Arancia rossa, Selvaggi: “I produttori resistono, ma la politica latita”

Oltre seicento produttori, più di settemila ettari coltivati, centinaia di aziende del confezionamento e dell’indotto. Sono i numeri del Consorzio di tutela dell’arancia rossa di Sicilia Igp, che copre il territorio di Catania, Siracusa e una piccola porzione della provincia di Enna. Una realtà che ha il compito “di vigilare, verificare, controllare la produzione”, dice a FocuSicilia Giovanni Selvaggi, presidente del Consorzio e produttore. Tutte le aziende devono rispettare “un disciplinare interno molto rigoroso”, che garantisca quelle caratteristiche che rendono il frutto “riconosciuto dalle Università di tutto il mondo”. E che deve confrontarsi con il mercato, come qualsiasi altro prodotto. Per i coltivatori, lavorare sotto il marchio di tutela “è certamente un aiuto”. A compiere determinate scelte, tuttavia, può essere soltanto la politica. “Non sempre, negli ultimi anni, ha dato l’attenzione necessaria al settore”, attacca Selvaggi. Eppure, tra produttori e indotto vale “centinaia di milioni di euro”. “Il comparto agricolo chiede risposte da oltre vent’anni”, ricorda il presidente del Consorzio. Sulla concorrenza del prodotto estero, ad esempio, che invade il mercato italiano “imponendo prezzi spesso insostenibili”. In un mondo globalizzato “è impensabile che non arrivi il prodotto da fuori”. A fare la differenza devono essere le regole, che dovrebbero prevedere un’armonizzazione dei criteri produttivi, in sede di Conferenza Stato-Regioni e accordi internazionali. Per Selvaggi è “semplicemente ridicolo” che un produttore italiano non possa utilizzare molecole “che poi si trovano nelle arance tunisine e spagnole”. Anche per esportare all’estero, bisogna seguire protocolli che Selvaggi definisce “assurdi”. Per esportare in Cina, ad esempio, è necessario il cosiddetto ‘cold treatment’.“Si parla di tenere l’arancia a zero gradi per quindici giorni”, spiega il presidente. Peccato che il frutto “sia una cosa viva, non un bullone”. Leggi anche –L’arancia rossa spremuta dalla concorrenza: quanto vale l’Igp Non tutto va per il verso sbagliato. Negli ultimi anni la situazione dell’agrumicoltura “sembra leggermente migliorata”, tanto che sta diminuendo la tendenza “a non raccogliere il prodotto”. Nonostante ciò, sono tanti gli aspetti da chiarire. Non solo per quanto riguarda il mercato internazionale, ma anche a livello interno. Una delle “vetrine” maggiori di cui ha goduto l’arancia rossa, negli anni passati, era la campagna per la ricerca di Airc, l’associazione italiana per la lotta al cancro. Fino a qualche anno fa l’associazione aveva una partnership con il Consorzio. “Da almeno sette o otto anni”, prima della presidenza di Selvaggi, “questo accordo è venuto meno”. Un fatto “francamente incomprensibile”, visto che la collaborazione con l’Airc “era positiva per tutti, associazione, consorzio e produttori”. Per il futuro, il presidente si dice “pronto a discutere”, per un eventuale rinnovo della convenzione. “Sarebbe logico e utile che realtà come le nostre si venissero incontro”. Leggi anche –Blockchain per le arance rosse Igp. Aziende oltre la politica Le varietà delle arance rosse “sono sostanzialmente tre: Moro, Tarocco e Sanguinello”. Ognuna di esse ha poi ulteriori varietà, ma a farla da padrone, negli ultimi anni è stato sicuramente il tarocco. “Il mercato punta più su questa varietà perché permette di allargare il periodo di produzione”, spiega Selvaggi. Tempi e innovazione in agricoltura sono fondamentali. Il Consorzio di tutela sta lavorando insieme al Distretto produttivo agrumi di Sicilia per implementare questo aspetto. Uno degli strumenti su cui ha deciso di investire è la cosiddetta ‘blockchain’. “Tra gli altri ambiti di ricerca ci sono le fitopatie, le risorse idriche, le tecnologie di controllo”, spiega Selvaggi. “Cerchiamo di stare al passo e di lavorare”. “Se la politica ci ascoltasse, potremmo andare molto più lontano, come sta accadendo con il mondo del vino”, conclude Selvaggi. Per aiutare il settore c’è ancora tanto da fare.