Dopo il boom del 2020, con più di 4,3 milioni di ore autorizzate nel drammatico contesto della pandemia, la cassa integrazione in Italia ha iniziato la sua discesa e i dati Inps lo confermano. Nell’ultimo report dell’istituto di previdenza, le serie storiche nazionali vedono un calo delle ore complessive di cassa integrazione del 35 per cento nel 2021 e dell’84 per cento fino a settembre 2022. In Sicilia, però, resta in controtendenza la Cigs – Cassa integrazione guadagni straordinaria – con un milione e 355 mila ore autorizzate solo a settembre, e oltre sei milioni di ore tra gennaio e settembre di quest’anno. Nella nostra Isola questa forma di tutela del lavoro, anziché diminuire come in altre regioni d’Italia, si è quintuplicata rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Un fenomeno indicativo di come la crisi abbia radici ancora più profonde rispetto ai rincari energetici e delle materie prime e che la ripresa post-Covid non sia mai stata agganciata del tutto dalle attività medio-piccole, quelle cui è rivolta la Cigs.

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La fotografia del grave momento di crisi
Per Giovanni Musumeci, segretario territoriale Ugl Catania, quello delle ore di Cassa integrazione straordinaria autorizzate in Sicilia nel mese di settembre scorso “è un dato senza dubbio agghiacciante. È la precisa fotografia del grave momento di crisi economica ed energetica che stiamo vivendo, considerato che rispetto allo stesso periodo del 2021 le imprese siciliane sono in fortissima sofferenza”. L’aumento, tra gli stesso intervalli gennaio-settembre degli ultimi due anni, è di quasi il 70 per cento di ore di Cigs, seguendo lo stesso trend che si registra in altre 12 regioni (i massimi livelli in Basilicata, Trentino e Friuli) e in generale nel Mezzogiorno dove le ore sono praticamente raddoppiate rispetto all’anno precedente. “L’esponenziale aumento dei prezzi ed il conseguente calo di consumi – spiega Musumeci – che si sta registrando praticamente da inizio anno, associato all’assurdo incremento dei costi per l’approvigionamento energetico, di luce e gas soprattutto, hanno via via messo in ginocchio la nostra industria ed il commercio che hanno dovuto quindi ricorrere all’aiuto dello Stato per non chiudere”.

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Acciaierie di Sicilia: magazzino pieno, dipendenti a casa
Tra gli esempi più eclatanti c’è quello catanese di Acciaierie di Sicilia “che, per diversi giorni – ricorda il segretario Ugl – con il magazzino pieno di scorte a causa del pesante rallentamento del mercato e l’arrivo di bollette esorbitanti, è stata costretta a lasciare a casa i propri dipendenti attivando l’ammortizzatore sociale”. L’azienda produce tondini di acciaio per il cemento armato nello stabilimento di Catania e ha deciso di sospendere l’attività per due settimane a settembre, dopo i precedenti stop alle linee produttive anche a giugno, luglio e agosto. Dal mondo sindacale non sono mancate espressioni di preoccupazione per un nuovo dramma occupazionale e sociale e per le ripercussioni sulla filiera produttiva delle forniture alle imprese edilizie. Un esempio, mentre gli stessi problemi investono tutto il mondo produttivo. “In tutto questo – commenta Musumeci – la prospettiva che abbiamo davanti di certo è catastrofica se non vengono prese immediatamente le giuste misure, per dare respiro agli imprenditori e non continuare a gravare sulle tasche dei cittadini e dello Stato stesso. Auspichiamo pertanto che il nuovo governo possa individuare le soluzioni più impattanti per evitare agli imprenditori, ai commercianti, agli artigiani ed ai lavoratori siciliani, di trovarsi in una condizione ancora più disperata di quella attuale”.