“Sembra più una provocazione che una proposta, è allucinante pensare di mettere un bollino nero sul vino e creare una corrispondenza con il cancro. La dieta mediterranea è notoriamente sinonimo di buona alimentazione e prevede anche un uso, certamente moderato e limitato, di vino”. Non usa giri di parole Francesco Sottile, docente di Biodiversità e qualità del sistema agroalimentare nell’Università di Palermo e referente della Fondazione Slow Food per la biodiversità a livello internazionale nel condannare l’ipotesi di etichettare come “cancerogeno” il vino in tutta Europa. Una ipotesi lanciata da uno dei fondatori del contestato sistema Nutriscore, ovvero etichettatura a semaforo, che circola già, su base volontaria, in alcuni Paesi europei.
Giornate decisive
Di fatto una ipotesi “pericolosa” secondo praticamente tutti i rappresentanti dei produttori di vino e degli agricoltori italiani (ma anche francesi e spagnoli) che si sono schierati con veemenza a difesa del vino. Il pericolo è infatti concreto e imminente: oggi, 15 febbraio, al parlamento europeo a Strasburgo si parlerà infatti del report Beca (Beating cancer) e il rischio è che il vino e tutte le bevande contenenti più dell’uno per cento di alcol finiscano, nella votazione finale prevista per domani, nella lista nera degli alimenti sconsigliati perché provocano tumori. Una affermazione, dicono i contrari, basato su uno studio di alcuni anni fa e ritenuto poco attendibile e lacunoso.
Nutriscore “sistema rozzo e irragionevole”
Non gode di unanime consenso neanche il sistema a semaforo, che prevede una scala di colori dal verde (lettera A) all’arancione scuro (lettera E) in base a pochi elementi contenuti negli alimenti, come grassi e zuccheri. Con il risultato paradossale di considerare più “salutare” una cola con edulcoranti che l’olio extravergine di oliva: “Si tratta con tutta evidenza di un sistema rozzo, con enormi limiti, totalmente irragionevole in quanto si basa su quantità standard di 100 grammi e non su porzioni”, commenta il professor Sottile. Per l’alcol addirittura la proposta è di aggiungere alla scala esistente un nuovo colore peggiorativo, il nero, accompagnato da una nuova lettera, la F.
Crollo del settore e fondi europei a rischio
Insomma, il combinato disposto del Nutriscore e del report degli europarlamentari sul Cancer plan, potrebbe portare all’apposizione di un bollino nero con la lettera F e di una serie di “allerta sanitari” sul modello di quelli presenti sui pacchetti di sigarette, con frasi e immagini evocative del rischio cancro. Inoltre, ci sarebbero limitazioni alla pubblicità e alle sponsorizzazioni e aumento delle tasse. Se così accadesse, secondo alcune stime, il settore del vino subirebbe un calo di fatturato del 30 per cento con conseguente crisi occupazionale e moria di aziende agricole e di trasformazione. Ma se il vino venisse etichettato come cancerogeno ovviamente l’Europa non potrebbe continuare a sostenere il settore con lo stanziamento di ingenti fondi europei. Guarda il video di Coldiretti sul Nutriscore
Produttori e agricoltori contro la penalizzazione
La mobilitazione contro questa eventualità, che colpirebbe soprattutto Italia, Francia e Spagna, è cresciuta negli ultimi giorni. Si sono fatte sentire pubblicamente con dichiarazioni di protesta contro l’ipotesi di “criminalizzazione” del vino praticamente tutte le organizzazioni di produttori, imprenditori e agricoltori: Confagricoltura, Coldiretti, Cia agricoltori italiani, Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, Copagri, Unione Italiana Vini, Federvini, Federdoc e Assoenologi. Dal punto di vista politico sembra che tutti gli europarlamentari italiani siano schierati contro le proposte di penalizzazione del vino contenute nel report, così come almeno una parte di deputati francesi e spagnoli. Politici e organizzazioni non nascondono che l’alcol sia un problema. Chiedono però che si condanni, come peraltro già avviene, l’abuso di alcol e non il consumo responsabile e moderato.
Proibizionismo non risolve il problema
“Come nel caso della demonizzata carne rossa il rischio riguarda le dosi e le modalità di produzione di un certo alimento – dice Sottile – qui si vuole introdurre un proibizionismo che di certo non risolve il problema. Per noi – conclude il docente – le etichette degli alimenti non devono prescrivere cosa consumare e cosa no, ma dare ai consumatori tutte le informazioni utili per decidere consapevolmente”.