Associazioni Pro-Vita nei consultori: Cgil Sicilia dice no e scrive a Schifani

LaCgilSiciliachiede al governo regionale di non aprire iconsultorialle associazioni pro- vita. La possibilità è data da un recentedecretosull’utilizzo dei fondi delPnrrper queste strutture. GabriellaMessinaed ElviraMorana, esponenti della Cgil Sicilia, hanno scritto al presidente dellaRegioneSiciliana, Renato Schifani, agli assessorati alla Sanità, al Lavoro e alla Famiglia, al Territorio e Ambiente, al Turismo, ai componenti della VI commissione dell’Ars e a tutte le deputate. Chiedono “la pienaattuazionedella legge 194/78 e il rispetto della destinazione dei fondi del Pnrr”. E colgono l’occasione per sottolineare alcunecriticitàdel servizio. Soprattutto quelle legate anche all’interruzionevolontariadi gravidanza, chiedendo di “intervenire con urgenza per ladifesadellasalutedelle donne”. LaCgilsegnala che “le suddette criticità emergono anche dalla relazioneministeriale, che pur offre un quadro parziale. Si rilevano tuttavia per i consultori – sottolinea il sindacato – una capacitàattrattivarispetto alla popolazione del 3,8%, (dato nazionale 5,2%). Lacoperturadel servizio da parte della figura professionale dell’ostetrica  soltanto per 19 ore settimanali, per 14 ore dell’assistente sociale. Per 21,6 ore del ginecologo. In sintesi l’equipecompleta– sottolineano Messina e Morana – è assicurata soltanto per l’0,4% del servizio”. Le esponenti della Cgil rilevano che “l’esiguità delservizio(un consultorio per oltre 26 mila abitanti invece che uno ogni 20mila) viene rilevata  dallo stesso assessorato nellarelazionesulla programmazione della medicina territoriale. Per quanto riguarda i datisull’interruzionevolontaria di gravidanza – continuano le esponenti sindacali – emerge che su 57 strutture con reparto diOstetriciaeginecologiaquelle che effettuano IVG sono 31. Dalla lettura  analitica delle strutture  si rileva poi che gli interventi vanno da uno 0,02 ad un 13,4 in unasingolastruttura”. “Questi dati – osservanoMessinaeMorana– ci consegnano unsovraccaricoin una struttura del 13,4 a fronte della media nazionale 0.9 e di quello regionale 1,8%  con serio  pericolo sia per lasalutedella donna sia per ilpersonalemedico stesso”. Nella nota la Cgil sottolinea l’alta percentuale di medici obiettori, l’85%. I tempid’attesalunghi da cui deriva una non appropriatezza dellaprocedura. Inoltre l’interruzione farmacologica non in linea con le ultime linee guida. “Un quadro, insomma – concludono – che conferma ladisattenzionedi una classe politica prevalentemente al maschile che non ha mai posto al centro delle politiche pubbliche ibisognidelledonne“.