Confindustria, check up alla Sicilia: bene le imprese, ma sui fondi Ue si arranca

In Sicilia nel 2023sono diminuite le imprese attive(382.700, meno 0,5 per cento rispetto al 2022), ma sonoaumentate le società di capitale(77 mila, più 3,9 per cento). Segno di una “generale tenuta” del tessuto economico, che si indirizza verso forme di impresa più “strutturata”. L’Isola però arranca sulla spesa dei fondi europei, come buona parte del Sud. Sono i dati di“Check Up Mezzogiorno”, l’Aggiornamento congiunturale sull’economiarealizzatoConfindustriaeSrm.L’andamento è simile in tutto il Sud Italia. “Ad un calo complessivo delle imprese si contrappone unacrescita delle società di capitali;quest’ultime, oltre che inSicilia, mostrano le migliori performance inCalabria(più quattro per cento) eSardegna(più 3,8 per cento)”. L’Isola, inoltre, vantabuoni risultati sull’occupazione femminile. Su 1,4 milioni di lavoratori censiti, oltre mezzo milione sono donne, secondo dato più alto dopo quello dellaCampania. In percentuale, l’aumento è stato dell’8,3 per cento, secondo soloall’Abbruzzo(8,7 per cento) e ben oltre la media italiana (5,7 per cento). Leggi anche –Export siciliano: cala del 17%, ma per Unioncamere “va a gonfie vele” Il report di Confindustria fornisce altri dettagli sulla situazione economica della Sicilia. Tra gli indicatori positivi, quello deipagamenti alle imprese, in netto miglioramento.I saldi avvengono in media entro 73,6 giorni, contro i 78,4 del 2022 e i 92 giorni del 2012.I giorni di ritardo scendono a 17,7, contro i 19,7 giorni dello scorso anno e i 26 giorni del 2012.I dati migliorano anche a livello nazionale, “registrando un valore medio complessivo di 63,7 giorni rispetto ai 64,9 del 2021”. Il Mezzogiorno, tuttavia,mostra dati particolarmente buoni.Secondo i tecnici si tratta dell’unica zona del Paese “a in cui si registra un calo di ogni statistica legata alle abitudini di pagamento”. Nel dettaglio, “igiorni di pagamento calano da 71 nel 2021 a 68,9 nel 2022,i giorni concordati si attestano a 55,5 (erano 57,4 nel 2021) e i giorni di ritardo calano dai 13,6 del 2021 ai 13,4 del 2022.Calano inoltre anche le Pmi in grave ritardo, dal sette per cento del 2021 al 6,9 per cento del 2022″. Per quanto in miglioramento, i dati sonoancora lontani dalla media nazionaledi 63,7 giorni. Leggi anche –Unioncamere, la Sicilia guadagna 7.700 imprese nel 2021. E traina l’Italia Una nota dolente è rappresentata dall’utilizzo dei fondi comunitari. Confindustria ricorda che la Sicilia ha avuto a disposizione oltre cinque miliardi diFondi strutturali europei nella programmazione 2014-2020.Di questi, 4,9 miliardi sono stati impegnati (98 per cento), ma soltanto tre miliardi sono stati spesi (60 per cento). Restano da spendere circa due miliardi (40 per cento),la cifra più alta d’Italia in termini assoluti. In percentuale primeggia la Calabria, con circa un miliardo di fondi non spesi, il 49 per cento del totale. In generale il Mezzogiorno “ha impegnato il 105 per cento (20,4 miliardi) delle risorse, e pagato il 71 per cento(13,7 miliardi, circa il dieci per cento in più dell’anno precedente), con un residuo ancora da spendere di 5,7 miliardi (il 29 per cento)”. Ilconfronto con il Nordè impietoso. Qui infatti “è stato impegnato il 100 per cento e pagato l’87 per cento (11,4 miliardi), conrisorse ancora da spendere pari a 1,74 miliardi(13 per cento)”. Leggi anche –Startup innovative, la Sicilia è indietro. Il report di Mise e Unioncamere Complessivamente, secondo Confindustria, la spesa deiFondi strutturali europei “presenta ancora unostato di avanzamento ampiamente carente“. Quanto alla programmazione 2021-2027, i tecnici segnalano che la Sicilia avrà a disposizione circa 7,3 miliardi traFondo europeo di sviluppo regionale(Fesr) eFondo sociale europeo(Fse). L’auspicio è di migliorare le performance di spesa, ma secondo gli esperti è ancora presto per una valutazione di massima. Anche a causa di unarevisione del meccanismo di assegnazione delle risorse.“Per il ciclo di programmazione 2021-2027, infatti, ilDecreto legge 124/2023,cosiddetto Decreto Sud, ha istituito gli Accordi per la Coesione, che sostituiranno i Piani Sviluppo e Coesione”.Il via libera alle risorse passa dall’intesa tra Governo e le singole amministrazioni regionali.“Non essendo ancora stati stipulati in tutte le Regioni,non si hanno al momento informazioni sufficientiper un’analisi approfondita”.