Balneari, stop concessioni ma è rischio ricorsi. Il canone è già pagato

Balneari, stop concessioni ma è rischio ricorsi. Il canone è già pagato

Da una partec’è chi dice che sono abusivi,perché leconcessionisono scadute. Dall’altra ci sono loro, che rivendicano di aver già pagatomilioni di euro di canonee minaccianoricorsise le cose non cambieranno. È la situazione dei balneari italiani e siciliani, ancora nel limbo dopo loscontro tra il Consiglio di Stato– che ha confermato lascadenza delle concessionial 31 dicembre dello scorso anno –e l’Esecutivo,che aveva invece disposto una prorogatecnica per tutto il 2024.“Noi siamo in mezzo, in unostato di incertezzache disincentiva le attività imprenditoriali, locali, nazionali ed estere. Non è da escludere che qualche gestore, avendogià pagato il canone in anticipo a dicembre 2023,faccia ricorso contro questo stato di cose”, dice aFocuSiciliaLuca Maimone,presidente regionale evicepresidente nazionale di Assobalneari.La data segnata in rosso è quella di oggi, 12 giugno, per il tavolo tecnico convocato dal governo Meloni. “Auspichiamo chedopo le elezioni europee,che hanno rafforzato il Governo, si possariprendere in mano la situazione“, aggiunge Maimone. Leggi anche –Concessioni balneari, il governo Meloni temporeggia sul rinvio delle gare La vicenda è stata ricostruita a più riprese da questo giornale. IlConsiglio di Stato,il 30 aprile scorso, ha ribadito la suaposizione storicasul fatto che le spiagge libere italiane siano unarisorsa “certamente scarsa”,da assegnare con procedura a evidenza pubblica. Come prevede ladirettiva Servizi dell’Unione europea,meglio nota come Bolkestein. Una decisione che vacontro le valutazioni del Governo,che nei mesi scorsi ha realizzato una mappatura, ancora da finalizzare, secondo cui vi sarebbeabbondanza di spiagge libere.E contro la categoria, secondo cui le concessioni sono un bene e non un servizio. Una zona grigia, da cui occorre uscire al più presto perevitare di lasciare i gestori nel limbo,nel bel mezzo della stagione. “Nove lidi italiani su dieci sono imprese familiari,gestite direttamente dal titolareinsieme ai propri congiunti.Non si tratta di multinazionali, ma di piccole realtà che per lavorare hanno bisogno di certezze”, sottolinea Maimone, a sua voltatitolare di uno stabilimento.“Il governo deve intervenire, visto che noi abbiamopagato quanto dovuto,come ogni anno, e ci aspettiamo chiarezza”. Leggi anche –Concessioni balneari, un affare di famiglia a buon prezzo: 2 euro al mq Il vicepresidente nazionale diAssobalnearitorna sul tema dei canoni. “A livello nazionale le spiagge appartengono allo Stato. In Sicilia, per via dell’autonomia speciale, alla Regione, che le gestisce attraverso leSta, Strutture territoriali dell’ambiente“. I canoni sono fissati da una legge regionale, aggiunge Maimone, e vengono aggiornati anno dopo anno. Le cifre sul tavolo sono rilevanti. Secondo il portaleMappaturaspiagge.it,che elabora “dati pubblici ministerialie informazioniliberamente accessibili onlineo tramite motori di ricerca”, i canoni complessivi pagati in Sicilia superano i 4,5 milioni di euro, per una superficie occupata di circa 1,9 milioni di metri quadri. Le cifre, secondo Maimone, che cita quanto dichiarato nel 2022 dall’alloraassessore al Territorio e all’Ambiente Totò Cordaro,sono ben più alte. “Siamointorno ai 15 milioni di euro,a cui va aggiunto tutto l’indotto lasciato dalle strutture sul territorio, che è di centinaia di milioni. Nonché il contributo all’occupazione, visto chele strutture danno lavoro soprattutto in estate“. Leggi anche –Spiagge, oltre duemila le proroghe fino al 2033. “Ma ne mancano molte” Maimone rivendica anche “la manutenzione e gliinvestimenti effettuati dai gestorisullespiagge in concessione“, rispetto a quelle pubbliche “le cui condizioni spesso non sono delle migliori, come possonoverificare gli stessi utenti“. Quanto all’accusa di canoni demaniali troppo bassi, “non sono dettati da noi ma dalla Regione, e prevedono già degliadeguamenti annuali“. Nondimeno la categoria “non è contraria a rivederli, confrontandoci con le istituzioni competenti, purché non si arrivi a unmeccanismo in cuichi ha più soldi vince“. Il motivo di questa preoccupazione è semplice. “Il rischio è che grandi gruppi nazionali o stranieri con forti capacità economiche, magari di origine poco chiara, possanoscalzare le famiglie italianeche sulle spiagge hanno lavorato per anni”. Da qui la richiesta al governo nazionale di arrivare al più presto a unasoluzione. “Speriamo chegià nella riunione di oggipossa emergere qualche novità”, conclude Maimone. “Parliamo di unsettore troppo importanteper essere lasciato nell’incertezza”.