Transizione green, ma senza donne: nelle materie Stem sono troppo poche
Ledonnerischiano di essere leprotagoniste mancatedellatransizione greenedigitale.Manca laquota paritariadigenerenegli studi delle materieStem. La scarsa presenza femminile in ruoli di vertice neglistudi tecnico-scientifici– dalladirezionedegli istituti, all’occupazione dicattedrecome professoresseassociatee ancor piùordinarie– rischia diescludereil contributo femminile dal processo dineutralità climaticache l’Europa dovrebbe raggiungere nel2050e l’efficientamento tecnologico. Il rischio è stato evidenziato daCatania, durante l’incontro organizzato nella sede provinciale dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucelare (INFN)dedicato al rapporto tradonnaescienzatutti i giorni dell’anno. L’Italia è l’ultimopaese inEuropaper parità digenerenelmondo del lavoro. Ha un punteggio di 65 su una media europea di 73,8. Il livello di partecipazione femminile è tra i più bassi, 68.9 contrapposto all’82.3 europeo. NelMezzogiornoil dato (calcolato in percentuale) sull’occupazione femminileregistra l’impiego di solo il32,2 per cento delle donne. La percentuale nelleIsolesale a33,2. Leggi anche –Donne e lavoro, Confcommercio Sicilia partner del bando per le abilità digitali In base al report europeoGender Equality Index2023, ha spiegato la ricercatrice INFNAngela Badalàpresidente delComitato Unico di Garanzia dell’INFN di Catania, sono stati registrati progressi nell’uguaglianza di genere. Ilmercato del lavorovicino ai settori ditransizione digitaleegreenresta però “segregato” per le donne come dieci anni fa. “La transizione necessita di miglioramento delle competenze e sulla riqualificazione” ha spiegato la presidente Badalà. Paradossalmente la bassa rappresentanza delle donne nelle materie Stem rischia di trasformare il processo in unatransizione tutta al maschile. LaCommissione europeaha condivisotre obiettivida perseguire per provare adazzerarela differenza di genere nelle materie Stem. L’Europa vuole puntare su: pari opportunità nellacarriera scientifica, numero di parità neicomitati decisionali, integrazione delladimensione di generenel contesto della ricerca e della innovazione. Nonostante le strategie comuni, l’Italia parte da una posizione di particolare svantaggio, come hanno indicato i dati già citati sulla presenza di donne nel mondo del lavoro. Leggi anche –Le donne muoiono più degli uomini. Troppi ritardi nella medicina di genere Secondo i datiMiurpresentato all’INFN di Catania, lapresenza femminilenelle università e nei suoi ruoli apicali diminuisce man mano che si sale lascala gerarchica. Solo il 23 per cento dei professori ordinari è donna, ha evidenziato la presidente delComitato Unico di Garanzia dell’INFN di CataniaAngela Badalà. La presenza delle donne è superiore al50 per centonella fase di formazione universitaria, salvo poi ridursi a circa il20 per centoanalizzando il numero di professoresse ordinarie. In Italia le donne laureate in aree Stem scende al42,6 per cento, al30 per centocontando le laureate inFisicaeMatematica. Si riduce al26 per centocontando le laureate diIngegneria. Le donne che in Italia hanno conseguito unalaurea magistralesono invece il60 per cento. Non è un caso quindi che ilGlass Ceiling Index(GCI), creato dal settimanale The Economist per misurare la difficoltà delle donne a raggiungere ruoli apicali, guardando all’università italianaha un valore di 1.6 e non di uno. Valore che indicherebbe la parità di genere. “Non saprei quantificare le volte in cuisono stata chiamatasignorinae nondottoressain ambito accademico” ha ricordato la dottorandaEva Luna Ravan, restituendo la propria esperienza durante la tavola rotonda organizzata da INFN . “Vorrei invitare lenuove generazionia non sottovalutare l’importanza dinon accettarela discriminazione. Il meccanismo di cambiamento è sicuramente avviato, ma è giusto sapere che c’è tantissimo lavoro da fare alivello socio-culturale. Sia da parte degliuomini, che delledonne, che delleistituzioniperchè gliostacolivengano superati anche formalmente”