Alla mensa dei poveri anche con laurea e lavoro: la Sicilia nel rapporto Caritas

InSicilia, nel 2023,oltre 12 mila personehanno avutobisogno di rivolgersi alla Caritas:di questi poveri, il 3% è inpossesso della laureae il 6,5% ha addirittura unlavoro. Il rischio povertà non risparmia nessuno, insomma. Sono i dati delreport annuale della Caritas,organismo pastorale dellaConferenza episcopale italianache si occupa di aiutare le persone in difficoltà. Le richieste di assistenza in Sicilia sono il 4,7% del totale nazionale, che sfiora le 270 mila unità. Inumeri forniti dall’entedisegnano unquadro sociale drammaticonel nostro Paese. “La povertà attraversa il tessuto della nostra società, è un’ombra che continua a crescere e ad avvolgereun numero sempre maggiore di persone“, scrive il direttore nazionale della Caritasdon Marco Pagniellonella presentazione del rapporto. “Unfenomeno che esclude,divide e pone un drammatico problema di giustizia, particolarmente evidente nelladiseguale accessibilità,da parte di tutti, allestesse opportunità e diritti“. Soprattutto in alcune zone del Paese, Sicilia compresa. Leggi anche –Divario Nord-Sud: un veneto guadagna il 28% più di un siciliano Il rapporto fornisce i dettagli dell’utente medio della Caritasnell’Isola. La Sicilia è l’undicesima regione in Italia per numero di persone assistite, in una classifica guidata daLombardia(34 mila),Lazio(31 mila) edEmilia-Romagna(29 mila). A chiedere aiuto sono soprattutto gliuomini(55%, contro il 45% delledonne), e la maggioranza dei quali hauno o più figli(77%, contro il 23% deisenza prole). Le persone concittadinanza italiana(73%) sononettamente superiori agli stranieri(26%), ma c’è anche una minoranza di persone condoppia cittadinanza o apolidi(un per cento). Quanto al titolo di studio, la maggior parte può contare su una licenza media inferiore (46%) o sulla licenza elementare (22%). Ci sono anche persone condiploma di scuola superiore(8%) o diistituto professionale(6,5%), e come detto persino di laurea o diploma universitario (3%). Non manca una quota di utentidel tutto privi di titolo di studio(9%) ototalmente analfabeti(3%). Questi ultimi, come si vede, sono la stessa quota dei laureati. Segnoil rischio di povertà è trasversale. Leggi anche –Al Sud è allarme “povertà sanitaria”. Ma la Sicilia fa meglio del Piemonte A dimostrarlo, del resto, sono anche idati dell’occupazione.Prevedibilmente la quota maggiore di chi si rivolge a Caritas è fatta didisoccupati in cerca di nuova o prima occupazione(50%). Tuttavia non è trascurabile il numero dipersone “casalinghe”(21%),pensionate(10%) o che addirittura hannoun impiego(6,5%). Da segnalare anche le quote diirregolari(3%),inabili al lavoro(3%) estudenti(1%). Numeri che secondo Caritas confermano “lefragilità del mercato del lavoro,e che possono dirsi alla base dellain work povertye del fenomeno deiworking poor“. Una fragilità che dipende damolti fattori,osserva l’ente diocesano, a partire dalla “ampia diffusione di occupazioni abassa remunerazione e bassa qualifica,soprattutto nel terziario”. Ma pesa anche “il mancatorinnovo contrattualee laproliferazione dei Ccnl“, senza dimenticare “la diffusa precarietà e la forte incidenza dilavori irregolari e contratti non standard,soprattutto tra igiovani“. Tutti elementi che per gli autori del rapporto contribuiscono adaggravare la situazione. Leggi anche –Povertà e disuguaglianze: il benessere è ancora lontano in Sicilia Una delle piùCaritasattive in Sicilia èquella di Catania,che ha festeggiato da pochi giorni i 50 anni di attività. “L’ultima rilevazione dei servizi Caritas, diffusa lo scorso maggio, ha evidenziato in maniera strutturata ledifficoltà economiche e sociali della città:più 119 mila interventi effettuati tra il 2019 e il 2023, passati da 237 mila a 356 mila, facendo segnare un più 34%”.Una delle annate più gravidall’inizio delle attività di Caritas Catania, nel lontano 1974. “In cinquant’anni,la povertà è aumentatanelle connotazioni dipovertà più subdole,invisibili, ‘digitali’”, ha detto in conferenza stampa il direttore della sede etnea,don Nuccio Puglisi.Tra i servizi che la Caritas di Catania offre ci sono “ascolto, colazione, cena, vestiario, prodotti per l’infanzia, servizi igienici e cambio vestiario”. Senza dimenticare “le accoglienze perdonne vittime di violenza con minori,le consulenze dedicate al disbrigo delle pratiche burocratiche, il sostegno economico per ilpagamento delle utenze,l’attività di consulenza legale e psicologica e lamediazione bancaria tramite il microcredito“. Leggi anche –Unicredit e Caritas Catania insieme per le donne vittime di violenza Per quanto drammatici, per Caritasi numeri dei poverirestano parziali, in Sicilia come in Italia. I270 mila utenti“possono essere assimilati adaltrettanti nuclei“, visto che chi sceglie di chiedere aiuto “risponde sempre adesigenze di tipo familiare“. Un primo fattore moltiplicatore che tuttavia, secondo gli esperti, non basta a chiarire l’entità della povertànel tessuto sociale italiano. “Si tratta comunque di unasottostima delle richieste di aiuto, perché riferite ai soli serviziin rete con la raccolta dati“. C’è anche chi non viene “fotografato” dal rapporto, insomma. Una situazione che risente “dell’effetto dionda lunga della crisi pandemica“, a cui negli ultimi anni si sono aggiunte “le ripercussioni delleguerre in Europa e Medio-Orientee dall’aumento dei prezzi al consumo”. Da qui la necessità diinterventi legislativi,che Caritas sta sollecitando al governo centrale. Per l’ente occorre “fare in modo che le istanze difese si traducano innorme, leggi e servizi“, che oltre a limitare la povertà puntino “allacostruzione disocietà realmente inclusive“.