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Class action dei genitori italiani contro i social: “Stop ai like tossici, serve tutela per i minori”

Un’azione collettiva contro Meta e TikTok: i genitori italiani chiedono verifiche reali dell’età, limiti all’uso e avvisi sui rischi.

Nel mondo iperconnesso in cui viviamo, anche i più piccoli scorrono schermi e profili come se fosse naturale farne parte.

Ma sempre più genitori iniziano a chiedersi: chi li protegge davvero dai rischi dei social network?

È da questa domanda che nasce la prima class action italiana contro Meta e TikTok, promossa dal Moige e da un gruppo di famiglie.

Un’azione collettiva che non parla di risarcimenti, ma di responsabilità, tutela e consapevolezza. Perché crescere online non può significare eliminare ogni limiti.

L’Italia che dice basta ai social per i più piccoli

Nel Paese dei record digitali, dove anche i bambini di dieci anni scorrono bacheche virtuali come se avessero uno smartphone da sempre, qualcosa finalmente si muove. Un gruppo di genitori, insieme al Moige, ha deciso di sfidare i giganti del web con una class action che potrebbe cambiare le regole del gioco. È una battaglia che non riguarda solo i social, ma la salute mentale, la consapevolezza e il futuro delle nuove generazioni.

L’obiettivo è ambizioso: fermare il flusso incontrollato di contenuti, algoritmi e meccanismi che creano dipendenza nei ragazzi. I genitori chiedono che venga rispettato il divieto d’accesso ai minori di 14 anni, con sistemi di verifica dell’età realmente efficaci, e che le piattaforme informino in modo chiaro sui rischi legati all’uso eccessivo dei social. In pratica, una sorta di “bugiardino digitale” come quello dei farmaci, che spieghi cosa può succedere se si abusa dello schermo.

Smartphone e social (Canva) Focusicilia.it

Le richieste dei genitori e il processo che può cambiare tutto

L’udienza è fissata per febbraio 2026 al Tribunale di Milano. È il primo caso in Italia di azione collettiva contro Meta e TikTok. Non si chiede un risarcimento, ma un cambiamento concreto. I genitori, affiancati dallo studio legale Ambrosio & Commodo, vogliono che i social siano obbligati a rimuovere le funzioni che creano dipendenza, come lo “scroll infinito”, e a inserire messaggi chiari e ricorrenti sui rischi per la salute mentale dei giovani. Il ricorso si basa sull’articolo 840-sexiesdecies del Codice di procedura civile, che consente di fermare comportamenti considerati dannosi per una comunità.

Nel fascicolo ci sono studi scientifici italiani ed europei che collegano l’uso eccessivo dei social a insonnia, ansia, depressione, calo del rendimento scolastico e perfino alterazioni nella corteccia prefrontale del cervello, quella che regola il controllo degli impulsi. Se il Tribunale accoglierà la richiesta, le piattaforme dovranno introdurre controlli più rigidi e avvisi permanenti per gli utenti under 18. Il Moige ha già annunciato una seconda fase, con una possibile azione risarcitoria per i genitori in grado di dimostrare danni reali legati all’uso dei social. In gioco non ci sono solo nuove regole, ma il diritto di crescere in un mondo digitale che non trasformi i bambini in consumatori di algoritmi.

Barbara Guarini

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