I Comuni della Sicilia si interrogano su come superare la crisi demografica

IComuni della Siciliasi interrogano su comesuperare la crisi demograficae, conseguentemente, ancheeconomica. La Sicilia ètra le Regioni del Mezzogiorno che più soffre lo spopolamento, dove la percentuale di aree classificate come interne, comuni non necessariamente lontani dal mare,supera il 70%. Qui l’assenza dei servizi sta accentuando il processo di impoverimento,vista la migrazione di giovani e l’innalzamento progressivo dell’età media. Malgrado questo, nel corso degli anni non sono state messe in atto politiche regionali e nazionali adeguate che tamponassero l’emorragia. Sono questi i principali temi affrontati questa mattina durante il convegno, tuttora in corso, “I comuni siciliani oltre la crisi demografica ed economica”, organizzato a San Marco d’Alunzio (ME) dall’associazione dei ComuniANCI Sicilia. Leggi anche –Sicilia, nel 2022 “record di denatalità”. Lo spopolamento nel censimento Istat Paolo Amenta, presidente dell’Associazione dei comuni siciliani, durante la sua introduzione ha ribadito la “necessità di istituire un tavolo tecnico per analizzare il disequilibrio tutto siciliano rispetto al resto d’Italia”. Ha anche auspicato che “di crisi demografica, denatalità, di sistema emigrazione se ne parli ancora in altre iniziative organizzate in tutta la Sicilia con l’obiettivo di trovare soluzioni e avanzare proposte”. Se da un lato Filippo Miracula, sindaco di San Marco d’Alunzio, ha sottolineato “l’importanza di esserci, di far parte di una realtà piccola ma importante”, dall’altroMaurizio Zingales, sindaco di Mirto e presidente delCoordinamento piccoli comuni, ha precisato che “lo spopolamento riguarda sicuramente tutta la Sicilia ma sono sicuramente i piccoli comuni a soffrirne di più. I giovani vanno via, chiudono le scuole, mancano servizi essenziali. Bisogna , quindi, avere il coraggio e la lungimiranza di fotografare le criticità osservando anche le soluzioni adottate nel resto d’Italia”. Ilsindaco di Messina , Federico Basile, durante il suo intervento ha evidenziato che “circa il 30% dei comuni siciliani si trovano nella provincia di Messina (108 in tutto). Territori chenegli ultimi 15 anni hanno perso circa 30 mila persone. E’ sicuramente necessario creare un sistema di rete per i borghi e fare in modo che la politica per i piccoli comuni valorizzi una programmazione concreta in grado di rilanciare tutti i settori dell’economia. Bisogna fare rete con una visione strategica, se non si investe in un sistema di programmazione purtroppo non si arriva da nessuna parte”. “Manca una proposta organica e concreta  – ha precisatoGiuseppe Simone, vice presidente nazionale dell’Associazione Borghi più belli d’Italia – che dia ai borghi il diritto di sopravvivenza e alle comunità che vi abitano il diritto alla salvaguardia dell’equilibrio eco-ambientale ed economico”. “E’ necessaria – ha aggiuntoAndrea Messina, assessore regionale delle Autonomie locali – una strategia di conservazione e valorizzazione delle identità e delle risorse . Ai giovani amministratori auguro di riuscire a contenere gli effetti della globalizzazione con l’obiettivo di preservare le nostre risorse autoctone per consegnarle alle nuove generazioni. Il nostro obiettivo è lavorare assieme ai sindaci per prospettare un futuro migliore”. Durante il suo interventoLuca Bianchi, direttore generale Svimez, ha precisato: “I piccoli centri risentono deidifetti e delle mancate scelte delle politiche nazionali. Se il Paese riduce le risorse per istruzione e sanità, inevitabilmente saranno i territori più deboli a soffrirne maggiormente.Dal 2011 al 2023 le aree interne del Mezzogiorno hanno perso il 7% della popolazione. Bisogna , quindi, capire cosa sta accadendo nel Paese facendo attenzione all’impatto che avrà l’autonomia differenziata, un modello che inevitabilmente tenderà ad aumentare  il divario fra le regioni con la disastrosa conseguenza che chi avrà risorse già scarse ne perderà ulteriormente”. “Purtroppo – ha concluso ilsegretario generale dell’ANCI Sicilia, Mario Emanuele Alvano– lospopolamento non riguarda solo le aree interne o montane. Non è una questione limitata. In tutte leprovince i dati precisano che, tranne a Ragusa e Catania, negli ultimi 5 anni la popolazione dell’Isola ha subito un preoccupante decremento. Credo che nell’agenda politica il problema sia entrato solo a livello superficiale senza una reale volontà di risolverlo. Come sarà la Sicilia nei prossimi anni è un argomento che bisogna affrontare ogni giorno. Sulla base del censimento chiuso al 31 dicembre 2022,la popolazione siciliana risulta ammontare a 4.814.016 residenti. Un dato in calo dello 0,4% rispetto all’anno precedente. A questo si aggiunge la crisi finanziaria che colpisce i comuni da anni e che l’ANCI Sicilia non smette di denunciare: allo stato attuale abbiamo70 comuni in dissesto, 43 comuni in piano di riequilibrio. In una fase in cui il mondo è alla ricerca della qualità dell’aria, di buon cibo e di una dimensione più naturale per la vita quotidiana il nostro enorme patrimonio rischia di non essere valorizzato in modo adeguato”. “Prendendo spunto dalle proposte avanzate questa mattina – ha dettoPaolo Amenta, presidente dell’ANCI Sicilia, aconclusione dei lavoridel convegno “I comuni siciliani oltre la crisi demografica ed economica” – emerge la necessità di creare una concreta collaborazione fra i comuni per pianificare una politica del territorio che,attraverso un’adeguata architettura giuridica, sia in grado di sviluppare importanti progettidi tipo culturale anche con l’ausilio  della digitalizzazione, del lavoro a distanza, della transizione ecologica e della mobilità sostenibile. Tutto questo servirà a migliorare l’inclusione sociale e i processi di integrazione degli immigrati per cercare di arginare lo spopolamento dei territori”. “E’ inoltre assolutamente necessario – ha aggiunto Amenta – che ci sia da parte delle istituzioni coinvolte una maggiore consapevolezza anche rispetto alle scelte che si stanno effettuando in materia di sanità su tutto il territorio regionale. La riorganizzazione della rete ospedaliera, infatti, deve tenere conto anche delle scelte in materia di case,Centrali Operative Territoriali e ospedali di comunità con un approccio che veda una reale integrazione fra il sociale e il sanitario”. “Bisogna avere una visione strategica e a 360 gradidelle reali necessità della nostra Isola e, al di là dei confini amministrativi, bisogna costruire le condizioni per tornare a vivere anche nei piccoli centri, per trasformarli in luoghi da vivere in cui fare tutto”. Al convegno del 18 maggio sono intervenuti, tra gli altri, Luciano Caveri, assessore agli Affari europei, innovazione, PNRR e Politiche nazionali per la montagna della Regione autonoma Valle D’Aosta, Maurizio Avola, professore di sociologia dei Processi economici e del lavoro  dell’Università degli Studi di Catania, Andrea Marcel Pidalà urbanista Università degli Studi di Palermo, e Pieremilio Vasta, coordinatore regionale Rete civica della Salute.