Apicoltura, il 100% della produzione a rischio. Il caldo “dopa” il killer delle arnie

Apicoltura, il 100% della produzione a rischio. Il caldo “dopa” il killer delle arnie

C’è anche l’apicoltura tra levittime delcambiamento climaticoche negli ultimi anni sta interessando la Sicilia, mettendo in ginocchio interisettori produttivi come l’agricoltura e l’allevamento.L’aumento delle temperature, infatti, ha provocato una recrudescenza nella presenza dellaVespa orientalis,comunemente detta cardubbolo,che preda le api provocandogravi danni al comparto.“Questa specie di calabrone vive da sempre nel bacino del Mediterraneo, ma il cambiamento climatico ha portato a un’esplosione demografica, con conseguenze devastanti per l’apicoltura”, spiega aFocuSiciliaGiovanni Caronia, già presidente di Aras,Associazione regionale apicoltori siciliani. Se il cardubbolo fosse libero di agire la produzione “sarebbecompromessa al 100 per cento“, mentre con gli interventi a protezione degli alveari “le perdite di api sono limitate a circa il 20 per cento”. L’ennesimo problema per unsettore che vive una forte crisi.“Il mercato è invaso daprodotti a basso prezzo, venduti a un euro al chilo.Per rientrare dalle spese, gli apicoltori siciliani devono vendere apiù di sette euro.Con questi numeri, le prospettive sono drammatiche”. Leggi anche –Sicilia, centinaia di specie aliene. E il “cimicione” minaccia il pistacchio L’incremento dellaVespa orientalis, sottolinea Caronia, è noto agli apicoltori già dagli anni Duemila. “I primi segnali sono arrivatidal palermitano, intorno al 2008,ma via via la specie si è diffusa anche nel resto dell’Isola”. Alla base del problema, un aumento della popolazionestimolato proprio dalletemperature più alte.“Un tempo la ‘stagione’ del cardubbolo durava fino a settembre, per poi esaurirsi con i primi freddi. Adesso va avanti fino a novembre inoltrato, congravi conseguenze per l’apicoltura“. A mutare è anche il tipo di territorio raggiunto dal pericoloso insetto. “Un tempo le arnie situate sopra i 200 metri potevano considerarsi al sicuro. Oggi, con l’aumento delle temperature,il cardubbolo si spinge sopra i 700 metri e anche oltre”. Le api, prosegue l’esperto, si ingegnano aevitare il predatoreuscendo a caccia di polline quando dorme, prima dell’alba e dopo il tramonto. “Purtroppo le ultime evidenze ci dicono cheil cardubbolo sta iniziando a cacciare anche in questi orari.Sempre più spesso quindi le api sono costrette arimanere dentro le arnie,a volte anche per più di un mese, senza polline e acqua, indebolendosi notevolmente”. Leggi anche –Formica di fuoco, allerta in Sicilia. Corsa per evitare l’effetto granchio blu Gli apicoltori, aggiunge Caronia, cercano dievitare questi assediin molti modi. “Si utilizzanotrappole con esche e colle,ma anche griglie metalliche per proteggere gli ingressi ed evitare che i predatori possanopenetrareall’interno delle arnie“. Malgrado gli accorgimenti, come detto, ogni anno circa un quinto delle api cade vittima dell’insetto. “Per fortuna il cardubbolo attacca in una stagione in cuisi raccoglie poco miele,principalmente dicarruboenespolo. Da novembre alla primavera, di solito gli alveari riescono a riprendersi”. Al momento ildanno alla produzione di mieleè relativo, ma molto dipende dalla capacità dell’apicoltore di difendere le arnie. “Non tutti riescono ad adottarerimedi efficaci,con il risultato diperdere la colonia e compromettere l’annata“. Caronia fa notare un altro problema. “LaVespa orientalisè stata avvistata anche nel resto d’Italia, lungo la costa tirrenica. Senza addentrarsi in considerazioni etologiche, questo potrebbe dire cheil suo areale si sta allargando,risalendo dalbacino del Mediterraneoverso ilNord Italia“. Leggi anche –Dopo i fiumi il gambero killer minaccia i mari: “Prospera in acqua salata” Questo sarebbe un problema non da poco, visto che anche le altre regioni italiane devono fare i conti con ipredatori delle api.Come laVespa velutina,i cui avvistamenti si stanno moltiplicando nelle ultime settimane, soprattutto in Toscana. “Questo calabrone di origine orientale è arrivato in Italiaattraverso la Francia,estendendosi gradualmente inLiguria, Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna,e da ultimo inToscana“, spiega Caronia. Per l’esperto, le probabilità che possascendere lungo lo Stivale e arrivare in Siciliasono modeste. “Questo tipo di vespa nidifica in zone umide e in prossimità dei corsi d’acqua. Al momentola Sicilia, con la sua siccità, sembrerebbe abbastanza al sicuro“. Nondimeno, laVespa velutinaè stata inserita tra le specie aliene “a rischio introduzione” censite dalFast – Fight Alien Species Transborder,progetto internazionale guidato dall’Università di Catania.“Al momento non sono stati segnalati avvistamenti, ma non è impossibile che in futuro laVespa velutinapossa arrivare”, avverte lo zoologoGiorgio Sabella,esperto di specie aliene e coordinatore del progetto.