Alla fine di via Mercurio, all’ombra del grande PalaNesima da seimila posti abbandonato da anni, la commissione Cultura del consiglio comunale di Catania ha visionato questa mattina l’area dove dovrebbe sorgere il nuovo centro direzionale della Regione siciliane. Ovvero la grande sciara lavica creata dall’eruzione dell’Etna del 1669. “Sono convinto, e l’ho già detto in consiglio comunale, che quest’area non è per nulla adatta, sia per motivi ambientali sia perché lontana dal centro”, sostiene Giovanni Grasso, ex candidato a sindaco per il Movimento Cinquestelle e oggi presidente della commissione. Una posizione che potrebbe pesare in una decisione finale per l’esecuzione dei lavori, dopo la cessione alla Regione siciliana del diritto a costruire da parte dell’amministrazione Pogliese, e già approvata dalla giunta di Palazzo d’Orleans presieduta da Nello Musumeci. “Naturalmente siamo ancora in una fase istruttoria, personalmente ritengo che si possa fare nell’area degli ex ospedali in centro come il Santa Marta. Vedremo cosa succederà”, afferma a pochi metri dall’area, su cui è attivo anche un vincolo di tutela paesaggistico da parte della Soprintendenza: il più basso, di livello 1, che come affermato anche nella delibera di giunta regionale che approva la modifica “non impedisce l’edificabilità”.
“Fatelo al posto del palasport abbandonato”
“Non ho idea della superficie occupata da quelle strutture sportive abbandonate. Ma fatelo là: i terreni sono già cementificati. Abbattetelo, ricostruite, ma spostatelo là, dall’altra parte della strada”. Lo afferma il professore Giuseppe Sperlinga, ambientalista e speleologo, presente all’incontro per illustrare i motivi per i quali si oppone fermamente al progetto. “Sono le ultime testimonianza dell’eruzione del 1669, ma in 350 anni la flora e la fauna si sono sviluppate in maniera stratificata”, afferma. Dai muschi fino a piante selvatiche più rare da vedere “come la cosiddetta carota selvatica, che un tempo veniva anche venduta in strada, e il giummo di carabiniere, chiamato così per la forma che ricorda il pennacchio dell’Arma”. Sotto le spettacolari formazioni rocciose sono inoltre “probabilmente presenti dei canali di scorrimento lavico”. Grotte, ancora da esplorare, e che pretendono un recupero ambientale. Anche perché nell’area al momento fanno bella mostra di sé solo decine di discariche abusive.
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Il progetto di fruizione del Cai “Città sulla Lava”
Sperlinga da anni propone di fare di queste aree, non solo nel catanese, un parco vulcano-speleologico, con percorsi accessibili ai turisti. “Ma su questo fronte il Club alpino italiano (Cai), è già molto avanti per ottenere un’autorizzazione alla fruibilità”. Autorizzazione che “dovrebbe arrivare a fine giugno dalla Regione”, spiega Giambattista Condorelli, ingegnere ed estensore per conto del Cai della proposta denominata “Città sulla Lava”. Il progetto, frutto di una collaborazione con “guide turistiche di vari campi, naturalistiche, archeologiche e architettoniche”, riguarda la fruibilità non solo delle lave di Nesima, ma anche dei tratti urbani racconta Condorelli, che giorno 29 verrà anche lui udito dalla commissione consiliare. “Testimonianze dell’eruzione del 1669, che ha coperto una superficie stimata di 40 chilometri quadrati, sono presenti al parco Gemmellaro tra via Palermo e Corso Indipendenza, la zona di via Curia e via Mandrà, ma soprattutto in centro nella zone dell’ex Lago di Nicito attualmente tra via Daniele via petriera e via Castromarino, o il pozzo di Gammazita. Mentre altri monumenti, come la chiesa di San Gaetano alle Grotte in zona fiera ospitano le lave Larmisi di almeno 5 mila anni. E del progetto fanno parte anche le grotte laviche sul lungomare di Ognina da vedere su barca”. Una città costruita sulla lava, però, “non può essere tutta salvaguardata, e quindi ci auguriamo che almeno le testimonianze lungo la strada vengano mantenute. Il livello di tutela uno purtroppo è il minimo, per essere efficace dovrebbe essere almeno un livello tre. E basta poco, una ruspa, per cancellare il fascino di 350 anni di paesaggio, impoverendolo”, conclude Condorelli.