Famiglia nel bosco, giudici scoprono cosa subivano i figli: dopo mesi di indagini la svolta | Paura per il rientro
Il caso della famiglia nel bosco di Palmoli scuote l’Italia. I bambini, allontanati, saranno ascoltati dai giudici per una decisione cruciale sul loro futuro e un possibile ritorno a casa per Natale.
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La vicenda della “famiglia del bosco” si avvicina a un punto di svolta cruciale. Mentre la vigilia di Natale si profila, il Tribunale per i minorenni dell’Aquila è chiamato a emettere una decisione che potrebbe ridefinire il futuro dei tre bambini allontanati dal casolare di Palmoli. La complessa battaglia legale ha diviso l’opinione pubblica, con molti che si interrogano sulla validità della decisione di separare i figli dai loro genitori anglo-australiani, noti per uno stile di vita “indietro nel tempo”.
Nonostante la Corte d’Appello dell’Aquila abbia respinto il reclamo urgente dei legali di Catherine Birmingham e Nathan Trevallion, confermando la sospensione della responsabilità genitoriale, ha anche rimesso ai giudici minorili ogni valutazione successiva. Questo apre uno spiraglio per un esito diverso, immediato e pratico, legato alle condizioni attuali della famiglia. Il cuore della questione rimane l’ascolto dei minori: i tre bambini – due gemelli di sei anni e una sorella di otto – dovranno essere sentiti nuovamente dal Tribunale senza la presenza dei genitori, un atto definito dai giudici come essenziale per garantire un’espressione libera e incondizionata, strumento di autodeterminazione del minore. Solo dopo questa audizione si potrà considerare l’ipotesi di un ricongiungimento, anche se temporaneo.
Le ragioni del tribunale e gli sforzi dei genitori
Le 23 pagine dell’ordinanza della presidente Nicoletta Orlandi delineano un quadro articolato delle motivazioni che hanno portato all’allontanamento. Da un lato, la Corte ha riconosciuto gli «apprezzabili sforzi di collaborazione» compiuti dai genitori nelle ultime settimane, suggerendo un superamento del “muro di diffidenza” inizialmente opposto alle istituzioni. Questo riconoscimento indica una possibile apertura al dialogo, essenziale per la risoluzione del caso.
Dall’altro lato, l’ordinanza ribadisce le criticità iniziali. Sul piano sanitario, è emerso che uno dei bambini, al momento del prelievo il 20 novembre, presentava una bronchite acuta con broncospasmo non segnalata e non curata. Questa è stata una delle motivazioni principali per l’intervento. Le preoccupazioni non si limitano all’aspetto medico; anche il profilo scolastico ha sollevato dubbi. Nonostante l’istruzione parentale sia legittima, i giudici hanno evidenziato la mancanza di documentazione per il primo anno della figlia maggiore e hanno notato come le competenze accertate dopo l’ingresso in casa famiglia non fossero coerenti con le certificazioni prodotte negli anni precedenti. Questi elementi mettono in luce le sfide che i genitori devono affrontare per dimostrare la piena idoneità a prendersi cura dei figli.

La polemica istituzionale e la quotidianità sospesa
Il caso della famiglia nel bosco non ha coinvolto solo le sfere giudiziarie, ma ha anche innescato una aperta polemica sul piano istituzionale, in particolare con l’Anm Abruzzo. Gli avvocati della famiglia, Marco Femminella e Danila Solinas, hanno duramente criticato l’intervento del sindacato delle toghe, accusandolo di essere entrato nel merito di un provvedimento cautelare. La loro tesi è chiara: «La magistratura non solo deve essere terza, ma deve anche apparire tale», ammonendo che richiamare la correttezza di un’ordinanza per difendere l’autonomia dell’ordine giudiziario è «fuorviante e pericoloso».
Secondo i legali, simili prese di posizione rischiano di sovrapporre piani distinti: la solidarietà verso i magistrati e la valutazione giuridica dei singoli atti. Essi auspicano che l’esercizio della giurisdizione rimanga confinato «nei luoghi deputati», lontano da letture simboliche o politiche che potrebbero inficiare l’oggettività del processo. Nel frattempo, la vita della famiglia anglo-australiana rimane in uno stato di sospensione. Catherine vive nella struttura che ospita i figli, potendo incontrarli solo in orari stabiliti. Nathan è rimasto a Palmoli, dividendo il suo tempo tra il rudere nel bosco e una casa temporaneamente messa a disposizione. Il futuro dei bambini e la possibilità di un ricongiungimento per le festività natalizie restano appesi a una decisione che va oltre le aule di tribunale, toccando le corde più profonde dell’opinione pubblica e dei diritti familiari.
