Energia, nelle scuole italiane è pura teoria. Solo un quarto fornisce i dati

È uno degli argomenti più importanti neiprogrammi, ma sull’energiale scuole non forniscono i dati e rischiano di rimanere indietro. Su oltre 54 mila edifici dedicati in Italia all’istruzione pubblica e privata, al 31 dicembre 2023 solo 13 mila hanno presentato l’Ape, Attestato di prestazione energetica, meno di un quarto del totale. Il consumo medio annuo è di 279,5 kilowattora per metro quadrato. A fornire i dati èEnea,Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile. Secondo i tecniciesiste un divario“significativo” tra gli attestati presentati e lareale distribuzionedegli istituti, che rende difficile valutare la situazione. Eppure anche le scuole rientrano tra gli edifici pubblici per i quali ladirettiva europea 1791/2023prevede “l’obbligo di riduzione del consumo di energia finale di almeno l’1,9% l’anno rispetto al 2021”. È uno degli obiettivi del “Green Deal“, con cui i Paesi membri “si sono impegnati a rendere l’Ue climaticamente neutra entro il 2050 e a portare al 55% gli obiettivi diriduzione delle emissionientro il 2030″. Leggi anche –Energia rinnovabile: non basta. Cresce lentamente. Sicilia e buoni esempi Tutto ruota intorno al concetto di “fascia climatica“, da cui dipende l’utilizzo degli impianti diriscaldamento, che sono i principali responsabili delle emissioni. Il territorio italiano è diviso in sei fasce. La più calda è laA, che comprende soltanto due Comuni, entrambi siciliani:Lampedusa e LinosaePorto Empedocle.Qui, viste le elevate temperature durante la maggior parte dell’anno, la possibilità di accendere gli impianti è limitata a poche ore al giorno in inverno. La fascia più fredda è laF, dove gli impianti possono essere accesi per la maggior parte della giornatasenza limitazioni,e comprende circa mille comuni su un totale di circa ottomila in tutta Italia. La maggior parte delle città si trova nelle fasce intermedie, come dimostrano anche i dati Enea sulladistribuzione delle scuole.La maggior parte (oltre 23 mila, pari al 43%) si trova infatti in zona E. Gli altri istituti sono distribuiti tra le zoneD(circa 13 mila, 25%),C(12 mila, 22%),B(tremila, 6%), edF(duemila, 4%). Solo 20 scuole si trovano in zona A, numero così basso da non essererilevato in percentuale. Leggi anche –Più alte le temperature meno energia produrrà la Sicilia dal fotovoltaico Questa la fotografia degli immobili, che non coincide affatto con quella degliAttestati Ape.Come detto, i tecnici di Enea denunciano unoscarto“tra la reale distribuzione delle sedi scolastiche nelle zone climatiche italiane e la distribuzione degli attestati presenti sul SIAPE”,banca dati nazionaledegli Attestati. Ciò è dovuto soprattutto “al numero ridotto di dati relativi alle zone più calde (A, B, C e D), specie per quanto riguarda ilcampione di attestatiemessi fino a 31 dicembre 2019″. A quella data infatti non risultava nemmeno un attestato per lefasce climaticheA e B, e appena 78 per quella C, su una platea di oltre 15 mila scuole censite da Enea. Ma il numero degli attestati è basso anche considerando le atre fasce, anche se ècresciuto negli ultimi anni.“Il campione contenuto nel SIAPE riferito agli APE di edifici scolastici (pubblici e privati) emessi fino al31 dicembre 2019è di 5.032 attestati, che salgono a 13.013, più del doppio, considerando quelli emessi fino al 31 dicembre 2023″. All’appello, tuttavia, mancano ancoradecine di migliaia di certificazioni. Leggi anche –Case green, via libera dall’Ue. L’Italia vota no. Giorgetti: “Chi paga?” Per quanto riguarda i consumi, dai dati disponibili si nota una leggerariduzione negli ultimi anni.Nello specifico Enea misura l’”indice diprestazione energetica globalenon rinnovabile medio”, vale a dire il consumo complessivo per riscaldamento, acqua calda sanitaria e raffrescamento. Questo dato “passa da 301,3kilowattora per metro quadratoanno considerando gli Ape emessi fino al 31 dicembre 2019, a 279,5 kilowattora per metro quadrato anno considerando gli Ape emessi fino al 31 dicembre 2023″. Secondo i tecnici, inoltre, “anche ivalori medi per classe energeticasi sono abbassati”. La direttiva europea sulla riduzione dei consumi negli edifici pubblici, tuttavia, prevede unosforzo molto maggiore.Ciascuno Stato “deve garantire che almeno il 3% della superficie coperta utile totale degli edificiriscaldati e/o raffrescatidi proprietà dei suoi enti pubblici sia ristrutturato ogni anno, per trasformarli in edifici a emissioni zero o quanto meno in edifici a energiaquasi zero“. Obiettivo che per le scuole italiane, al momento, sembraabbastanza lontano.