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Coronavirus, niente welfare. E gli infermieri vanno via

L'emergenza ha tagliato i servizi: nei pochi attivi c'è il problema delle mascherine, care e introvabili. E il personale sanitario lascia per i concorsi d'emergenza pubblici

Per contrastare il coronavirus, seicento infermieri sono stati contrattualizzati a tempo determinato dalle Asp siciliane. Il reclutamento in tempi record, annunciato dalla Regione siciliana, non tiene conto però della provenienza del personale. “Molti si sono licenziati dalle strutture residenziali destinate ad anziani e disabili, pur di lavorare qualche mese nel pubblico. Ora dobbiamo affrontare anche il problema della carenza di personale”. A raccontarlo è Diego Guadagnino, coordinatore d’area per le province di Agrigento, Caltanissetta, Palermo e Trapani di Confcooperative Sicilia.

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Migliaia di operatori senza lavoro

Si tratta di una delle conseguenze, certo imprevedibile, dell’emergenza sanitaria che ha già portato alla chiusura dei servizi “scolastici e domiciliari, lasciando senza lavoro almeno mille lavoratori solo nella provincia di Catania”, racconta Luciano Ventura, anche lui coordinatore d’area di Confcooperative Sicilia, ma per le province orientali di Catania, Messina, Enna, Ragusa e Siracusa. Con la chiusura dei servizi scolastici per i minori disabili – assistenza all’autonomia e alla comunicazione, assistenza igienico sanitaria, trasporto -, ai quali si aggiungono quelli socio-aggregativi, gli operatori delle cooperative che non lavorano “sono almeno quattromila e 500. E parliamo solo dei nostri associati”, spiega Ventura. A questi si aggiungono i servizi domiciliari considerati non essenziali, come l’assistenza personale agli anziani per la cura e la pulizia. In provincia di Agrigento, ad esempio, “questi servizi valgono almeno 1200 posti di lavoro”. Un vero e proprio tracollo per il settore del welfare, che il nuovo decreto “Cura Italia” potrebbe in parte mitigare. Ma restano dei grossi nodi da sciogliere.

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Mascherine introvabili a 3 euro l’una

Il primo, secondo quanto riferito dai due coordinatori della centrale cooperativa, è quello relativo ai presidi igienico-sanitari. Guanti usa e getta, tute e soprattutto mascherine “sono al momento introvabili. E i prezzi di acquisto online sono proibitivi. Parliamo di almeno dieci euro per una mascherina che va usata al massimo nell’arco di una giornata di lavoro”, spiega Ventura. I presidi sono diventati obbligatori per gli operatori di tutte le strutture residenziali, come quelle cha accolgono minori e stranieri non accompagnati, e non solo quelle che offrono servizi sanitari. “La mascherina deve essere del tipo ffp3, l’unica capace di fermare il virus. Costa 2 euro e 50 o 3 euro l’una, a prezzo di mercato”.

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Moratoria mutui: i dubbi sull’applicabilità

Il problema dell’approvvigionamento dovrebbe essere risolto a breve “con un acquisto effettuato da fornitori internazionali da Confcooperative nazionale, alla quale è stato garantito che non verranno fatti espropri per inviare i presidi alle cooperative associate”. Resta il nodo costi. “Le cooperative forniscono i servizi in appalto, perciò bisognerà richiedere l’eventuale rimborso all’ente per cui si eroga il servizio. Un passaggio che pone ancora un altro problema”, spiega Ventura. “Sono costi – prosegue Guadagnino -, che si andranno comunque a sommare a quelli che già avanzano dalle pubbliche amministrazioni. Ritardi di mesi, con cifre vicine al milione di euro, in alcuni casi”. Secondo il coordinatore della Sicilia occidentale di Confcooperative resta quindi solo uno spiraglio nel decreto, “ovvero che la moratoria dei mutui sia applicabile anche ai nostri casi. Ma l’esperienza di questi anni ci ha insegnato che i requisiti richiesti dalle banche si fanno sempre più stringenti e i tassi sempre peggiori”.

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Integrazione salariale, difficoltà di gestione

Nel nuovo decreto “Cura Italia” sono previste anche misure dedicate al mondo del lavoro, come la cassa integrazione in deroga per tutti e il blocco dei licenziamenti. “Ma per il mondo della cooperazione l’opzione più interessante è l’integrazione salariale”, spiega Ventura. Un tipo di ammortizzatore che “può evitare i licenziamenti nei comparti che hanno avuto per ordinanza da Covid-19 una sospensione di attività, che potrebbe protrarsi fino a metà maggio”. Il limite, secondo Ventura, è però più pratico che teorico. “L’Inps si troverà all’improvviso a dover gestire milioni di pratiche. Solamente in Sicilia saranno almeno 200 mila, considerando tutti i comparti in crisi come il turismo. Una pratica del genere, però, prevede diversi step per essere istruita, esaminata e infine approvata. E nella provincia di Catania non si è praticamente mai applicata”. Sul tema si confronteranno, in videoconferenza, i segretari siciliani dei sindacati confederali con l’assessore al Lavoro e alle Politiche sociali Antonio Scavone: i fondi, infatti, verranno erogati dallo Stato e poi gestiti dalle singole Regioni. “Nonostante i sindacati abbiano già affermato di accettare iter semplificati per la cassa integrazione – prosegue Ventura -, al momento l’unica soluzione per attuare questi provvedimenti in massa sembra quella di approvarli senza verificarli. Vedremo che soluzione verrà trovata, ma credo ci saranno grosse criticità”, conclude il coordinatore per la Sicilia orientale di Confcooperative.

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Leandro Perrotta
Leandro Perrotta
Catanese, mai lasciata la vista dell'Etna dal 1984. Dal 2006 scrivo della cronaca cittadina. Sono presidente del Comitato Librino attivo, nella città satellite dove sono cresciuto.

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