L’Etna, Nelson e le viti bicentenarie allagate: storia di Gurrida
Il fascino di una storia. Una storia con la S maiuscola cominciata nel 1799. Un vigneto vecchio quasi due secoli che si allaga ogni anno ed è sopravvissuto all’epidemia di fillossera che uccise quasi tutte le viti in Europa nella seconda metà dell’800. E anche la storia di un’impresa, quella che Gaetano Cesarò oggi conduce per salvare un patrimonio storico e ambientale unico al mondo. La storia è quella di Gurrida, zona agricola a 850 metri di quota poco fuori Randazzo, che da mille anni subisce periodiche e frequenti inondazioni. Una storia i cui principali protagonisti sono l’Etna, re Ferdinando IV di Borbone e l’ammiraglio inglese Horatio Nelson. Con puntualità, oggi meno rigida a causa dei cambiamenti climatici, a ogni autunno le acque del fiume Flascio, che dai Nebrodi corrono verso valle, non trovano sbocco e si riversano in una grande depressione pianeggiante tra lave a argille. Ma non è stato sempre così. Nel corso della storia, colate laviche dell’Etna hanno sbarrato la strada al Flascio che è stato affluente sia del Simeto che dell’Alcantara. L’ultima volta è avvenuto circa mille anni (e non nel 1536 come a volte si legge). Da allora questa zona è diventata umida. Un habitat ineguagliabile sull’Etna, popolato da flora e fauna uniche e di grande interesse naturalistico. Nel 1799 il re borbone chiese aiuto agli inglesi per reprimere un moto rivoluzionario a Napoli e l’ammiraglio Nelson lo aiutò a soffocare la rivolta e a tenersi il trono. Come ricompensa, Ferdinando, conosciuto anche come “il re lazzarone”, donò a Nelson il titolo di Duca di Bronte e un vastissimo latifondo, “uomini compresi”, che prese il nome di Ducea di Nelson. Leggi anche –Manghi e avocadi sul mare dell’Etna: l’oasi tropicale dei Pennisi Nei primi anni dell’800 gli inglesi avevano cominciato a commerciare il vino Marsala dalla Sicilia occidentale, così i Nelson chiamarono un esperto per replicare sull’Etna il successo del vino siciliano. Qui grandi appezzamenti di territorio vennero destinati all’impianto di un vitigno nativo dei Pirenei, tra Francia e Spagna. Si tratta del Grenache (nome francese) o Alicante (nome spagnolo). Nella seconda metà dell’800 arriva in tutta Europa la fillossera, micidiale parassita che aggredisce le viti e le uccide. Uno sterminio quasi totale in tutto il continente, ma a Gurrida le viti non muoiono. Si capisce ben presto che l’immunità dei vigneti è dovuta all’acqua che di solito, dall’autunno alla primavera, sommerge le piante. In questo ambiente il parassita non può attaccare le radici e le viti sopravvivono. Anzi, vegetano rigogliose grazie anche al limo trasportato dal fiume e alla cenere vulcanica che fertilizza ulteriormente il terreno. Le vicende politiche di due secoli si susseguono con alti e bassi per la Ducea, che viene smembrata e in parte venduta a privati. Alcune famiglie, tra cui i Cesarò, acquistano questi terreni e li coltivano fino agli inizi degli anni duemila. Poi una serie di grandinate estive distruggono il raccolto mentre altre vicende aumentano le difficoltà, fino a indurre i proprietari ad abbandonare le coltivazioni. Passano quasi dieci anni di degrado e incuria, che inevitabilmente mettono in pericolo l’integrità ambientale dell’intera zona. Fino al 2017, quando Gaetano Cesarò, componente di una delle famiglie proprietarie inizia con grande impegno a recuperare le viti bicentenarie e l’ambiente. E oggi la sua impresa continua.