Ha fatto risparmiare alle sole imprese della provincia di Catania ben 255 milioni di euro l’anno e pertanto, secondo Confindustria etnea, “Decontribuzione Sud” deve diventare una misura strutturale. Si tratta dell’esonero del 30 per cento dei contributi per i datori di lavoro del Mezzogiorno, introdotto dal Dl 104/2020, che equivale a un taglio del 10 per cento del costo del lavoro per le aziende. L’agevolazione è andata avanti di proroga in proroga e si esaurirà alla fine di quest’anno. Perché diventi permanente bisogna riprendere il negoziato con la commissione Ue e convincere Bruxelles che non si tratta di aiuti di Stato. Di questo si è parlato ieri pomeriggio nella sede catanese di Confindustria, nel corso di un incontro con gli imprenditori, al quale hanno preso parte il presidente Antonello Biriaco, il vice presidente Santi Finocchiaro e l’ex ministro per il Sud e la coesione territoriale, Giuseppe Provenzano, che di Decontribuzione Sud è stato tra gli ideatori.
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Gli imprenditori risparmiano e possono investire
“È una norma importantissima poiché automatica – ha detto il presidente Biriaco – che permette agli imprenditori di risparmiare ogni mese e poter quindi investire. Ma soprattutto è una misura compensativa rispetto al divario col resto del territorio nazionale: un divario sia di infrastrutturazione che di burocrazia, dove la vera zavorra è in particolar modo la Regione, cancro dello sviluppo delle aziende”. Catania sente fortemente i vantaggi dell’agevolazione, in quanto la provincia costituisce il cuore innovativo e produttivo della Sicilia e contribuisce al Pil regionale per un buon 23 per cento, come ricordato da Biriaco che lo annuncia chiaramente: “Decontribuzione Sud è la madre di tutte le riforme strutturali e Confindustria sosterrà il dossier in commissione Ue. Speriamo in una proroga di almeno un biennio”. L’obiettivo è attuare almeno in parte le disposizioni della legge di bilancio 2021 (178/2020) che ha previsto di estendere l’esonero contributivo fino al 2029, con una percentuale pari al 30 per cento fino al 31 dicembre 2025, al 20 per cento per gli anni 2026 e 2027 e infine del 10 per cento per gli anni 2028 e 2029.
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In 30 anni è stato depauperato un territorio
Finora le proroghe hanno tamponato emergenze e incertezze legate al controverso scenario mondiale. “Cosa possono fare gli imprenditori? Augurarsi un’altra guerra?”, ha detto provocatoriamente il vice presidente Finocchiaro, nel ricordare che “non si tratta di regali alle imprese”, ma di un effettivo abbattimento del costo del lavoro del 10 per cento. “Non si può proseguire con le proroghe, perché questo non permette di fare alcuna programmazione. La misura deve diventare strutturale, ma i negoziati con Bruxelles sono fermi”. In Sicilia Decontribuzione Sud ha prodotto quasi 67 mila variazioni contrattuali e nuove assunzioni solo nel primo trimestre 2022, nelle regioni meridionali oltre un milione e duecento mila nel 2021 e 566 mila tra gennaio e maggio 2022. “La decontribuzione non è un regalo – ha evidenziato Provenzano – ma nasce da una considerazione: in 30 anni è stato depauperato un territorio, oggi bisogna compensare questo svantaggio competitivo, un costo che non è giusto scaricare sulle imprese. Il dieci per cento di abbattimento del costo del lavoro serve a coprire proprio quel dieci per cento di deficit che viene stimato secondo indici complessivi infrastrutturali e che va colmato con una misura compensativa”.
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Il Sud deve diventare attrattivo per le imprese
Decontribuzione Sud, che si inseriva in un complesso di interventi, tra i quali le Zes (Zone economiche speciali) è una misura che in qualche modo si è inceppata. “Ci si è accontentati – ha detto ancora Provenzano – della parte emergenziale della misura e il negoziato con Bruxelles non è stato più portato avanti, dopo aver fatto 15 incontri quando ero ministro. Adesso la principale preoccupazione è la ‘gelata’ che ci sarà in vista dell’autunno: bisogna compensare i costi dell’energia e raddoppiare lo sconto per le bollette delle imprese per tutto il sistema produttivo. Il Sud non dev’essere solo attraente grazie al mare e alle bellezze turistiche estive, ma deve diventare attrattivo per le imprese, e tutto l’anno”. Ora, da una parte c’è un pauroso ritardo storico da colmare, dall’altra bisogna affrontare le continue emergenze. “Speravamo di aver imboccato la strada della risalita – commenta Biriaco – ma da una parte la guerra e dall’altra il rincaro energetico e delle materie prime, che sta massacrando totalmente l’imprenditoria isolana e non solo, stanno rendendo difficile la prosecuzione di tanti appalti. Abbiamo chiesto al governo norme e incentivi immediati che speriamo vengano messi in atto al più presto”.