.244,80) e di 70 euro (nuovo importo 5.070 euro).

A questa perequazione ordinaria si affianca la rivalutazione straordinaria per le pensioni al di sotto del minimo, misura introdotta con la legge di Bilancio 2024 e confermata anche per gli anni successivi, compreso il 2027. Nel 2026 la maggiorazione straordinaria è pari all’1,3% e si somma agli effetti della rivalutazione ordinaria per gli importi che non raggiungono la nuova soglia del minimo (circa 611,85 euro). Le simulazioni ufficiali mostrano che una pensione di 200 euro riceve circa 2,60 euro aggiuntivi, salendo a 202,60 euro; con 300 euro si arriva a 303,90 euro, con 400 euro a 405,20 euro. Un assegno di 500 euro viene portato a circa 506,50 euro, mentre uno di 600 euro sale a circa 607,80 euro. Per una pensione di 611 euro l’aumento straordinario dell’1,3% è di circa 7,94 euro, con un nuovo importo attorno a 618,94 euro.

Per una platea più ristretta, quella dei beneficiari dell’incremento al milione (pensionati con almeno 70 anni e requisiti di reddito definiti dalla normativa), il 2026 porta un ulteriore scatto. Con la rivalutazione, il trattamento minimo sale a circa 611,85 euro e l’incremento al milione consente di arrivare intorno a 749 euro mensili. A questa cifra si aggiungono i 20 euro in più previsti dalla legge di Bilancio 2026, per un totale che può arrivare a circa 769 euro al mese, vicini alla soglia dei 10.000 euro annui. In pratica, per chi riceve già l’incremento al milione, l’aumento complessivo potenziale è di circa 31-32 euro mensili, di cui 11-12 euro derivanti dalla rivalutazione ordinaria e 20 euro dalla nuova maggiorazione fissa.

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Taglio Irpef e risparmi sul netto: chi guadagna davvero e fino a quanto

L’ultimo tassello riguarda la parte fiscale. Dal 2026 l’aliquota del secondo scaglione Irpef – quella applicata sulla quota di reddito compresa tra 28.000 e 50.000 euro – scende dal 35% al 33%. In teoria, questo significa un risparmio del 2% su quella fascia di pensione, ma l’effetto reale cambia molto a seconda dell’importo annuo percepito.

Per chi ha una pensione annua di 28.000 euro (circa 2.153,85 euro lordi al mese), non c’è alcun vantaggio perché non c’è quota tassata al 35%. A 30.000 euro annui (circa 2.307,69 euro al mese), la parte tassata con la vecchia aliquota è di 2.000 euro: applicando il nuovo 33%, il risparmio annuo è di circa 40 euro, pari a poco più di 3 euro al mese. A 32.000 euro annui, con 4.000 euro tassati al nuovo scaglione, il risparmio sale a 80 euro l’anno, circa 6,15 euro al mese.

Salendo con gli importi, anche il vantaggio cresce: a 36.000 euro di pensione annua il risparmio è di 160 euro (circa 12,31 euro al mese), a 40.000 euro si arriva a 240 euro (circa 18,46 euro mensili), a 44.000 euro il beneficio è di 320 euro l’anno (poco meno di 25 euro al mese). Con una pensione di 50.000 euro annui (circa 3.846,15 euro lordi al mese), la quota tassata nel secondo scaglione raggiunge i 22.000 euro e il risparmio massimo stimato è di circa 440 euro l’anno, pari a poco meno di 34 euro al mese.

Va ricordato, però, che per i redditi pensionistici molto elevati – come i 200.000 euro annui – il vantaggio teorico sullo scaglione viene annullato da una minore detrazione per redditi da pensione, con il risultato che l’effetto netto può essere nullo. Anche per questo si può dire che il beneficio fiscale vero e proprio si concentra sulle fasce intermedie, mentre chi è sotto i 28.000 euro non gode del taglio dell’aliquota, pur potendo beneficiare di rivalutazione e, se rientra nei requisiti, delle misure aggiuntive sulle pensioni più basse.

In sintesi, le pensioni 2026 saranno in generale più alte, ma per capire “quanto” occorre incrociare la propria situazione con quattro elementi: importo lordo, distanza dal minimo, età e reddito complessivo. Dietro la promessa di aumenti per tutti, le tabelle mostrano una realtà più sfumata: gli incrementi più consistenti vanno alle pensioni minime e a chi rientra nell’incremento al milione, mentre per le pensioni medio-alte il vantaggio arriva soprattutto dal lato fiscale e si misura in qualche decina di euro al mese.