Dazi Usa-Ue, per la Sicilia stangata su formaggi e agrumi
Salvi olio e vino, ancora da definire l’impatto sui prodotti caseari. Mentre paiono certe le ripercussioni sull’arancia rossa. Il punto di Coldiretti Salvi olio evino, ma si teme una stangata su formaggi e agrumi. La guerra a colpi di dazi doganali tra Usa e Ue rischia di avere un pesante impatto anche in Sicilia. E nel mirino degli americani spunta ora anche l’arancia rossa. Scatteranno dal prossimo 18 ottobre, infatti, i dazi Usa su prodotti per 7,5 miliardi di dollari contro l’Unione europea. A renderlo noto è il dipartimento del Commercio statunitense, dopo il verdetto della Wto, l’Organizzazione mondiale del commercio, che attribuisce agli Stati Uniti il diritto di applicare dazi sui prodotti importati dall’Europa come compensazione per gli aiuti concessi al consorzio aeronautico Airbus. Con l’entrata in vigore della nuova black list del Dipartimento del Commercio statunitense, quali saranno gli scenari futuri? Secondo le stime diColdiretti, sarà colpito da dazi Usa il 25 per cento delle esportazioni agroalimentari Made in Italy, per un valore di circa mezzo miliardo di euro. Nella lista nera sono presenti marchi come Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Pecorino, e altri prodotti lattiero caseari, prosciutti, crostacei, molluschi, agrumi, succhi e liquori. Sono esclusi, invece, gli elementi base della dieta mediterranea come olio extravergine di oliva, conserve di pomodoro, pasta e vino. Il pericolo per la Sicilia non si può dire scampato, spiega a FocuSicilia Lorenzo Bazzana, responsabile economico di Coldiretti. “Nella nuova black list si fa riferimento a formaggi e ad alcuni derivati a base di carne di maiale. Dal punto di vista dei salumi per l’Isola non credo ci siano particolari problemi, mentre sui prodotti caseari si dovrà verificare se sono ricompresi nei codici doganali prodotti siciliani”. Nel precedente elenco, stilato alcuni mesi fa, compariva il Marsala, oggi assente vista l’esclusione dei vini italiani, mentre sono rimasti coinvolti quelli francesi, spagnoli, tedeschi e britannici. Una selezione, quindi, che sembrerebbe prendere di mira alcuni Paesi rispetto ad altri. “Perché il tema ovviamente è quello dell’Airbus – prosegue Bazzana – il consorzio costituito da Francia e Germania a cui hanno partecipato anche Spagna e Inghilterra. Per cui sono più toccate alcune nazioni rispetto ad altre dell’Unione”. Leggi anche–Orange Fiber, il tessuto all’arancia che nasce dai rifiuti Rispetto al quadro generale, la Sicilia
esce un po’ meglio. Ma non è ancora possibile tracciare una stima
dei danni, soprattutto perché sarà determinante la quantità dei
formaggi che potrebbero essere interessati dai dazi. Sembrano invece
inevitabili le conseguenze sugli agrumi. Un dato non proprio
trascurabile per i produttori siciliani, se si considera che ogni
anno l’Italia esporta negli Usa circa 300 tonnellate di agrumi, per
un valore di 600 mila euro. “Cifre significative – insiste
Coldiretti Sicilia – per chi ha investito in previsione di esportare
prodotti unici come le arance rosse”. Senza tralasciare il settore
dei succhi di frutta. In questo modo verrebbero limitate anche le
potenzialità che derivano dal Sicilian Sounding, la scelta dei
prodotti regionali, con la minaccia di un incremento dei falsi. “Il
primo effetto dei dazi è la possibile crescita del prezzo dei
prodotti siciliani negli Stati Uniti”, ipotizza Bazzana, con il
conseguente incremento di produzione e consumo delle imitazioni
prodotte oltreoceano: “Questo è un rischio tangibile, tanto è
vero che l’industria casearia americana chiedeva in una lettera che
venissero messi dazi sui formaggi italiani ed europei”. Si potrebbe
ipotizzare così che a redigere la lista degli alimenti da tassare
siano state proprio le grandi aziende a stelle e strisce:
“Probabilmente alcuni prodotti potrebbero essere stati scelti con
un occhio all’interesse nazionale”, dice Bazzana. Un quadro nefasto, quello tratteggiato da Coldiretti, in un momento in cui l’export siciliano e italiano è penalizzato su altri due fronti. “Con la Russia i problemi ci sono e sono generati proprio dagli Stati Uniti. L’Unione Europea ha stabilito delle sanzioni alla Russia, dietro sollecitazione degli Usa e ora, paradossalmente, gli americani ci mettono i dazi”, fa notare. Su un altro versante troviamo l’Inghilterra e il nodo della Brexit, “ancora tutto da sviluppare in funzione del processo di uscita dalla Unione europea e di come verrà realizzato”, prosegue il responsabile economico di Coldiretti. Tenendo presente che il mercato della Gran Bretagna è il quarto per esportazione dei prodotti agroalimentari italiani, si tratta di uno sbocco assai rilevante per la regione. Rimane il mercato cinese, carico di aspettative da parte dei produttori locali, ma con alcuni ostacoli da affrontare: “Noi abbiamo stipulato degli accordi con la Ue per l’accesso al nostro mercato ma, per portare i nostri prodotti in Cina, dobbiamo attraversare le Forche Caudine. Ricordo, ad esempio, i protocolli fitosanitari come è stato fatto per l‘arancia rossa. Alcuni prodotti possono essere interessanti, ma occorre capire se possa diventare un canale realmente percorribile o un business di piccole dimensioni. La Cina gestisce i dossier uno alla volta e i tempi, purtroppo, sono molto lunghi: la diplomazia, probabilmente, potrebbe fare di più”, conclude.