Agricoltura in Sicilia stravolta dal clima. Le produzioni di limoni si sono ridotte persino della metà in alcune aree dell’Isola, mentre l’uva resiste ma soffre. Negli agrumeti siciliani, non solo meno limoni, ma frutti più piccoli. Le piante infatti sono state soffocate dal vento di scirocco di maggio e adesso il prodotto diventa difficile da commercializzare. Nelle vigne, si traccia il bilancio della vendemmia 2023: è definita dagli operatori come una delle più complesse, con i quantitativi di uva che in alcune zone della regione si sono ridotti del 40 per cento. Da una parte le produzioni vitivinicole reggono alle condizioni climatiche estreme. Dall’altra, dando uno sguardo al meteo, gli esperti non escludono che in futuro le coltivazioni si spostino a quote più alte, in collina, per reggere alle temperature che crescono di anno in anno.
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Limoni: raccolta avviata, stagione già in perdita
Appena avviata la raccolta dei limoni, nella Sicilia Orientale per i produttori si preannuncia una stagione in perdita. La produzione è quasi dimezzata, come anticipa Enzo Livoti, un produttore che opera vicino Barcellona pozzo di Gotto. La pezzatura dei prodotti è “più piccola rispetto a un mese fa” e questo “renderà ancora più difficile piazzare il prodotto sui mercati”, aggiunge Salvatore Leotta, agricoltore della zona ionica dell’acese. I due rappresentanti della Cia Sicilia Orientale sottolineano come, per salvare la filiera, sia necessaria una programmazione che coinvolga trasversalmente enti ed istituzioni. A partire dalla questione del cambiamento climatico in atto, che sta trasformando l’agricoltura. “Hanno pesato le due sciroccate di maggio scorso – spiega Leotta – e fino ad oggi, la continuativa mancanza di piogge stagionali. Siamo già novembre, da mesi non cade una goccia d’acqua nella campagne. Di fatto le piante si nutrono dei loro stessi frutti”.
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Limoni: dal “Mal secco” alla tecnologia nelle produzioni
“Abbiamo già pronta una proposta al Governo regionale per destinare i fondi del Psr Sicilia alle imprese anche per un adeguamento tecnologico con tecniche e strumentazioni innovative – aggiunge Giuseppe Di Silvestro, componente della giunta Cia della Sicilia orientale – e scommettere sull’agricoltura 4.0 è diventato prioritario per la stessa sopravvivenza del settore, agrumicolo in particolare”. Oltre al clima e alla nota minaccia della concorrenza estera, un terzo fattore di criticità è l’emergenza Mal secco. “Una malattia che minaccia centinaia di agrumeti soprattutto della zona ionica – avverte Livoti – un’espansione preoccupante dovuta, oltre ai costi di prevenzione, anche alla presenza di tanti terreni abbandonati, che ne sono vettori, e alla mancanza di un’adeguata manutenzione“.
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Vendemmia complicata, salva la qualità delle uve
La vendemmia che si è conclusa alla fine di ottobre nei vigneti dell’Etna è stata “sfidante”, ma “non ha compromesso la qualità del raccolto”, secondo Mariangela Cambria, presidente di Assovini Sicilia. “In situazioni estreme come queste che hanno caratterizzato la recente vendemmia – aggiunge – si è rivelato vincente l’approccio di prevenzione che hanno adottato molti produttori e di gestione oculata ed attenta dei complessi fattori meteo-climatici”. Una vera e propria battaglia. E non solo contro il clima impazzito. A maggio, per esempio, le piogge abbondanti hanno favorito la propagazione della peronospora della vite, una malattia delle piante causata dal fungo patogeno “Plasmopara viticola”.
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Uva e peronospera: più di 350 milioni di euro di danni
Proprio per la peronospora della vite, la Regione Siciliana a fine settembre ha dichiarato lo stato di calamità in sei province. “In quasi tutto il territorio regionale – riferisce l’assessorato regionale dell’Agricoltura – i danni sono stati rilevanti, con percentuali che vanno dal 25 per cento al 95 per cento della produzione. Hanno fatto eccezione le province di Enna, Siracusa e Messina, nei cui territori gli ispettorati dell’agricoltura non hanno rilevato il raggiungimento della soglia minima di danno per l’attivazione dei benefici previsti dalla normativa. Ad Agrigento metà della produzione di uva da tavola è andata distrutta, la produzione più colpita insieme a quella biologica”. Il danno accertato da parte degli Ispettorati provinciali dell’agricoltura nelle province colpite supera i 350 milioni di euro.
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Uva: le produzioni vitivinicole si sposteranno in collina
Il caldo minaccia l’uva. Entro il 2100 le temperature aumenteranno tra i due e i cinque gradi. È quanto emerge dall’analisi sull’impatto climatico in vigna che ha condotto Luca Mercalli, presidente della Società meteorologica italiana. Lo studio è stato commissionato da Colomba Bianca, tra i più grandi produttori di vini biologici in Europa. Secondo l’esperto, “il clima mediterraneo della Sicilia genera condizioni favorevoli alla viticoltura, che tuttavia negli ultimi decenni stanno cambiando sotto la pressione del riscaldamento globale. La Sicilia nei prossimi decenni potrebbe avere condizioni via via più simili ai Paesi Nord-africani. “Con questi scenari – sottolinea Mercalli – è chiaro che gli areali vocati della vite potrebbero cambiare: da versanti molto esposti al soleggiamento si passerebbe a versanti più ombrosi e a quote più elevate, per compensare l’aumento termico e sfruttare maggiormente l’umidità dei suoli”. L’uva potrebbe quindi andare a vegetare in collina o in montagna e la geografia delle produzioni si rivoluzionerebbe. Mentre va compresa meglio questa prospettiva, i produttori stanno cominciando a valutare nuove tecniche e infrastrutture per l’irrigazione delle viti.