Casa, energia e benzina. Il 42% degli stipendi se ne va in spese obbligate

Casa, luce, gas, carburanti ma anche sanità e assicurazioni. Le cosiddettespese obbligateper le famiglie pesano sempre più. Secondo un’analisi dell’Ufficio Studi diConfcommercio, per il 2024 queste spese si prendonoil 41,8% di tutti i consumi delle famiglie, oltre 5 punti in più dal 1995 ad oggi. Lieve discesa se invece consideriamo solo il 2023 quando gli obbligati hanno inciso per il 42,2%. Per fare un esempio concreto. Su un totale di circa 21.800 euro pro capite di consumi all’anno, oltre 9mila euro se ne vanno per le spese obbligate. Si tratta di348 euro in più rispetto al 2019.Il problema è che aumentano sempre più i prezzi di queste spese obbligate, e pure tanto. Insomma, si lavora sempre più per pagare le spese fisse, obbligate appunto, soprattutto lacasa. Quello che rimane per gli altri consumi è sempre meno. Quasi nulla o nulla pertempo liberoe piaceri in generale. Consideriamo anche che ci sono profonde differenze di reddito, anche all’interno delle stesse regioni, e quindi diversi approcci alle necessità. Da unostudiorecente dell’Osservatorio Findomesticsulle spese nel 2023 per i beni durevoli come auto, mobili, telefonia, risulta che lefamiglie in Siciliahanno unacapacità di spesa limitata, “è la regione con la crescita più contenuta”. Nella classifica delle 107 province italiane Enna, Trapani, Agrigento e Caltanissetta occupano le ultime posizioni. Leggi anche –Rapporto Bes, la Sicilia va male nel 70% degli indicatori. Ma migliora Internet No. Non è colpa delle scelte delle famiglie se si ritrovano a pagare così tanto per le spese obbligate. Lo dicono chiaramente dal centro studi di Confcommercio: “a spingere le spese obbligate sono i prezzie non le preferenze dei consumatori”. “Tra il 1995 e il 2024 l’indice di prezzo degli obbligati (+122,7%) è cresciuto più del doppio rispetto a quello deibeni commercializzabili(+55,6%), dinamica influenzata anche da un deficit di concorrenza tra le imprese fornitrici di beni e servizi obbligati”. Si legge nel dossier di Confocommercio. Situazione che ha influito sulbenessere economicodelle famiglie italiane: “ha ridotto la libertà di scelta sui consumi”. Leggi anche –Imu, in Sicilia costa il 7% del Pil pro capite. Sulle case di lusso si risparmia La speranza che le cose possano andare meglio sembra vana. Da Confcommercio non hanno dubbi perché“le dinamiche di lungo termine sono inequivocabili”. “Al netto diimportanti cambiamentisocialiedemograficiresta il fatto che il deflatore degli obbligati in trent’anni è cresciuto molto più del doppio di quanto sia aumentato l’indice di prezzo per i beni commercializzabili”. In parole povere, nonostante famiglie più piccole, crescita dei metri quadrati di abitazione disponibili pro capite, invecchiamento in buona salute della popolazione anziana,il peso delle spese obbligate è cresciutodi più di quello dei beni commerciabilicome gli alimentari, i libri, le auto o gli elettrodomestici. Leggi anche –In Sicilia 1,1 milioni di case vuote. E l’affitto è più caro della pensione media La conseguenza, come afferma il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli, è la riduzione degli altriconsumi. Ibeni commercializzabilinel 2024 incidono per il38,3%sugli stipendi mentre lo scorso anno si attestavano al 38,7% e al 46,1 nel 1995. In compenso aumentano iservizi commercializzabilicome trasporti, telefono, istruzione e vacanze: dal 19,2% del 2023 al19,9%del 2024. Erano al 17,3% nel 1995. Un grosso problema per il Bel Paese perché i “consumi – ha detto Sangalli – sono la principale componente delladomanda interna. Per sostenerli occorre confermare l’accorpamento delle aliquote Irpefe ridurre progressivamente, e in modo strutturale, ilcarico fiscale”. Anche perché, scrivono ancora da Confcommercio, in riferimento alle spese obbligate “non sembra si ritornerà al 40% circa del 2019”.