Nella primavera 2021, torna la cassa integrazione in deroga (cigd). Ma quella del 2020. Le imprese potranno richiedere le giornate non ancora usufruite delle nove previste nella prima fase di pandemia dal governo Conte, e cioè quelle tra il 23 febbraio e il 31 agosto. Lo ha annunciato, lo scorso giovedì 25 marzo, una nota del Dipartimento regionale del Lavoro, dando tempo dal 26 fino a mercoledì 31 marzo. Con un fine settimana in mezzo, per recuperare una situazione apparsa molto complessa già un anno fa, ci sono quindi solo tre giorni per caricare le istanze sui siti indicati nella nota. Una corsa contro il tempo che riguarda almeno 500 aziende, informa la Regione. “Ma in realtà sono molte di più, non si può quantificare con precisione”, afferma Guido Sciacca, presidente dell’Associazione nazionale consulenti del Lavoro di Catania (Ancl), che rappresenta un professionista su quattro nella provincia etnea. Unica certezza: se non completeranno l’iter per recuperare le settimane dello scorso anno nei pochi giorni concessi, i lavoratori di queste imprese non avranno più accesso alla cassa integrazione in deroga legata all’emergenza Covid.
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A chi non completa, niente più bonus
Il rischio per i lavoratori, se non si dovesse completare la procedura per tempo, è quindi molto alto. Come ha sottolineato in un comunicato stampa l’assessore Antonio Scavone, completare le nove settimane del 2020 non è una semplice opportunità, ma un obbligo necessario “per accedere ai benefici degli ulteriori provvedimenti in materia”. Una regola stabilita a livello nazionale oltre un mese prima con la conversione in legge del cosiddetto “Milleproroghe”, ma che in Sicilia è stata recepita quasi allo scadere. Incontrando difficoltà di attuazione simili a quelle dello scorso anno. Nel 2020, a fronte di “47 mila pratica evase”, spiega Sciacca, ne sono rimaste fuori “almeno 5600”. Un totale di oltre 53 mila, frutto “di una situazione nella quale la Regione e l’Inps si sono messe insieme, ma senza capire quello che stavano facendo”, commenta amaro. La cassa in deroga è infatti competenza degli uffici del Dipartimento Lavoro della Regione, che comunica a sua volta all’Istituto di previdenza nominativi, ore ed codici bancari dei beneficiari. Un meccanismo nel quale però i consulenti, che materialmente hanno espletato gran parte delle procedure, “non sono stati presi in considerazione. Nonostante siamo i tecnici realmente specializzati nella materia del lavoro”.
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“La Regione sembra guardare dal balcone”
Le procedure della cassa in deroga, ideata non certo per affrontare una pandemia, richiederanno anche quest’anno un sacrificio in termini di lavoro per la preparazione delle istanze da parte dei consulenti, pronti comunque a correre ai ripari “per tutelare aziende e lavoratori che hanno già subito troppi disservizi”, assicura Sciacca. Un paradosso, almeno per i consulenti, è che “tutto questo ci mette in difficoltà con aziende e lavoratori, perché sembra che noi siamo impreparati”. Uno svilimento della professionalità dei consulenti che va avanti da inizio pandemia. “Basta ricordare tutto quello che è accaduto lo scorso anno con le procedure, con il famoso modulo SR41. Eppure nel 2020 le ore di cassa integrazione sono oltre 1300 per cento”. A lavorare la mole di nuove pratiche, naturalmente “i consulenti del lavoro, che però si occupano ogni giorno di nuovi bonus e procedure, senza per questo far pesare il lavoro extra alle aziende”, prosegue Sciaccia. In tutto questo “la Regione sembra vedere tutto affacciata al balcone, e l’Inps è lontana dalla realtà del quotidiano, un interlocutore con cui non è possibile confrontarsi in un dialogo vero”. Un paradosso burocratico, quindi, “dovuto anche al blocco dei licenziamenti” in cui la probabilità di non poter più usufruire della cassa integrazione si aggiunge a una fase di stallo nella quale le aziende non pagano regolarmente gli stipendi. Niente stipendio, niente indennità di disoccupazione, “e c’è chi ancora aspetta la cassa integrazione del marzo 2020”.
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Un “effetto domino” per il lavoro
Se non si arriva a completare tutto, decade quindi “il diritto di poter richiedere le settimane di cassa”, prosegue Sciacca. Almeno, sulla carta “non è detto che sia l’ultima chiamata, perché probabilmente si correrà ai ripari. Come lo scorso anno, quando la procedura era più complessa ed è stata semplificata eliminando, su nostor suggerimento, dei passaggi inutili come la sottoscrizione sindacale”. Per Sciacca, anche se si dovesse arrivare a una ulteriore proroga, “si tratta comunque di una consolazione relativa. Il nostro approccio al lavoro nel periodo della pandemia è cambiato con le stesse difficoltà del quotidiano. Le aziende in difficoltà mettono in difficoltà anche. Siamo in un contesto che come un domino crolla momento dopo momento”. E per uscirne non bastano le proroghe o le semplificazioni delle regole. “Finché non ci sarà un vero risveglio dell’economia saremo in grosse difficoltà del quotidiano”, conclude il presidente di Ancl Catania.