Balneari, sull’infrazione Ue la replica italiana: “Dati parziali, servono 4 mesi”
Sullaprocedura di infrazione per lagestione delle concessioni balnearil’Italia ha chiesto all’Unione europea quattro mesi di tempo per “concludere la determinazione dellascarsità della risorsae i relativiindirizzi di riordino del settore“. Fuori dal burocratese, per verificare se il 33 per cento di occupazione delle aree demaniali stimato dal Tavolo tecnico nazionale sia sufficiente a innescare l’applicazione della direttiva Bolkestein. E, quindi, la messa a gara delle concessioni. È il riassunto delle quaranta pagine inviate dalGoverno italianoallaCommissione europea,in risposta alla lettera di messa in mora ricevuta da Bruxelles lo scorso 16 novembre. Il primo passo della procedura di infrazione, che sembra tutt’altro che scongiurata. La Commissione, infatti, ha già chiarito chei risultati del Tavolo tecnico “non sembrano pertinenti”, e che viceversa “è evidente che, quanto meno per una parte delleproprietà demaniali marittime, esiste un elemento di scarsità”. Leggi anche –Concessioni balneari, il governo Meloni temporeggia sul rinvio delle gare Si va verso il muro contro muro, insomma. Lamappatura delle aree demaniali, scrive il Governo italiano, è basata surisultati “parziali e intermedi”.Il Tavolo tecnico, infatti, “ha inteso fornire una prima, preliminare, indicazione quantitativa delle aree effettivamente occupate a livello nazionale, ma non ha certo intesoconcludere l’istruttoria sulla scarsità della risorsa“. I dati raccolti finora sono allegati alla lettera per Bruxelles, e attingono alla banca dati delSid, Sistema informativo del demanio marittimo.Su circa 426 milioni di metri quadri di demanio marittimo, quasi 62 milioni sono attualmente dati in concessione.Su altri 15 milioni pendono delle istanze. Il totale delle concessioni supera quindi i 77 milioni di metri quadri, a cui vanno aggiunti i 54 milioni in uso alle Autorità di sistema portuale.Si arriva così a 131 milioni di metri quadri, e all’occupazione di circa un terzomessa nero su bianco dal Governo. Leggi anche –Concessioni balneari, un affare di famiglia a buon prezzo: 2 euro al mq I dati del Sid scendono nel dettaglio delle singole regioni.Per quanto riguarda la Sicilia,su 43 milioni di metri quadri di demanio marittimo, 1,7 milioni sono attualmente in concessione,mentre su 500 mila pendono delle istanze. Il totale si avvicina a 2,3 milioni di metri quadri.A livello di demanio complessivo l’Isola è superata solo da Puglia (105 milioni di metri quadri) e Sardegna (64 milioni).Guardando allasuperficie occupata dagli stabilimenti balneari, invece, risulta tra le ultime regioni italiane. Sono più sfruttateCalabria(9,6 milioni),Veneto(nove milioni),Liguria(8,1 milioni),Puglia(7,8 milioni),Emilia-Romagna(7,5 milioni),Toscana(7,3 milioni),Campania(5,5 milioni),Lazio(3,8 milioni),Abruzzo(3,1 milioni),Marche(tre milioni),Friuli-Venezia Giulia(2,5 milioni) eSardegna(2,3 milioni). Tutte insommasfruttano commercialmente il proprio mare. Leggi anche –Balneari, la sentenza Ue: proroghe vietate. Sindacati: serve la mappatura A contestare leconcessioni, da sempre, sono leassociazioni ambientaliste.“Le spiagge non sono proprietà dei balneari, ma concessioni di beni naturali che devono essere preservati e tutelati”, spiegaTommaso Castronovo, presidente diLegambiente Sicilia.L’associazione chiede “di mettere a bando tutte le concessioni”, considerando che in Sicilia “le spiagge libere devono essere per legge non meno del 50 per cento”. Castronovo ricorda anche il tema deiPiani di utilizzo del demanio marittimo, “che secondo una sentenza del 2022 della Corte Costituzionale sono pregiudiziali alle stesse concessioni”. Su questo fronte c’è molto da fare.“Su 122 Comuni costieri solo una trentina ha scritto il Piano, ma quasi tutti sono ancora in attesa di approvazione”.La Regione, conclude il presidente, “dovrebbe nominare i Commissari per i Comuni inadempienti. Invece si pensa asanare il cemento sulle spiagge, come ha fatto laIV Commissione dell’Assemblea regionale siciliana“.