Corte dei Conti: Covid-19, servirà un’economia da dopoguerra

I magistrati contabili guardano al post-epidemia. Lo scenario sarà simile a quello di un Paese che “esce da un conflitto”. L’urgenza richiede risorse notevoli, ma occhio alla gestione del debito Quella del dopo-epidemia sarà un’economia “paragonabile a quella che esce da un conflitto”. E per questo saranno “necessari nuovi interventi da realizzare con le modalità proprie e i tempi” di una nazione che viene fuori da una guerra. Fuor di metafora, a dirlo è la Corte dei Conti nella sua memoria suldecreto Cura Italia. I magistrati contabili promuovono il provvedimento, ma chiedono attenzione: qualità della spesa e sostenibilità del debito restano essenziali anche in assenza del patto di stabilità. Oltre a passare in rassegna i capitoli di spesa (e di mancate entrate), il documento indica anche alcuni scenari del “dopo”. I miliardi da investire subito per tamponare l’emergenza, economica e sanitaria, non devono far dimenticare le azioni che saranno necessarie per recuperare tutto il terreno perso. In particolare, la Corte dei Conti afferma che “sarà necessario aumentare le spese per la sanità anche per ripristinare la normale attività delle strutture ospedaliere una volta superata la crisi”. Tutti gli sforzi fatti in questi giorni, (con reparti converti, terapie intensive ampliate e interi ospedali trasformati in centri Covid) richiederanno investimenti per ritornare a un regime consueto. Magari rivisto e corretto, ma non certo orientato alcoronavirus. L’altro tema da affrontare per un Paese che esce da un conflitto è economico: “Altre risorse dovranno essere utilizzate per affrontare le difficoltà economiche di tutti i soggetti che andranno incontro a cadute del reddito e che necessitano di interventi di sostegno”. Tradotto: i 25 miliardi stanziati a marzo e i 50 che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha promesso per il decreto di aprile servono per attutire la caduta di imprese e lavoratori. Ma nello scenario post-bellico, ci sarà da occuparsi di chi non è riuscito a rialzarsi. Il coronavirus, ricorda la Corte dei Conti, peserà sulle casse pubbliche non solo per le maggiori spese ma anche per la riduzione del Pil e per le minori entrate (sia tributarie che extratributarie). Il tassello del domino successivo sarebbe il debito pubblico. La Bce ha già promesso di intervenire e al momento sembra funzionare “una azione di contenimento delle tensioni sui mercati finanziari in grado di evitare che si allarghino i premi al rischio”. Ma in uno scenario deteriorato, i tassi dei titoli italiani potrebbero aumentare, zavorrando un Paese già in difficoltà. “Anche se non saranno limitati dalle regole di bilancio” (con l’Ue che ha sospeso il patto di stabilità e quindi il rapporto deficit-Pil al 3 per cento), la Corte sottolinea che i conti italiani “saranno costantemente scrutinati dai mercati e dipenderanno comunque dalle condizioni di sostenibilità del debito”. Senza misure di qualità che la confermino, i titoli italiani sarebbero esposti. È vero che lo sguardo della Commissione è più permissivo, ma quello dei mercati resta vigile. Quindi bene la spesa, ma con criterio: “Non va abbandonata, ma anzi intensificata – spiegano i giudici – una attenta analisi della spesa pubblica che consenta, al riavvio, di puntare su interventi più in grado di attivare la crescita anche rimuovendo quei ‘lacci e lacciuoli’ che limitano senza ragione l’operare di famiglie e imprese”. Leggi anche–Call center, gomma, carta: ecco le attività non più “essenziali” La memoria promuove il decreto. Conferma che le misure sono coerenti con l’obiettivo di intervenire con urgenza per sostenere la sanità, limitare il contagio e limitare i danni a imprese e lavoratori. L’entità delle risorse è definita “di particolare rilievo”: “L’estensione e il potenziamento degli strumenti di intervento esistenti consente di definire una rete di protezione ampia, anche tenendo conto che sulle scelte adottate incide l’incertezza sulla estensione temporale e territoriale dell’emergenza”. La Corte dei Conti sottolinea però che i miliardi, da soli, non bastano: “Determinante da questo punto di vista sarà anche erogare rapidamente agli aventi diritto i fondi stanziati, riducendo al minimo quei passaggi amministrativi non indispensabili che possono determinare un rallentamento e, quindi, una riduzione nell’efficacia delle misure assunte”. Per i giudici “va considerato che non tutti i settori produttivi sono colpiti con la stessa intensità: alcuni comparti stanno registrando difficoltà importanti mentre altri sono addirittura in crescita”. Quindi occhio: distribuire a pioggia sarebbe un errore. “Fondamentale sarà la capacità di graduare e mirare gli interventi da operare con il bilancio in deficit. Si tratta, quindi, di mantenere sotto controllo, anche in questo contesto, la qualità e l’effettiva necessità della spesa, specie non potendo valutare con precisione l’orizzonte temporale entro cui ci si dovrà muovere”.